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Sabato 4 novembrealle 18, in Spazio Murat a Bari si inaugura la seconda edizione della Biennale dei Racconti d’Impresa, organizzata e promossa dal Club delle imprese per la Cultura di Confindustria Bari e BAT, con la collaborazione e il patrocinio dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia, e il patrocinio di Comune di Bari, Università degli Studi di Bari «Aldo Moro», Università LUM «Giuseppe Degennaro», Politecnico di Bari. L’appuntamento è con il vernissage della mostra «Saperi visibili: un secolo di packaging del made in Italy», nata da un’idea di Chiara Alessi, Ettore Chiurazzi, Giusy Ottonelli, Maria Laterza e Graziano Bianco. L’esposizione – curata da Chiara Alessi – è un percorso attraverso venti oggetti di impresa con cui interagiamo quasi ogni giorno. Un racconto di progetti, brevetti e prodotti che appartengono al nostro tempo, a partire dai primi del ‘900 sino ad oggi.
La mostra – visitabile ad ingresso libero fino al 28 novembre, dal martedì al sabato, dalle 10 alle 20 – ha l’obiettivo di raccontare l’impresa italiana attraverso i suoi oggetti e le loro storie: per un’indagine su come siano stati concepiti, spesso insieme alle novità tecnologiche e allo studio dei nuovi materiali intervenuti nei processi, e come hanno attraversato il secolo scorso, al fine di raccontare cosa vi sia dietro il fare impresa. Senza dimenticare l’evoluzione sociale e culturale degli italiani, la storia della comunicazione e le ricadute sugli atteggiamenti di consumo.
Lungo un allestimento concepito in modo lineare, realizzato con scaffali industriali utili a richiamare il contesto d’impresa, si dipanano tra oggetti, racconti e materiali pubblicitari, i packaging di Bacio Perugina, le plastiche Pirelli, la lampada Parentesi di Flos progettata da Castiglioni e Manzoni, le confezioni di pasta Barilla, le sorpresine del Mulino Bianco, la bottiglia del Campari Soda di Fortunato Depero, la Coppa del Nonno di Motta disegnata da Gregorietti, Il packaging dei panettoni Galup e delle Pastiglie Leone, la confezione del Bialcol di di Giovanni Sacchi, i vasi da contenitori riciclati di Enzo Mari per Alessi, il packaging dei dischi «La voce del padrone» di Bruno Munari, la rete da cantiere Gigan (oggi Dragon), il packaging su misura ideato da Panotec, il kit di programmazione Arduino di Massimo Banzi. Tutte invenzioni italiane fatte da imprese del nostro Paese diventate celebri in tutto il mondo, che testimoniano la creatività dell’impresa e dei designer italiani.
«Saperi visibili» vivrà anche di tre eventi collaterali, sempre nello Spazio Murat: l’11 novembre in un talk con Nicoletta Picchio (direttrice della collana «Bellissima», ed. Luiss University Press) e Giovanna Mancini (autrice del libro «Icone. Mito, storie e personaggi del design italiano»), insieme al critico d’arte Marilena Di Tursi; il 17 novembre con un laboratorio (in collaborazione con Spazio Murat) e il 28 novembre con l’incontro dal titolo «Il museo e la comunità operosa», in cui l’esperto di turismo e marketing territoriale Antonio Prota dialogherà con Anna Gennari (Museo del primitivo) ed Ettore Ruggiero (fondatore della rete «Make It in Puglia»).
La Biennale dei Racconti d’Impresa – inserita all’interno della XXII Settimana della Cultura d’Impresa di Confindustria – vuol essere occasione di incontro tra le imprese e un ampio pubblico trasversale, per sensibilizzare e coinvolgere sui temi culturali, economici, produttivi e sociali che ruotano attorno all’universo del «fare impresa». La rassegna pone in atto gli obiettivi per cui è nato il Club delle imprese per la Cultura, aggregazione informale di imprese di diversi settori e dimensioni (tutte iscritte a Confindustria Bari e BAT), riunitesi per ideare e realizzare progetti culturali collettivi che abbiano una ricaduta positiva sul territorio, rafforzando il legame fra questo e l’imprenditoria locale. Partner dell’iniziativa «Scaffsystem», «Xcatola», Spazio Murat e «Archeoplastica».

Testo della curatrice Chiara Alessi

«L’esigenza di dare un involucro alle cose è nata con le cose stesse: proteggerle, scambiarle, trasportarle, a volte anche nasconderle, conservarle. A cui poi, col tempo, si è aggiunta un’altra funzione: raccontarle. Parliamo di saperi, al plurale, perché il packaging non riguarda soltanto il processo produttivo, la tecnologia sempre più sofisticata con cui è concepito, ma anche il design, ergonomico, funzionale, efficiente, accattivante; e non riguarda soltanto la comunicazione: identificare, informare, sintetizzare; ma anche la pubblicità: rendere memorizzabile, distinguibile, desiderabile. Perché il packaging è un messaggio, quasi sempre, il primo che riceviamo dalle cose. Ed è un esercizio di equilibrismo tra creatività, funzionalità e sostenibilità, dove nessun aspetto dovrebbe prevalere sull’altro, a discapito dell’altro: dove il cosiddetto effetto wow non dovrebbe dimenticare l’impatto ambientale; l’adattabilità a diversi canali di vendita non dovrebbe incidere sulla sostenibilità economica, e quindi su di noi; dove la funzionalità non dovrebbe generare trascuratezza nella cura di ogni singolo dettaglio.

A pensarci bene: non ci sono così tanti progetti che rispondano a questi requisiti, che considerino cioè il packaging come un elemento stesso del prodotto in esso contenuto, che ne giustifichino la nascita, ne guidino il senso, ne sfruttino le possibilità e infine, oggi più che mai, ne governino lo smaltimento. In questa mostra ne abbiamo isolati una ventina – dalla bottiglietta del Campari alle sorpresine del Mulino Bianco, dalla fondina per il panettone alla tanica per la benzina, dalla Coppa del Nonno alla Razione K dei soldati – scelti con questo doppio criterio: da una parte raccontare il packaging nella sua accezione più ampia possibile (fino ad arrivare a immaginare che persino la rete ovoidale arancione che custodisce i cantieri italiani, sia un involucro essa stessa, e insieme un arredo urbano effimero e temporaneo); dall’altra raccontare un pezzo di storia del nostro Paese, degli italiani e delle italiane, attraverso gli involucri.

La maggior parte dei progetti che compaiono in questa mostra sono in salute ancora oggi, dopo decenni di vita e con minime modifiche rispetto al passato, quindi non sempre è stato semplice o scontato farsi guidare da un percorso cronologico, ma è pur vero che senza contestualizzare il periodo storico in cui questi saperi sono nati si perderebbe molto del loro senso. Al tempo stesso, viste adesso, una dopo l’altra, queste forme e i messaggi che veicolano più o meno esplicitamente, ci dicono finalmente tantissimo anche sull’evoluzione della nostra stessa storia di consumatori e consumatrici, e, perché no, eventualmente anche sull’involuzione: perché questo è, infine, l’ultimo dei saperi coinvolti nel packaging, forse il primo che dovremmo citare, cioè il nostro, quello con cui noi sappiamo vedere quello che sta intorno ai prodotti che consumiamo, ciò che sta oltre e prima delle cose».

Tutti gli appuntamenti in programma della manifestazione sono gratuiti, info, dettagli e prenotazione degli eventi su biennaleraccontiimpresa.org.
Redazione

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