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“Il filo teso” di Cosimo Mazzini è un thriller psicologico ad alta tensione in cui si narra la storia della famiglia Geri – composta da Paolo, Sara e i loro bambini Ester e Niccolò – presentati mentre si stanno trasferendo nella loro nuova casa, immersa nei boschi e isolata dal mondo. È stato il suocero di Paolo a regalare alla famiglia la casa e, benché lui non sia molto a suo agio in questa situazione, decide per il bene della moglie e dei figli di essere contento e di accettare il trasferimento dalla città verso un luogo più appartato e tranquillo. In effetti la casa è molto bella e anche il paesaggio: all’inizio vediamo quindi la famiglia impegnata ad adattarsi ai nuovi ritmi che la natura impone, e si ammira la loro unità, il loro affetto l’uno per l’altro. C’è però una sottile tensione che avvince da subito il lettore e che gli fa avvertire che non è tutto oro ciò che luccica: lentamente ma costantemente la storia acquista sempre più connotati inquietanti, che hanno molto a che fare con la casa in cui la famiglia Geri va ad abitare. Vi è un senso di disagio che riempie gli ambienti, quasi di oppressione, come se ci si trovasse di fronte a un luogo stregato: scricchiolii e voci sommesse provenienti chissà da dove turbano la tranquillità di Paolo e di suo figlio Niccolò, i personaggi che paiono più recettivi e connessi alla forte energia che sprigiona la dimora, e soprattutto la rimessa attigua. Sara all’inizio non ci fa caso, ma ben presto si rende conto che qualcosa sta interferendo nella serenità di suo marito, che diventa sempre più scostante. L’unica distrazione per la donna sono gli anziani vicini, Giorgio e Caterina, e l’inquilino della porzione di casa che hanno affittato, un giovane uomo di nome Karl. Le domande che Paolo si pone sullo strano luogo in cui abita ricevono risposte parziali e sibilline da Giorgio, che un giorno gli confessa: «Quando una mattina ho visto la betoniera piazzata nella terrazza, mi si è rigirato lo stomaco. Quella casa era morta tanti anni fa, ai miei occhi. E così sarebbe dovuta rimanere». Paolo scopre che la sua casa era rimasta disabitata per cinquant’anni prima della ristrutturazione del suocero, e che prima del suo abbandono era stata teatro di un atroce fatto di sangue. Quali saranno le conseguenze sulla psiche di Paolo, incapace di recidere il filo che lo lega ai fantasmi di un tragico passato?

Redazione

Lsd sta per Last smart day, ovvero ultimo giorno intelligente, ultima speranza di una fuga da una cultura ormai completamente omologata, massificata, banalizzata. Il riferimento all'acido lisergico del nostro padre spirituale, Albert Hofmann, non è casuale, anzi tutto parte di lì perché LSDmagazine si propone come cura culturale per menti deviate dalla televisione e dalla pubblicità. Nel concreto il quotidiano diretto da Michele Traversa si offre anzitutto come enorme contenitore dell'espressività di chiunque voglia far sentire la propria opinione o menzionare fatti e notizie al di fuori dei canonici mezzi di comunicazione. Lsd pone la sua attenzione su ciò che solletica l'interesse dei suoi scrittori, indipendente dal fatto che quanto scritto sia popolare o meno, perciò riflette un sentire libero e sincero, assolutamente non vincolato e mosso dalla sola curiosità (o passione) dei suoi collaboratori. In conseguenza di ciò, hanno spazio molteplici interviste condotte a personaggi di sicuro spessore ma che non trovano spazio nei salotti televisivi, recensioni di gruppi musicali, dischi e libri non riconosciuti come best sellers, cronache e resoconti di sport minori, fatti ed iniziative locali che solitamente non hanno il risalto che meritano. Ma Lsd è anche fuga dal quotidiano, i vari resoconti dai luoghi più suggestivi del pianeta rendono il nostro magazine punto di riferimento per odeporici lettori.