Tempo di lettura: 4 minuti

Nasce in Pennsylvania nel 1942, il futuro 46esimo presidente degli Stati Uniti d’America. Proprio nella sua Pennsylvania (che nel 2016 aveva voltato le spalle alla candidata democratica Hillary Clinton) avviene il sorpasso decisivo per oltre 5.000 voti, intorno alle ore 15 italiane del 6 novembre, dopo 3 giorni logoranti di polemiche, di sorpassi e contro-rimonte. Sono stati giorni palpitanti e la sensazione tangibile è che non mancheranno polemiche o strascichi giudiziari dovuti alla disputa dei voti “legal or illegal” tra elettori che hanno votato in presenza e presunti votanti “fantasma” via posta, soprattutto dopo che durante la notte dell’ “Election Day” gli spettri del clamoroso (e per media e sondaggi della vigilia oltremodo improbabile) Trump bis alla White House si facevano sempre più concreti.
Joe Biden nasce e cresce in una famiglia umile, cattolica praticante e di origine irlandese. La sua infanzia è travagliata, a causa di una netta balbuzie viene spesso isolato e sottoposto a bullismo negli anni di infanzia ed adolescenza.
Ma il giovane Joe è molto determinato ed impara fin da subito a padroneggiare il suo problema ed a superare lo scoglio della timidezza e dell’impaccio.
Fin dai primi approcci alla cultura politica americana Il suo uomo di riferimento è il grande J.F. Kennedy di cui intende fin da subito seguire le orme. Quando Kennedy viene assassinato, Joe Biden non ha solo superato le ombre del proprio difficile passato ma è diventato presto un grande atleta, un giovane ben voluto dai suoi compagni che lo eleggono rappresentante degli studenti, permettendogli di calarsi nell’ottica di una carriera politica di successo.
Dopo la laurea in Scienze Politiche, Biden si sposa con Neilla Hunter, da cui avrà tre figli, e si candida come senatore del Delaware. I pronostici lo vedono fortemente favorito ed il giovane Joe comincia la sua campagna elettorale, costretto spesso a recarsi a Washington per motivi istituzionali e rimanendo per tempi prolungati lontano dalla famiglia. Sembra l’inizio di un idillio ma la vita di Biden è destinata ben presto a cambiare.
E’ la mattina del 18 dicembre del 1972 quando Joe riceve una telefonata che rende quegli attimi glaciali. La moglie Neilla e la figlia più piccola Naomi sono rimaste uccisi in un tragico incidente stradale, mentre la madre portava i tre figli a comprare regali ed albero di Natale. Joe Biden è sconvolto. Ne seguono mesi difficili, in cui il solare e dinamico candidato senatore diventa cupo, solitario. Biden non rinuncerà mai a quella corsa. Lo annuncia in ospedale dinanzi ai letti in cui riposano Hunter e Beau, gli altri due figli sopravvissuti. Alla fine Joe Biden diventerà senatore ma giurerà in nome della memoria dei suoi affetti scomparsi che nel caso si fosse reso conto di non poter avere tempo per crescere i suoi figli a causa degli impegni istituzionali avrebbe rassegnato le dimissioni…il Delaware poteva avere un altro senatore, ma i suoi figli non avrebbero potuto avere un altro padre.
Biden aspirerà alla Casa Bianca in numerose occasioni, nel 1988 la sua corsa si ferma dopo alcune dichiarazioni polemiche e l’investitura democratica toccherà a Dukakis, poi rovinosamente sconfitto da Bush senior. Nel 2004 ritirerà la propria candidatura senza presentarsi direttamente alle primarie e rinunciando alla vicepresidenza con Kerry (anch’esso sconfitto sonoramente poi da Bush Jr).
Negli anni 2000 Biden è ormai un politico affermato, dopo tante rinunce ha già ricoperto ruoli istituzionali fondamentali nel meccanismo americano, in particolare come presidente del Presidente della Commissione Giustizia del Senato federale, come Presidente della Commissione Esteri del Senato degli USA e prima di diventare VP anche occupando la carica di Presidente del Comitato di controllo sul narcotraffico internazionale del Congresso degli Stati Uniti d’America.
La svolta arriva nel 2007. Quando sconfitto da Obama dopo i caucus delle primarie democratiche e dopo aver attaccato in maniera determinata l’avversario arriva la richiesta che Joe Biden non si sarebbe mai aspettato: essere il vicepresidente di Barack Obama, contro il repubblicano McCain (personalità vicina a Biden tanto che quest’ultimo aveva paradossalmente consigliato l’eroe del Vietnam come candidato democratico nel 2004, nonostante la sua chiara militanza nel “Grand Old Party”). Biden è titubante, convoca la sua famiglia, la nuova moglie Jill Jacobs. Dopo giorni di riflessione non rinuncia, accetta l’incarico e segue Obama alla conquista di due mandati presidenziali storici.
Nel 2015, ultimo anno di vicepresidenza l’ennesima tragedia. Il figlio Beau, pupillo e futuro probabile Biden in politica muore di cancro al cervello.
Nel 2016, ormai anziano, scosso dall’ultimo lutto e dalle polemiche che avvolgono la condotta di suo figlio Hunter (spesso tirate in ballo nei dibattiti del 2020 anche da Trump) e soprattutto deciso a rimanere in disparte rispetto alla politica attiva, preferisce appoggiare la candidatura di Hillary Clinton piuttosto che seguire il volere del partito che avrebbe preferito per continuità affidare la propria investitura proprio all’ex vicepresidente. La vittoria di Trump, la sconfitta decisiva negli swing States sono un macigno terribile per il “partito dell’asinello”.
Biden si sente responsabile ed alla prima occasione torna in politica candidandosi e poi vincendo le primarie democratiche contro Bernie Sanders e polarizzando i vertici del partito ad appoggiare compatti la sua sfida, non semplice, contro Donald Trump.
Il presidente uscente gode di consensi molto alti, ma da febbraio in poi a governare gli States sarebbe stato il morbo pandemico del Covid-19.
Biden recupera consensi e costruisce la propria scalata ripercorrendo le orme del suo presidente. Si erge a paladino di unità e giustizia e chiama come VP, la progressista Kamala Harris, sua accesa e diretta contendente alle primarie.
Alle urne Joe Biden è ad oggi il presidente degli USA più votato della storia (oltre 70 milioni di voti) e dopo una notte elettorale in bilico che lo ha visto perdere Swing States di grande importanza (come Florida e Ohio, e nessun presidente ha mai vinto la White House perdendo questi due stati) complice un’affluenza massiccia nei grandi centri urbani e tramite voto postale Biden si aggiudica Michigan, Wisconsin e ribalta Trump in Pennsylvania e Georgia.
La Presidenza è ormai quasi raggiunta e con questi numeri e vantaggi (e se la riconta gli darà ragione senza polemiche o “brogli” ) potrebbe nelle prossime ore andare oltre i 270 grandi elettori decisivi.
Chissà se in queste ore decisive, il vecchio Joe Biden abbia ripensato al suo passato, spesso sfortunato e fatto di rinunce assaporando all’ultimo grande palcoscenico politico di una lunga carriera quella White House, tanto ambita, tanto desiderata, e che potrebbe dopo soli 4 anni tornare in mano democratica.

Alarico Lazzaro

Alarico Lazzaro

Alarico Lazzaro, classe 2001, studente di scienze politiche presso l’Università degli studi Aldo Moro di Bari. Scrittore ed autore di narrativa e saggistica. Ha all’attivo la pubblicazione del saggio classico “Il Lato oscuro del mondo greco” e della raccolta di storie “Sangue in Cambio di piume nere”. Ha numerose esperienze nel mondo della scrittura, dei blog e del giornalismo online (tra cui la “Fenice del Flacco” di cui è stato caporedattore ai tempi della sua rappresentanza d’istituto al liceo classico quinto Orazio Flacco di Bari, il blog “Il Controverso” ed “Emergo” , progetto che unisce tutte le redazioni più lette e conosciute della stampa liceale sul territorio nazionale). Collabora con LSD Magazine in cui cura rubriche di attualità, cultura, politica internazionale e cinema. Sogna un futuro nel mondo della diplomazia e delle relazioni internazionali