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"forest.jpeg"La corsa alla miniaturizzazione è ormai inarrestabile. Tutto diventa sempre più piccolo. Dall’elettronica alla biologia, il prefisso "nano" si impone come sinonimo di efficienza, potenza ed affidabilità. I nano-processori renderanno più veloci i nostri pc, i nano-farmaci andranno a colpire con precisione infinitesimale le cellule bersaglio e… i nano-inquinanti continueranno ad ucciderci silenziosamente! Già, perchè evidentemente non tutto ciò che è piccolissimo è nostro amico. L’italica casta tuttavia non sembra curarsene, e le tematiche ambientali occupano solo per brevissimi tratti le dinamiche parlamentari e le scalette dei tg.

Mentre Obama lancia proclami "verdi" e persino l’Uganda mette alla gogna televisiva le aziende inquinanti, nel Belpaese siamo riusciti laddove molti hanno fallito. Abbiamo miniaturizzato fino all’invisibile la sensibilità ambientale, è nata la nano-ecologia!

A dire il vero, il termine nano-ecologia è già apparso in riferimento ad una vettura compatta e dalle ridotte emissioni inquinanti che di nome fà proprio "Nano". La nano-ecologia italica ha però tutt’altra matrice. Il forte apparato lobbistico ed una atavica ressegnazione in nome del "dio lavoro" hanno permesso l’instaurarsi di situazioni tanto critiche quanto ingestibili. L’esempio più recente e drammatico è purtroppo ubicato nella nostra amata terra di Puglia. Il complesso Ilva e l’area industriale di Taranto hanno infatti permesso alla città dei due mari di fregiarsi del tutt’altro che ambito titolo di "città più inquinata d’Italia". La protesta anti-diossina e la neonata legge regionale non hanno sortito gli effetti sperati. Se da un lato tale legge regionale recepisce il Protocollo di Aarhus (2004) e fissa un limite di 0,4 ng/m3 di diossina per gli agglomeratori siderurgici, l’attuale ministra dell’ambiente (come quelli che l’hanno preceduta) ha deciso di non modificare il limite previsto dalla legislazione nazionale (10 ng/m3), generando pertanto un conflitto di non facile soluzione. E’ singolare notare la notevole disomogeneità tra quanto previsto in materia di diossine per gli impianti di incenerimento. In questo caso valgono limiti molto restrittivi (0,1 ng/m3 intesi come tossicità equivalente, ovvero come sommatoria dei composti ritenuti altamente tossici). L’Italia si è pertanto uniformata alla normativa europea solo per quel che riguarda gli inceneritori, riservandosi di recepire il protocollo di Aarhus entro il 2012. Senza dubbio una dimostrazione di scarsa sensibilità ambientale. Altri segnali poco "verdi" si accompagnano tuttavia alla "questione diossina".

Ogni fine anno infatti, arriva puntuale come l’influenza la proroga del passaggio TARSU-TARIFFA che di sicuro permetterebbe un incremento delle percentuali di raccolta differenziata. Altrettanto puntuale è giunta la sentenza della Corte Costituzionale che, di fatto, permette a molte aziende del Nord Italia di riversare rifuti speciali nelle discariche di Canosa e Grottaglie. I giudici hanno purtroppo bocciato la prima legge di iniziativa popolare varata dal Consiglio Regionale (legge 29/2007).

Certo che in un’ottica di sempre maggiore incertezza per le attività di tutela ambientale, suscita non poca invidia sapere che in un quartiere di Malmo (Svezia) ogni cantina ha un sistema di tubi ad aria compressa che aspira i rifiuti differenziati e li convoglia direttamente in deposito così da evitare l’inquinamento dei camion di raccolta. Come siamo indietro!

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.