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"Varrazze"
Sono stati i cocci nelle reti dei pescatori a far intuire la presenza di una nave romana del I secolo d.C. sui fondali del mare davanti a Varazze (Savona), a circa 100 metri di profondità. E l’occhio elettronico di ‘Plutò, il robottino subacqueo del Nucleo sommozzatori dei carabinieri di Genova ha ‘svelatò un vero e proprio giacimento di bellezza: anfore, tantissime anfore alcune ancora intere e con il loro tappo fatto di pigne e pece, stanno sul fondo del mar di Liguria da oltre 2 mila anni.
Una scoperta, «una delle più importanti» dicono i carabinieri, che conferma come l’Alto Tirreno sia stata la ‘via imperialè verso la Gallia per l’esportazione di cibo, miele, spezie e vino tra la fine dell’epoca Repubblicana e l’inizio dell’età Augustea.

Le anfore, sulle quali il mare ha ricamato il suo tempo fatto di madrepore luccicanti, denti di cane e corallini bianchi, sono in perfetto stato di conservazione. Alcune, come quella recuperata a -30 metri di profondità dai Carabinieri, conservano all’interno una pasta scura. «Grazie all’Università – ha detto M.R. Bottino, della Soprintendenza – potremo capire di cosa si stratta».

Solo le anfore che si trovavano sulla tolda della nave sono state spezzate dalle reti a strascico dei pescatori che così hanno consentito questo eccezionale ritrovamento. Il sonar montato sulle pilotine dei sommozzatori dell’Arma ha mostrato un’area di circa 10 metri sotto la sabbia formata da più piani. «Là sotto – ha detto il comandante del nucleo sommozzatori Francesco Schilardi – possono esserci decine e decine di anfore ancora intatte». Particolarmente soddisfatta del ritrovamento la Soprintendenza ai beni archeologici della Liguria che prenderà in custodia l’anfora, classificata per la sua forma come ‘Dressel 1b’, e tutti i reperti che sarà possibile recuperare dal fondo del mare.

Per poter raccogliere quanto più possibile da quel relitto, che si trova ad almeno -70/100 metri, sarà necessario impiegare nuovamente ‘Plutò perchè gli uomini non possono scendere a quella profondità con le bombole. Sarà dunque il robot subacqueo, che è dotato di due ‘manì d’acciaio, a prendere le anfore e a trasportarle in superficie, guidato dal sonar e dal remote control di un sommozzatore dell’Arma. I tempi saranno dettati dalla Soprintendenza. Intanto però in quella parte di mare, grazie alla sorveglianza della Capitaneria di porto, le reti non potranno più essere gettate nè si potranno fare immersioni lasciando ancora per qualche tempo ai gronghi e alle aragoste questi antichi e comodi rifugi.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.