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E’ una delle figure più rappresentative della storia della musica, un uomo affascinante e tormentato, salito dai bassifondi di Washington alle vette dorate della Motown, e infine ucciso da suo padre: Marvin Gaye, di cui quest’anno ricorrono i 70 dalla nascita e 35 anni dalla morte, è il protagonista di Divided Soul, biografia del 1985 più volte rivista e aggiornata, che a settembre esce per la prima volta tradotta in Italia per Arcana.
L’autore è David Ritz, romanziere, paroliere e biografo (da Ray Charles ad Aretha Franklin, da Etta James a B.B. King), ma anche amico e confidente di Gaye nell’ultimo scorcio della sua esistenza. Nel 1987 Ritz ha tra l’altro vinto la causa per essere accreditato come co-autore della celeberrima Sexual Healing. Basandosi su una lunga serie di interviste esclusive con familiari, amici e colleghi, e sulle confidenze del principe del Soul, che è stato la punta di diamante della Motown, storica etichetta che quest’anno festeggia il cinquantennale. Ritz ricompone la vicenda umana e artistica di un artista i cui testi affrontavano negli anni ’60 e ’70 temi come l’amore ma anche politica, economia, ambiente e conflitti internazionali. «War is not the answer», cantava Marvin in What’s Going On, il suo album più noto e anche uno dei più memorabili album soul di tutti i tempi, superato però nelle vendite da Let’s Get It On. Molti suoi brani sono rimasti nella storia, da Got to give it up alla mitica I Heard It Through the Grapevine, brano già registrato nel 1967 da Gladys Knight & The Pips. È stato il suo primo numero uno delle classifiche e con quattro milioni di copie è il singolo che ha venduto di più nella storia della Motown a livello mondiale.
Il suo vero nome era Marvin Pentz Gay, Jr., ma aggiunse la ‘è al cognome per stroncare le prese in giro e per apparire più professionale. La musica per Marvin era un modo per fuggire agli abusi psicologici del padre, rigido catechista. In mezzo secolo di carriera Gaye riceve vari Grammy Award, ma sperimenta anche guai fiscali e tossicodipendenza, che lo portano, nel 1979, a trasferirsi alle Hawaii, dove vive in un furgone da panettiere. Fino a quando, il 1 aprile 1984, alla vigilia del suo quarantacinquesimo compleanno, dopo una stupida lite il padre gli spara, uccidendolo. Si dichiara colpevole di omicidio e viene condannato a sei anni di reclusione. Le accuse di omicidio premeditato vengono poi ritirate una volta scoperto che il padre ha un tumore al cervello.
Omaggiato da artisti come Madonna e Stevie Wonder (nell’album Inner City Blues: The Music of Marvin Gaye), da D’Angelo, Erykah Badu, Brian McKnight e Will Downing nel cd tributo Marvin Is 60, citato in molti pezzi di Annie Lennonx, George Michael, Spandau Ballet e Commodores, Gaye ha avuto molti riconoscimenti anche dopo la sua morte: nel 1987 è entrato nella Rock and Roll Hall of Fame, nel 1989 nella Hollywood Rock Walk e, nel 1990, si è conquistato una stella nella Hollywood Walk of Fame.