Tempo di lettura: 3 minuti

"Romanzo
Direttamente dalla Treccani – “Romanzo: nel periodo delle origini delle letterature moderne, ampio scritto in lingua volgare, in prosa e in versi, diretto a dilettare il lettore col racconto di avventure eroiche in margine alla storia o puramente d’invenzione”. 

Ecco, questa è la definizione appropriata del termine “romanzo”, che non c’entra proprio niente con la sceneggiatura del film di Marco Tullio Giordana. Sono sicuro che il nostro regista volesse ammiccare ironicamente alle vicende esistite davvero usando questo titolo, perchè la strage è stata romanzata nella realtà dallo Stato Italiano e dai servizi segreti. Non di certo nel suo film. Un film davvero bello, che ha in comune con “Romanzo Criminale” solo gli attori e con “Vallanzasca” la location milanese. Quelli sì che sono film romanzati, in cui le vicende oscure, tristi e vergognose dell’ Italia sono state trattate non fedelmente e trasformando dei burattini criminali in un gruppo di eroi “de noantri”. E’ facile deviare sul romanzo quando sai che non puoi fare nomi e cognomi e non puoi dire come sono davvero avvenuti i fatti. Per carità, i due film di Placido sono dei bei film, ma quello che un vero appassionato di quelle vicende vuole sapere non viene mai fuori. Solo accenni e velati rimandi. Poi bisogna vedere i documentari su History Channel per capirne un po’ di più, esattamente come a riguardo del Mostro di Firenze. Ma non se ne saprà mai abbastanza e ognuno avrà sempre la sua verità. Come diceva anni fa Beppe Grillo: “la verità in Italia è chiusa nella scatola nera dentro la gobba di una persona…”.

Romanzo di una strage” è crudo, secco, netto, preciso e racconta gli avvenimenti esattamente come si sono svolti in quel tragico dicembre del 1969 e negli anni seguenti, fino all’ omicidio del commissario Calabresi. E’ un film parlato, abbastanza statico, importante, profondo. E’ un documentario recitato che non prende nettamente parte, ma che fa capire che in Italia alla luce del sole c’è pochissimo e il sommerso è invece infinito. Noi (purtroppo) abbiamo questo nelle vene cinematografiche: o film coatti orribili oppure film neorealisti su vicende torbide e macabre. Non abbiamo molte vie di mezzo. Ma questo è lo specchio del nostro Paese e di chi lo abita. Comunque, se sapete poco sulla strage di Piazza Fontana e tutto il suo contorno, ve lo consiglio vivamente.

Passiamo ora a parlare degli attori in modo meno serio di quanto fatto fin’ ora. Pierfrancesco Favino è un ottimo anarchico Pinelli, ci mette passione e grinta, regalando un ritratto davvero bello di colui che “distrattamente cadde da una finestra”. Come in “Romanzo Criminale” il suo personaggio ci abbandona poco dopo la metà del film. Ma vabbè, qui era obbligato per forza di cose… Valerio Mastandrea recita un commissario Calabresi completamente alla Mastandrea. Un giorno il suo volto riuscirà ad esprimere un’emozione diversa dalla frustrazione. Io credo ancora in lui. Luigi Lo Cascio sacrificato in una parte troppo breve. Non giudicabile. Fabrizio Gifuni nella parte di Aldo Moro è molto caratterista. Però dai, non puoi far interpretare Moro a uno che ha interpretato in tv De Gasperi. E’ troppo telefonata questa cosa. Ormai lui è l’uomo della DC al cinema. Ottimo Giorgio Colangeli affiancato da un bravo Giorgio Tirabassi: interpretano i due “innominati” che tirano le fila della vicenda sottobanco. Assolutamente da segnalare le comparsate di Francesco Salvi nel ruolo del tassista Rolandi (colui che secondo una prima ricostruzione accompagnò Valpreda a Piazza Fontana) e di Luca Zingaretti nel ruolo del medico legale che depone al processo per ben 15 secondi. Assolutamente inutili entrambi, ma è una piacevole sorpresa vederli comparire. Purtroppo decisamente bruttina la recitazione dei protagonisti della “pista veneta”.Finisco con una nota: siamo al secondo film (dopo Vallanzasca) in cui un bravo attore romano fino al midollo viene chiamato a recitare in milanese spinto. Ora, io non ho niente contro Kim Rossi Stuart o Pierfrancesco Favino, anzi, ad averne! Però è possibile che nel nord italia non ci siano bravi attori da poter scoprire nelle scuole di recitazione? La mia provocazione è: usiamo sempre gli stessi attori in film sempre simili perchè ormai sono identificati con quei ruoli e ci portano tanto pubblico in sala oppure c’è qualcuno che non ha il coraggio o la voglia di scoprire nuovi talenti in giro per l’Italia? Detto questo, sentir dire a Favino “quel lì l’ha fà il pirla con la dòna de n’altèr” è semplicemente meraviglioso.

[wp_youtube]SIDBMbNMdnM[/wp_youtube]

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.