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Sabino Fiorese ha amministrato la città di Bari soltanto per 20 mesi, ma ha lasciato una rilevante impronta nella storia commerciale cittadina, favorendone lo sviluppo, una grande eredità culturale, esprimendo e consolidato un legame profondo per Bari, sua città di adozione.

Figlio di una famiglia di notabili di Grumo, benché proprietari terrieri, i Fiorese erano professionisti da generazioni. Sabino discendeva da una famiglia di medici. Medico era il nonno, Savino, stabilitosi a Bari nel 1836 durante una delle periodiche epidemie di colera; medico era il padre, Raffaele, chirurgo e professore di medicina nel Reale Liceo di Bari.

Sabino era nato, come i suoi avi, a Grumo, ma si è sempre sentito orgogliosamente barese. A Bari infatti frequenta tutti i gradi di scuola fino al Reale Liceo. Poi interrompe la tradizione di famiglia e si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza, all’Università di Napoli, tornando laureato a Bari nel 1874.

L’anno dopo troviamo il giovane Sabino insegnante di filosofia presso il Reale Liceo di Bitonto e, nel 1876, torna nel capoluogo pugliese dove continua ad insegnare filosofia.

La svolta nella sua vita avviene nel 1878 quando pubblica Il contadino nella Terra di Bari, un libro denso di considerazioni economiche e sociali della Puglia agricola dell’Ottocento, ponendosi all’attenzione della cultura locale.

Sarà proprio quel ‘saggio’ ad aprirgli le porte della Scuola di Commercio con Banco Modello, fondata dalla Camera di Commercio di Bari allo scopo di fornire strumenti professionali adeguati al commercio barese, all’epoca la maggior risorsa economica della città, dove Sabino insegnerà Scienze Economiche e Commerciali, Statistica, Diritto costituzionale e Geografia economica per tutta la vita fino a diventarne Rettore.

Accanto a questa sua vocazione di insegnante, amatissimo dai suoi allievi a cui dovevano le loro maggiori fortune, Fiorese si rivela un fecondo scrittore, direttore e fondatore di periodici, esercitando un ruolo di primo piano nella cultura e nella vita amministrativa di Bari, fino a diventarne Sindaco.

Attivo meridionalista, spesso in fierissima polemica anche contro gli stessi meridionali, specie i partenopei che con ostinata perseveranza continuavano a negare le vitali necessità della Puglia, come l’Università e l’acquedotto… l’Università in Puglia – scriveva Fiorese – non è un desiderio dei pugliesi, è una necessità vitale per lo sviluppo economico e commerciale della regione.

Dotato di grande carisma, colto, oratore straordinario, conservatore profondamente legato alle sue radici della nostra terra, Fiorese denuncia la sordità dei latifondisti e dello Stato per non avere alcuna considerazione dell’opera, dei sacrifici, delle privazioni del contadino, del bracciante… da sempre dimenticato ed avvilito, tenuto da secoli lungi dalle scuole e sebbene siano vissuti in mezzo alle tenebre della più grande ignoranza, sebbene si sia fatta credere nociva qualsiasi pratica della scuola, pure il contadino della Terra di Bari non è caduto giammai e conserva sempre integra una certa dignità di sé stesso.

Così quando lo Stato, nel 1883, torna a parlare di ‘perequazione fondiaria’, Fiorese diventa sarcastico fino all’offesa… vogliono perequare in ogni punto d’Italia, vogliono stabilire l’uguaglianza dell’imposta, vogliono parere giusti ed unitari in senso assoluto, quando l’unità nazionale quasi minarono dalle fondamenta con leggi pessime e con perfido amministrare.

E, indignato, continua… voi non potete farci una legge di perequazione fondiaria senza farne un’altra di perequazione sociale, perché in questa, come niun altra nazione al mondo siamo sperequatissimi.

Siamo sperequati nel credito, siamo sperequati nella irrigazione che non possiamo avere, nelle bonifiche che sono tardive; siamo sperequati nelle vie, nei telefoni, nei porti, nei depositi e negli studi perché abbiamo in tutto il Mezzogiorno 4 università per 12 milioni di abitanti mentre nel Centro Nord ce ne sono 18 per 16 milioni di abitanti.

Intanto è diventato Sindaco.

Eletto più volte consigliere comunale, alle elezioni amministrative del 1910 Sabino Fiorese si candida nelle liste dei popolari, guidata da Giuseppe Capruzzi, che vincono le elezioni e l’autorevole Capruzzi è eletto sindaco della città per la terza volta.

La nuova Amministrazione è attesa ad una prova particolarmente importante, si tratta di organizzare le celebrazioni per il centenario della visita di Gioacchino Murat. Se ne parla da anni, di quel valoroso Re che il 25 aprile 1813 diede l’avvio alla costruzione del ‘nuovo borgo’ gettando la prima pietra della città moderna.

Ma il 25 marzo 1912, una brutale infezione bronco polmonare stronca la forte fibra di Giuseppe Capruzzi e tre settimane dopo il Consiglio comunale elegge nuovo sindaco di Bari Sabino Fiorese.

Indimenticabile, nella memoria storica dei baresi, il nobile discorso del Professore, nella giornata inaugurale, in cui elenca le ‘glorie’ della città nel corso del secolo. Ma volle, purtroppo, organizzare anche una mostra commerciale e industriale a latere del Centenario senza coinvolgere il presidente della Camera di Commercio, attirandosi le ire del cav. Antonio De Tullio che, in una città preminentemente commerciale, era più importante del Sindaco stesso.

La resa dei conti fra De Tullio e Fiorese si consuma fra i banchi del Consiglio comunale, dove De Tullio è il capo dell’opposizione… Ella, signor Sindaco – dirà De Tullio – ha arrecato grave nocumento al buon nome della città ed ai nostri industriali… e il 3 novembre 1913 Sabino Fiorese si dimette.

All’esplosione del primo conflitto mondiale, Fiorese, acceso interventista, plaude alla decisione del Governo di schierarsi con Francia, Inghilterra e Russia, ma durante il conflitto il Professore si allontana dalla vita politica amministrativa della città pur continuando nella sua opera di docente della Regia Scuola Superiore di Commercio e Rettore dell’Università popolare.

Il disastro economico, politico e sociale del dopoguerra agevolerà gli estremismi di destra e di sinistra. I fascisti riusciranno ad imporsi, Sabino Fiorese, uomo d’ordine, si lascia travolgere dallo spirito nuovo e alla fine dei suoi anni si ritrova, con amici e nemici d’un tempo, compreso Antonio De Tullio, nella stessa vignetta di Frate Menotti che accusa tutti di trasformismo.

Sabino Fiorese, un sindaco con i Baffi (150 pagine riccamente illustrate Lb Edizioni € 14).

Redazione

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