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Giovanni Gazzanni parla del coraggio che ci vuole per affrontare la vita, di solitudine, di malattia e dell’importanza dell’ascolto e della comprensione nel suo nuovo romanzo “Una mattina qualunque”. L’autore presenta il racconto di una giornata particolare in cui i due protagonisti, Michele e Antonio, riveleranno i loro pensieri e approfondiranno il loro legame: Michele è un giovane uomo che ha deciso di occuparsi dell’ottantenne Antonio, malato di Alzheimer; non è semplice approcciarsi a lui, che spesso dimentica chi sia quella persona che ha “invaso” la sua casa. L’anziano è convinto di vivere con la moglie, che però stranamente è sempre fuori per qualche commissione quando lui si sveglia; egli non si rende quasi mai conto di essere malato, e di star perdendo i suoi ricordi: Michele cerca di farlo parlare, per allenare la sua mente e la sua memoria, ormai in confusione – «Ci sono periodi in cui non si riesce a vivere il tempo, non lo si sente scorrere, le giornate sembrano sospese, fluiscono, sfuggono a ogni mania di controllo. Tutto comunque va avanti impetuoso e incessante, perché al tempo non importa come lo si percepisce. Il rischio è lasciarsi andare». Anche Michele sta affrontando un brutto momento, pur se non è paragonabile alla tragedia che sta vivendo Antonio: egli ha dovuto infatti chiudere la sua relazione con la donna che amava, perché era caduta in una profonda depressione e lui aveva ceduto alla stanchezza; non è semplice stare vicino a chi non prova più interesse per l’esistenza, perché c’è il rischio di essere inglobati nel male di vivere. È così che Michele si distrae occupandosi di Antonio, mentre egli, pur se spesso inconsapevolmente, si prende cura di lui: il loro rapporto, infatti, è molto stretto, e nei momenti di lucidità l’anziano riesce ad acquietare il giovane, e a farlo riflettere sulle sue scelte e sulle possibilità che ha davanti. Giovanni Gazzanni ci restituisce la bellezza e la delicatezza delle loro conversazioni, che oscillano tra il serio e il comico, e ci invita a riflettere sul trascorrere del tempo, sull’abbandono e i sensi di colpa, spingendoci a osservare i nostri comportamenti e le conseguenze che da essi derivano; allo stesso tempo ci racconta di un giorno importante nella vita dei due protagonisti, in cui tutto diventa più chiaro per entrambi – «Questa giornata, iniziata come tutte le altre, adesso è diventata diversa. Non è più una mattina qualunque».

Redazione

Lsd sta per Last smart day, ovvero ultimo giorno intelligente, ultima speranza di una fuga da una cultura ormai completamente omologata, massificata, banalizzata. Il riferimento all'acido lisergico del nostro padre spirituale, Albert Hofmann, non è casuale, anzi tutto parte di lì perché LSDmagazine si propone come cura culturale per menti deviate dalla televisione e dalla pubblicità. Nel concreto il quotidiano diretto da Michele Traversa si offre anzitutto come enorme contenitore dell'espressività di chiunque voglia far sentire la propria opinione o menzionare fatti e notizie al di fuori dei canonici mezzi di comunicazione. Lsd pone la sua attenzione su ciò che solletica l'interesse dei suoi scrittori, indipendente dal fatto che quanto scritto sia popolare o meno, perciò riflette un sentire libero e sincero, assolutamente non vincolato e mosso dalla sola curiosità (o passione) dei suoi collaboratori. In conseguenza di ciò, hanno spazio molteplici interviste condotte a personaggi di sicuro spessore ma che non trovano spazio nei salotti televisivi, recensioni di gruppi musicali, dischi e libri non riconosciuti come best sellers, cronache e resoconti di sport minori, fatti ed iniziative locali che solitamente non hanno il risalto che meritano. Ma Lsd è anche fuga dal quotidiano, i vari resoconti dai luoghi più suggestivi del pianeta rendono il nostro magazine punto di riferimento per odeporici lettori.