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"Luisiana-Lorusso"
Occhi neri e profondi, sguardo vivo ed intenso. Sorprendente l’energia che sprigiona dal suo corpo minuto. Luisiana Lorusso, talentuosa musicista d’origini ruvesi, riesce ad articolare l’espressività della sua arte in un mirabile equilibrio fra violino e voce.
Diplomatasi a pieni voti in violino presso il conservatorio Piccinni di Bari ha parallelamente coltivato la sua passione per il canto jazz; per entrambi ha seguito vari corsi di perfezionamento e master class divenendo un esempio di rara completezza musicale. Il suo fare musica spazia dalle grandi orchestre (O. Filarmonica della Scala, O. dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, O. del Teatro Petruzzelli per citarne alcune) alle collaborazioni discografiche e live con artisti come E. Rava, S. Bollani, S. Di Battista, G. Trovesi, G. e B.Tommaso, R. Gatto, D. Warwick, L. Minnelli, L. Dalla, O. Vanoni, Milva, G. Paoli.
Ha all’attivo un disco a suo nome dal titolo “Upwards” e la partecipazione nel nuovo disco di Mario Biondi Due” col quale canta un pezzo scritto da lei e Claudio Filippini.

– Luisiana, la prima domanda che ti porrei sarebbe “cosa è per te la musica” ma è una domanda che andrebbe posta più ai lettori, no?

«Si, in realtà sarebbe molto più utile e interessante se ognuno di noi si chiedesse cos’è la musica per sé e, più in generale, che cos’è la cultura per la nostra società. Magari la situazione dell’arte oggi potrebbe essere migliore.»

Come vedi lo stato della cultura in Italia?

«Io faccio riferimento più strettamente all’ambito musicale che comunque gli fa da specchio. La maggior parte dell’anno la passo a Roma per lavoro e quello che vedo oggi sono sale da concerto vuote e ristoranti pieni. In altri paesi europei, nonostante la crisi, la situazione è diversa perché il peso che si dà alla cultura è maggiore. Foto di Massimo Menghini
In Italia i circuiti musicali importanti sono monopolizzati dai grandi management e dalle grandi etichette discografiche. Per un artista emergente è molto difficile accedere a questi circuiti perché non garantisce a priori introiti certi e soddisfacenti. Secondo me è un problema di livello culturale. La gente da una parte non riesce ad apprezzare tante cose perché non è educata a farlo e dall’altra manca di curiosità. Ha bisogno spesso di essere rassicurata e non è interessata a ciò che è nuovo e che può mettere in discussione le proprie certezze. Dall’altro lato c’è la volontà di intrattenere e rassicurare le persone piuttosto che indurle alla riflessione. Per questo la ricerca musicale è delegata in ambiti minori. Ogni giorno assistiamo a tagli effettuati alle risorse destinate alla cultura e molto spesso chi decide dove vanno i fondi è egli stesso una persona di poca cultura.»

Quali sono le problematiche di chi lavora con la musica?

«Per quello che mi riguarda, visto che il mio unico lavoro è fare la musicista, devo avere una gestione oculata del mio tempo. Da una parte c’è tutto ciò che riguarda il lavoro su commissione che mi consente di vivere a Roma e quindi di godere di tutto quello che una città come questa mi può dare a livello di stimoli e di possibilità. Dall’altra c’è invece ciò che concerne l’aspetto creativo del mio lavoro, il quale non mi produce introiti immediati (si spera lo faccia in un futuro non tanto lontano) ma nel contempo mi genera spese vive. In questo momento per esempio sto lavorando al mio nuovo disco e questo ovviamente richiede tempo per l’ideazione e la scrittura dei pezzi ma anche l’impiego di risorse per quello che riguarda la registrazione in studio, la realizzazione grafica, la stampa, la promozione.»"luisiana-lorusso1"

Quindi un musicista è costretto ad essere imprenditore di se stesso oltre a pensare alla parte artistica.

«L’ideale sarebbe che il musicista facesse musica e il resto fosse delegato a chi lo fa per mestiere, ma questo può accadere e spesso accade quando si è già più o meno affermati. Nel mio caso devo occuparmene io. Ho deciso così di fondare una mia etichetta discografica, Wize Up, per produrre e promuovere i miei lavori e la mia musica fatta come va a me. Non è una scelta dettata da interessi economici. Faccio questo lavoro perché non sarei felice facendo altro e non certo per i soldi. Cerco perciò di organizzare il mio tempo in modo da vivere di musica, mantenendo una certa qualità della vita e allo stesso tempo lavoro su progetti che mi diano soddisfazione al di là della vendibilità che questi possano avere.»

Qual è il pubblico della tua musica?

«Beh, spero sia il più vasto possibile, ovviamente! Il disco a cui sto lavorando infatti ha l’ambizione di riuscire a proporsi ad un pubblico europeo.»

Canto e violino, repertorio moderno e classico. Come hai gestito negli anni della tua preparazione, e ancora oggi, questi aspetti apparentemente così distanti?

«Ti ringrazio per la domanda perché mi permette di dire la mia su quello che per tanti anni ho vissuto come un problema. Il periodo della mia formazione è stato quello in cui si diceva che solo un’alta specializzazione avrebbe offerto maggiori possibilità di collocazione nel mondo del lavoro e questo è stato un peso che ho portato dietro per anni. Fino a che, dopo aver avuto nel tempo tante occasioni di propendere ora per il violino, ora per il canto, mi sono chiesta chi fossi davvero. Ho realizzato che non avrei potuto prescindere dal mio background culturale. Mio padre e i musicisti che frequentavano casa mia ascoltavano e suonavano jazz. D’altro canto lo studio del violino, uno strumento di derivazione prettamente accademica, mi ha fatto scoprire un mondo, quello “classico”, del quale mi sono innamorata perdutamente. Devo dire che, a dispetto della consuetudine di allora, il mio maestro di violino, Alessandro Perpich, non ha mai frenato la mia propensione al canto, piuttosto il contrario. Ricordo che la prima volta che mi ha sentito cantare gli brillavano gli occhi. Mi ha sempre spinto ad approfondire gli studi di canto e per questo lo ringrazio. Di lì in avanti è stato un susseguirsi di scelte dettate dalle opportunità, dagli incontri, dallo studio ecc., che mi hanno portata fino a qui. Credo che la musica sia una e spero di aver fatto e di continuare a fare musica bella.»

Il tuo primo disco è un lavoro che ti ha messo un po’ in discussione. Come è stato accolto?

"luisiana"«Sono molto contenta del risultato ottenuto. Se ne è parlato abbastanza e c’è stato un bel feedback da parte della critica italiana e tedesca. Upwards è un disco nel quale mi identifico molto. È il risultato della collaborazione con validi musicisti della mia terra ed è anche un po’ ideologicamente figlio del Talos Festival che è stato per me una fonte di ispirazione, conoscenza, curiosità. Pino (Minafra, ideatore del Talos Festival) è nel mio cuore; infatti è stato fra i primi ad ascoltarlo e ad apprezzarlo.  Devo dire che ho cominciato a scrivere abbastanza timorosamente visto che per me il termine composizione ha una valenza di derivazione prevalentemente accademica e mi ricorda nomi come Stravinsky, Beethoven, Bach, Mozart. Un grande contributo l’hanno dato i musicisti che hanno suonato con me nel disco e ai quali ho commissionato buona parte del lavoro compositivo. Li ringrazio perché mi hanno ripagato con la loro sensibilità artistica (Mirko Signorile, pf – Giorgio Vendola, cb – Pierluigi Balducci, el.bass – Gaetano Partipilo, sax – Vincenzo Bardaro, dr e tutti gli altri…). Sono fra i musicisti più interessanti del panorama musicale italiano e trovano ogni giorno un riscontro sempre maggiore.»

Per un artista il problema del linguaggio con cui esprimersi è sempre attuale. Tu come l’hai affrontato?

«È stata sempre l’esigenza di scrivere i pezzi per Upwards che mi ha messo davanti al problema. Avrei potuto fare il solito disco di standard e finirla lì, ma mi sono chiesta: chi sono? Quali sono le mie origini? Cosa voglio dire davvero? Era la prima vera occasione per dire quello che volevo e non potevo sprecarla. Così ho cercato di fare qualcosa che mi rappresentasse e che raccontasse chi sono. È qui che le mie peculiarità hanno trovato il terreno per convivere. E quindi proprio il dover far convivere la violinista e la cantante ha fatto sì che venisse fuori quello che è il linguaggio col quale mi esprimo musicalmente.»

Cosa pensi debba fare un ragazzo che oggi voglia intraprendere la strada della musica. Deve farsi delle domande? Porsi degli obiettivi? Decidere a chi rivolgere la sua musica?

«Io spero che un ragazzo che voglia fare musica la faccia e basta, anziché porsi problemi che avrà tutto il tempo e le capacità di affrontare in seguito. Penso che l’arte sia un bisogno. Bisogna farla e, strada facendo, ci si renderà conto di quelle che sono le proprie esigenze. Se tutto ciò riesce a generare un meccanismo di curiosità allora il resto verrà da sé. La curiosità crea il confronto con se stessi e quindi la crescita artistica.»

L’esperienza televisiva nella trasmissione di Fiorello…

«È stata un’esperienza molto gratificante e divertente. Ovviamente è diverso dal suonare in orchestre come l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. In un’orchestra pop sono richieste competenze differenti da quelle della musica “colta” anche se l’approccio professionale, almeno per quel che mi riguarda, è lo stesso. Nell’orchestra di Fiorello in particolare avevo un incarico di responsabilità. Come primo violino avevo il compito di gestire la sezione degli archi per ciò che concerneva, per esempio, la lettura e la preparazione dei brani, la scelta del linguaggio da adottare. Per me è stato un bel riconoscimento.»

La musica e il web. Come vedi il problema della distribuzione della musica oggi?

«Visto che sto per mettere su un’etichetta indipendente è un problema che mi riguarda ancor più da vicino. Oggi, quando chiunque con pochi euro scarica, legalmente, un album da iTunes o siti simili, mi sembra improponibile che per comprare un cd si debbano spendere 20, 30 o addirittura 40 euro. Secondo me il prezzo dei dischi dovrebbe essere proporzionale all’investimento che la casa discografica ha fatto sull’artista. È giusto che se, per un nome emergente, è stato fatto un esiguo investimento, sia basso anche il prezzo del cd. In questo modo si dà la possibilità ai giovani di farsi strada e agli acquirenti di soddisfare la propria curiosità spendendo il giusto.»

Il disco con Mario Biondi. Un’iniziativa inusuale quella di fare un disco di duetti con artisti emergenti.

«È lo sviluppo del progetto per un “talent cd” che Mario ha voluto fortemente per permettere a giovani musicisti di farsi conoscere: un grande e raro atto di generosità per un artista con la sua notorietà. È un doppio cd nel quale Mario Biondi duetta con cantanti per lo più sconosciuti. Io canto con lui su un brano scritto dal pianista Claudio Filippini e da me, questo a conferma della genuinità del progetto e della libertà di espressione che ha voluto dare agli artisti che hanno partecipato al disco. Si è appena concluso il “Mario Biondi tour 2012” a cui io ho avuto il grandissimo piacere, nonché soddisfazione, di prendere parte, duettando col lui in “Under that sky” in alcuni tra i più bei teatri italiani.
Se siete curiosi il brano è acquistabile anche singolarmente su iTunes. Grazie Mario!»

Nella tua lunga e variegata esperienza hai un aneddoto che ricordi con piacere?

«Sono particolarmente affezionata ad un periodo del lunghissimo tour (è durato qualche annetto!) con Gino Paoli, durante il quale è venuto a sapere che cantavo e una sera nei camerini mi ha chiesto, così, tra una chiacchiera ed un’altra, quale canzone preferissi delle sue. Io gli ho risposto: “che cosa c’è ”. Poi è finita lì, non ci ho pensato più. Un giorno durante uno spettacolo del tour estivo, mentre presentava proprio quel brano, mi ha indicato e ha detto: “la vedete quella ragazza lì col violino? Lei è anche una cantante. Dai vieni qui che la cantiamo insieme!” Ovviamente non avevamo mai provato, non ricordavo il testo, non sapevo se la tonalità era adatta a me: insomma, ero nel pallone. Dopo quella sera abbiamo cantato insieme quel pezzo per il resto del tour!»

Hai progetti a breve termine?

«Al momento sto lavorando al nuovo disco per un progetto violino e voce solo. Questo sarà il primo disco che uscirà per la mia etichetta Wize up. Inoltre ho in progetto un disco in trio di cui però non svelo altro per scaramanzia.»

Per contatti e informazioni:

http://www.luisianalorusso.com/

www.myspace.com/luisianalorusso

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.