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Press tour di giornalisti e operatori del settore stampa, durante la mattinata di Sabato 2 Settembre, nel centro storico di Triggiano per scoprire Nur/Luce, la mostra fotografica diffusa dell’artista italo-senegalese Maïmouna Guerresi. La mostra, a cura di Manuela De Leonardis e con la Direzione artistica di Annalisa Zito della Fondazione Pasquale Battista, si svolgerà dal 2 Settembre al 3 Dicembre 2023. Durante l’incontro, sono stati presentati tutti i dettagli della mostra diffusa e delle opere in esposizione: quindici opere fotografiche che si snodano nei vicoli del centro storico di Triggiano a partire da Via Garibaldi, passando in Largo Mercato fino a Via Carroccio e che dialogano con il tessuto urbano architettonico e sociale, creando una unione con la stessa comunità cittadina. Il messaggio dell’arte è importante e deve essere alla portata di tutti”- ha commentato l’artista Maïmouna , alla fine del tour. Ed è proprio questo il senso che l’artista ha voluto dare all’esposizione : il coinvolgimento e il dialogo con la comunità. E non solo. L’esposizione, che si inserisce nell’ambito delle attività della Manifestazione “Capaci di legalità 2023” si incentra sulla legalità, intesa da Maïmouna Guerresi come accettazione dell’altro, uguaglianza nella diversità, dignità umana nell’intreccio tra le culture. Ad accompagnarci nel tour, il sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli, l’assessora alla cultura, Arcangela Finamore, e il Comandante dei vigili urbani di Triggiano, con la supervisione di Maïmouna. Artista ed artistica, bella, con il capo avvolto dal tipico turbante senegalese, Maïmouna ci ha spiegato ogni singola opera, insieme alla Curatrice della mostra Manuela De Leonardis, senza tralasciare di parlarci della sua formazione. Nata e cresciuta in Veneto, da Body painting, la Guerresi si è man mano evoluta nelle arti figurative, la pittura, la scultura fino ad arrivare negli anni ’90alla fotografia: la summa di tutti linguaggi. Proveniente da una famiglia supercattolica con zia suora, zio missionario, ad un certo punto della sua vita si converte all’Islam e ne diventa seguace, ma seguace della corrente sufi, un Islam molto filosofico e diverso da quello integralista dell’arabia saudita, dove per la prima volta, nel 2016 la Guerresi ha fatto una mostra: la prima volta che una donna italiana ha fatto una esposizione in Arabia. Da sufista dell’Islam, Maïmouna comincia ad affrontare quelli che sono i temi della conoscenza ma anche delle radici comuni. Il sofismo dell ‘Islam”, spiega “è come quello di San Francesco, prega e lavora. Si lavora per la costruzione dello spirito, per poter progredire, luce significa proprio questo, una luce interiore che illumina il buio che ci circonda. Proprio così e davanti al tittico “I would like to know you”, due donne si cercano ma non si vedono, hanno il bosco di fronte , un bosco interiore, basterebbe spostarsi e si vedrebbero. Un’ esortazione a una dimensione più leggera della vita : si può comunicare con un linguaggio semplice. La scelta di proporre per il centro storico di Triggiano, spiega la curatrice De Leonardis nasce proprio dall’esigenza di contestualizzare il centro storico di Triggiano, non ancora adeguatamente valorizzato e ancora senza giusto riconoscimento. Le immagini immortalate negli scatti di Maïmouna sono perlopiù figure femminili, solo una è rappresentata da un uomo, “Throne in Black”. Si tratta di figure ieratiche che derivano dalla tradizione pittorica rinascimentale e prerinascimentale, come Masaccio e Giotto che fanno parte della cultura visiva in cui l’artista è cresciuta. Le foto di Maïmouna non nascono per caso, la foto è l’ultimo atto, dietro tutto quello che vediamo c’è un setting curato dalla stessa artista con la creazione di scenografia e costumi. Nessuno scatto è frutto di fotoshop, senza nulla togliere al fotoshop. E nel descrivere i backstage delle sue opere. L’artista esprime tutto il suo entusiasmo e leggerezza nell’approccio al lavoro. E così passeggiando fra i vicoli del centro storico di Triggiano ci siamo trovati di fronte a dei veri capolavori. Ritratti fotografici di donne meravigliose, rappresentazione di una donna forte che vuol far sentire la sua voce , come quelle col megafono, dal colore rosso, anche se il megafono è chiuso. Immagini di donne bellissime che colpiscono e che si integrano perfettamente con i muri scrostati del borgo triggianese. Sono donne che aspirano ad una legalità. In ogni opera c’è un ready-made alla maniera surrealista, e cioè la rappresentazione di un vecchio oggetto che viene rivisitato, come nell’opera Throne in Black, dove il trono è rappresentato da vecchi pneumatici, o ancora l’opera “Her private garden” dove l’elica rappresenta uno scettro.“ Ce l’avevo in giardino e l’ho fatto diventare scettro”, sottolinea ironicamente l’artista. Un altro elemento che caratterizza le opere in esposizione è il segno di confine tra una parte e l’altra del volto che è un segno di luce bianco, altre volte rosso, in altri casi blu. Questo segno di confine è la ricerca dell’armonia tra la separazione tra 2 elementi diversi. Tutta la ricerca poetica che trapela dalle opere della Guerresi è la ricerca della comunione, delle radici comuni, come in Italia dove le popolazioni del sud ma anche del nord sono accomunate con altri popoli e culture, nel cibo, nella lingua , nella cultura, nella religione. Continuiamo il viaggio artistico ed è bello passeggiare in questi splendidi vicoli e chiacchierare con la gente , mentre si ammirano altre foto straordinarie, come “Aisha’s Stories 2” il cui sfondo è rappresentato dalla città di Touba. I fondali, sono dipinti da lei stessa sulle pareti esterne della casa di famiglia e lei stessa cancella a fine scatto per disegnarne un altro per un’altra foto. L ‘opera si costruisce estemporaneamente. Chiedo a Maïmouna chi sono i soggetti delle foto: “Non sono modelli, i soggetti sono tutti parenti, amici e cugini, un prolungamento di me stessa”. In tutte le figure emerge l’abito che rappresenta un architettura e dà l’idea di personaggi quasi surreali come nelle icone. A d un certo punto ci fermiamo davanti al trittico “Ping Pong Playng”, rappresentativo di due signore che giocano a ping pong, ci soffermiamo e Maimouna simpaticamente chiede a noi altri che cosa voglia significare. Ognuno dà una sua interpretazione e l’autrice ne spiega il significato ma sottolinea che le sue opere si prestano comunque a duplici interpretazioni. Il verde dell’isola rappresenta l’Islam e le due donne nonostante siano della stessa religione sono in conflitto, ma sono ad un tavolo un tavolo che sembra voglia unire. E così fra una curiosità e l’altra diamo il benvenuto a questa mostra che rappresenta una possibilità di dialogo con la collettività e l’idea di affiggere dipinti in luoghi molto frequentati , sia di giorno che di notte sicuramente può stimolare un messaggio artistico collettivo. Un ultimo riferimento prima di concludere è doveroso nei confronti della Fondazione Pasquale Battista che ha organizzato questo progetto. La fondazione intestata allo storico che negli anni ’80 fece la scoperta di un’ipogeo.

Uno storico che ha ricostruito la storia del paese e quando è morto gli eredi hanno dato luogo a questa fondazione. Nata nel 2016 La Fondazione vuole essere uno strumento di coesione sociale con la promozione della cultura come interpretazione della realtà contemporanea. La ricerca scientifica è il pilastro fondamentale ma la Fondazione si è ampliata a tanti altri settori. La sede legale è a Milano dove in questi giorni è in atto una mostra molto importante del fotografo Vasco Ascolini, maestro della fotografia del Novecento.

Foto di Marcella Squeo (riproduzione riservata)

Marcella Squeo

La dottoressa Marcella Stella Squeo è laureata in Giurisprudenza è una giornalista pubblicista e si occupa di cultura, spettacolo, musica e di beneficienza e volontariato facendo parte di diverse associazioni di settore.