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"gulag"Continua il viaggio nel mondo dei Lager nazisti e gulag sovietici scritto da Julij Borissovič Margolin, filosofo, scrittore e giornalista ebreo di formazione linguistica russa assolutamente sconosciuto in Italia (prefazione a cura del prof. Augusto Fonseca responsabile della “Collana Slavica” della Zane editrice).  

Rispondere alla domanda, che cosa sia peggiore: il Lager nazista o il Gulag russo, non è cosa semplice. La posizione degli Ebrei nei Lager tedeschi era senza alcuna via di uscita, molto peggiore di quella degli internati “ariani”. E, comunque, anche se assumiamo il punto di vista del popolo che stava peggio di tutti nei Lager nazisti, dobbiamo dire che, oggi, quando corre ormai il quinto anno dalla fine della guerra, i crematori spenti di Auschwitz fanno meno paura dei campi che in Urss funzionano a pieno ritmo. Questi campi, in cui si aggiungono quotidianamente nuove moltitudini, sono molto peggiori e maggiormente terribili di Dachau, che invece, dietro pagamento, viene presentato alla curiosità dei visitatori, come monumento della sconfitta del nazismo e della vittoria della democrazia. Oggi, qualsiasi Ebreo di fronte all’alternativa Dachau o Vorkutà non ha molto da riflettere. A Dachau può andare come corrispondente di un giornale o come semplice turista. A Vorkutà può entrare solo con una condanna ai lavori forzati di 5 o 10 anni. Non ha una scelta difficile.
Ma la pensano in modo diverso i fautori dei campi di concentramento. Essi, infatti, mettono in confronto non il campo sovietico odierno con quello che resta oggi dei luoghi di tortura tedeschi di ieri, e neppure il Lager tedesco di ieri con il Gulag russo di ieri. In confronto loro mettono, invece, i campi sovietici odierni con i Lager nazisti futuri, con quelli, cioè, che non esistono, ma che potrebbero esistere. I sostenitori del sistema concentrazionario ricattano il mondo con la minaccia che si può ripetere quanto è avvenuto, dicendo: “O i nostri campi, o i Lager nazisti. O il nazifascismo o il comunismo. Tertium non datur. I nostri campi difendono il mondo dal ritorno di Auschwitz e Majdanek. Chi protesta contro i nostri campi, lascia la possibilità che ritornino al mondo Lager infinitamente peggiori”.
Se ciò fosse vero, la civiltà, non conoscendo altra via all’infuori del sistema concentrazionario di omicidi, di un colore o di un altro, meriterebbe solo di essere spazzata dalla faccia del pianeta. Ma questo, per fortuna, non è vero. Non è vero che noi non abbiamo altre scelte eccetto Auschwitz o Vorkutà, la Gestapo o l’MVD [= Ministero degli affari interni / Polizia segreta sovietica; A.F.]. C’è la via del progresso democratico. E non è vero che i campi sovietici annullano il rischio del ritorno del nazifascismo. È proprio il contrario: questi ne garantiscono la rinascita, perché confermano nelle masse popolari la convinzione che si possono rinchiudere dietro il recinto di filo spinato milioni di persone in condizioni di lavoro schiavistico e in profondo degrado umano… Quello che è permesso agli uni può esserlo anche per gli altri. Il regime concentrazionario si espande come un’epidemia al di là dei confini statali. Göbbels e Himmler sapevano perfettamente dell’esistenza dei campi di concentramento sovietici, ma questo non soltanto non li fermò nel 1933, anzi addirittura li incoraggiò autorizzandoli ad operare in assoluta libertà. I giovani venuti fuori dalla scuola dei Gulag risultano dei potenziali fascisti, pronti a vendicarsi sulla società in misura centuplicata a causa delle pene sofferte. Ho ascoltato nei campi proprio con le mie orecchie questo adagio sulla bocca di sbarbatelli, che avevano perduto qualsiasi principio morale ed umano: “Contro una dittatura serve solo un’altra dittatura!”. Per il momento, fin quando in Russia ci saranno campi di concentramento, il fascismo nel mondo non sarà liquidato. Se si vuole davvero estirpare le radici del fascismo, allora bisogna andare a cercarle nelle unità-campo del sistema sovietico. (continua)

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.