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Un linguaggio diverso, quello della lentezza associata alla caduta dell’essere umano. Giuseppe Gimmi si porta alle spalle un primo lavoro “Per le vie del paradiso” (Ieri sera proiettato al Garbatella, Roma) carico di premi e tante soddisfazioni. Ieri, all’alba il primo ciak di un nuovo lavoro molto riservato, una troupe, ma sopratutto giovani che hanno ripulito l’intera location prima e dopo il girato.

È un cinema diverso, dove la sensibilità si nota dal primo minuto. Come mai?

Si. Mi piace l’idea che anche gli oggetti che l’attore o attrice indossa hanno una storia, questo significa anche l’ambiente che ci circonda. Qui vorrei ringraziare le persone che hanno creduto in questo progetto.

Sei in fase di sperimentazione o hai già trovato una tua strada?

Difficile trovare la propria strada, o meglio alcune volte mi perdo e scrivo.

Visualizzando il primo, si nota fin da subito una certa rigidità d’immagine, messe a fuoco quasi sempre, alcune volte sembra di rivivere il fermo immagine. Perche?

La storia ti porta a questo. È bello poter fare politica attraverso le immagini. La messa a fuoco mi disorienta è questo crea in alcuni aspetti il contorno per la storia. La simmetria per me è pulizia nell’immagine.

In questo momento dopo tante esperienze fatte, premi ma anche riconoscimenti ci sono persone o registi che ti hanno colpito sia a livello di regia, ma anche umano,

Si, Paolo Sorrentino.

È importante coltivare, questo lavoro. Sicuramente l’esperienza e il fatto di rischiare conta, o no? 

Certo. Vengo da una settimana come assistente alla regia di un cortometraggio, molto impegnativo. Ma tutto questo mi aiuta a capire cosa devo migliorare, pensa ho comprato un quaderno per poter scrivere i miei errori. 

Emilio Gagliano Candela