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È rimasta una semplice suggestione emotiva, oppure, al di là degli opposti pregiudizi, si può parlare di un leader che ha dato un contribuito nel consolidamento della democrazia in Italia e nella conquista della libertà in tanti paesi oppressi dalla dittatura? La domanda nasce spontanea dopo aver letto il libro del giornalista Fabio Martini, “Controvento” edito da Rubertino. A venti quattro anni dalla morte,19 gennaio 2000, raccontare il “vero” Craxi, l’ultimo leader della Prima Repubblica, una figura che vuole parlare alla politica dei nostri giorni con la sua lunga gavetta, diversa dalle fulminee ascese dei nostri tempi, non è impresa semplice. Dopo decenni di letture contrapposte, di dovuti silenzi, andare controvento è necessario per parlare di un personaggio politico che impiegò oltre 24 anni prima di diventare segretario del Psi; un apprendistato che lo aiuterà a guidare uno dei governi più longevi dell’Italia repubblicana. Parlare, in questi tempi, di Bettino Craxi pare giustificato da due potenziali ragioni. La prima, presumibilmente, di metodo: il leader socialista era un decisionista, nel senso che quando arrivava il momento di decidere, decideva e non rinviava, come si usa oggi. La seconda, con Craxi la politica non è improvvisazione. L’autore, Fabio Martini, accende una luce su aspetti inediti della vicenda politica e umana di Craxi: il no a Cuccia che gli propose l’appoggio dei poteri forti; i soldi che diede ai movimenti di liberazione dalle dittature; una task force segreta per liberare Moro (pagina 68); il piano riservato, offertogli sottobanco, affinché si curasse in Italia e che rifiutò dicendo: “Torno solo da uomo libero”. Un leader spregiudicato, forte e coraggioso, aberrato dai comunisti, in prima linea da Enrico Berlinguer, che prese decisioni impopolari contribuendo ad una ultima stagione di crescita dell’Italia. Non possiamo dimenticare, l’abolizione della scala mobile, la revisione del Concordato che, chi ha memoria lunga, Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti avevano inserito per realismo nella Costituzione, promettendo una successiva revisione che non maturò mai. La famosa questione di Sigonella dove, a dir di molti, fu una riscoperta dell’orgoglio nazionale. Una nave, l’Achille Lauro, con un centinaio di turisti a bordo veniva sequestrata perché quattro terroristi palestinesi indirizzati in Israele per compiere una rappresaglia dopo il bombardamento ordinato dal governo Rabin, venivano scoperti all’interno del bastimento. Bettino Craxi riesce a portare la nave in acque egiziane a Port Said. I terroristi si arrendono e infilati su un aereo, vengono destinati a Tunisi per conquistare l’adorata impunità. Ma Tunisi si rifiuta di ospitare i terroristi. Gli americani cercano di dirottare l’areo verso Sigonella base militare che ospita reparti della Nato e della flotta americana. Tutto per prendere in consegna quei terroristi palestinesi che, sull’Achille Lauro, avevano ucciso un ebreo che viveva in America. Ma Craxi, a Sigonella dove atterra l’aereo, impone la sovranità italiana agli americani prendendo in consegna i terroristi che vengono internati nel carcere di Siracusa. Centonovantadue pagine ben confezionate dall’autore per descrivere un personaggio politico a tinte fosche. Decisionista, ma, accentratore, poco populista, un linguaggio istrionico con frase secche, pronte per i titoli di qualche telegiornale, grandi pause tra i suoi discorsi per cogliere bene l’attenzione dell’ascoltatore, seguita dall’invenzione di qualche metafora suggestiva con la rielaborazione di titoli teatrali. L’ultima pagina, quella dove l’autore accosta Bettino Craxi, al leader della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, pare tra tutte, quella emozionante oltre ogni pensiero. Entrambi rifiutarono i funerali di Stato decidendo di riposare in cimiteri appartati: Aldo Moro in quello di Torrita Tiberina con il solo nome scolpito sulla tomba, Craxi nel cimitero cristiano di Hammamet, seppellito in una fossa scavata nella sabbia. Aldo Moro scrisse che: “sarebbe rimasto ancora come punto irriducibile di contestazione e di alternativa”. Craxi dichiarò: guai ai vinti che non avrebbero lasciato scrivere la storia italiana ai vincitori”. Un libro da leggere tutto d’un fiato curiosità e grande senso critico con il solo fine di cercare la verità. Nulla di più.

 

Oreste Roberto Lanza

 

Oreste Roberto Lanza

Oreste Roberto Lanza è di Francavilla Sul Sinni (Potenza), classe 1964. Giornalista pubblicista è laureato in Giurisprudenza all’Università di Salerno è attivo nel mondo del giornalismo sin dal 1983 collaborando inizialmente con alcune delle testate del suo territorio per poi allargarsi all'intero territorio italiano. Tanti e diversi gli scritti, in vari settori giornalistici, dalla politica, alla cultura allo spettacolo e al sociale in particolare, con un’attenzione peculiare sulla comunità lucana. Ha viaggiato per tutti i 131 borghi lucani conservando tanti e diversi contatti con varie istituzioni: regionali, provinciali e locali. Ha promozionato i prodotti della gastronomia lucana di cui conosce particolarità e non solo.