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"ke2"Within 10 seconds of Kurt Elling’s arrival on stage… one knew the only thing to do was to yield. Seduction is all about mastery, after all, and is there any more masterful singer on the planet right now?

Non occorrerebbe aggiungere altro alle parole che abbiamo estrapolato da un articolo del Telegraph in quanto fotografano in modo perfetto la più lapalissiana delle verità: Kurt Elling è, al momento, con ogni probabilità la migliore voce al mondo, il più degno erede della magnifica tradizione del Vocalese, l’eccezionale stile canoro jazz, portato al successo da gente del calibro di Jon Hendricks, Eddie Jefferson e dell’immenso Al Jarreau, che sostituisce le parole alle note delle composizioni orchestrali o delle improvvisazioni o degli assoli dei brani di estrazione jazz, immortalato ed omaggiato nello splendido album omonimo dell’85, forse il più bello dell’intera produzione dei fantastici Mahnattan Transfer non ancora orfani del mai abbastanza compianto Tim Hauser.

Ebbene, questa stella di impareggiabile valore ha illuminato la notte barese grazie ancora una volta all’annuale cartellone dell’associazione Nel gioco del jazz, che dopo averci regalato la splendida performance di Dianne Reeves ha voluto strabiliarci con un concerto che ha avuto tutti i canoni dell’evento e che non tarderemo a definire sin d’ora indimenticabile. Se permettete anche a noi un piccolo ricordo personale alla pari di quello riportato dal Maestro Roberto Ottaviano, deus ex machina dell’associazione con Donato Romito, nella sua sempre lucidissima presentazione, anche noi abbiamo avuto il"ke" nostro originario incontro con il vocalist statunitense una ventina di anni fa ed in modo del tutto inaspettato, vale a dire grazie ad una compilation dell’etichetta Blue Note che annoverava il brano “Never say goodbye (for Jodi)” tratto dal suo primo stupefacente album “Close your eyes”: fu amore a primo ascolto perché fummo immediatamente catturati da quella caldissima voce baritonale dalla sconfinata estensione che dimostrava di essere in possesso non solo di una sorprendente padronanza tecnica ma anche – qualità questa più rara – di una infinita profondità interpretativa, capace di emozionare ad ogni approccio. Da allora abbiamo seguito ogni passo del nostro, lasciandoci cullare dal suo repertorio che, spaziando tra standard e composizioni originali, che si fanno apprezzare anche per i testi ricercati, taglienti e profondi dello stesso Kurt, non ci permette di restringerlo nella categoria dei cantanti jazz, potendo benissimo richiamarsi anche alla grande tradizione dei crooner, ancor più evidente dal vivo per quella straordinaria affinità con lo stile e la presenza scenica di Frank “the voice” Sinatra.

Comprenderete bene che, con tali presupposti, le nostre aspettative per l’esibizione live fossero altissime; ebbene, possiamo dire senza tema di smentita che la realtà, per una volta, ha di gran lunga superato la fantasia. Il set proposto da Elling è stato superlativo ed ha infiammato il numerosissimo pubblico che affollava la sala dell’Hotel Sheraton, grazie anche all’apporto del magistrale quartetto formato da Stu Mindeman al piano ed "ke3"hammond, Clark Sommers al contrabbasso, John McLean alla chitarra ed Ulysses Owens alla batteria, tutti chiamati spesso a duettare con il leader, il quale, pur rilevandone le elevatissime potenzialità, era attento a tenere sempre ben stretto il bandolo della matassa, come un perfetto direttore d’orchestra. Eppure – credeteci! – l’orchestra più bella, potente e rilucente della serata sortiva proprio dalla perfetta ugola d’oro di Kurt che non tradiva mai una sola impercettibile flessione od imperfezione, sia che affrontasse il repertorio degli U2 (“Where the streets have no name”) o di Bjork (“Who is it”) – inserite nell’ultimo ottimo album “Passion world” assieme ad altre perle come “After the door” di Pat Metheny – o dei mitici Weather Report (la magnifica “A remark you made”), o ancora di eccelsi standard quali “I’ll close my eyes” dedicata ad un altro grandissimo interprete del vocalese, Mark Murphy, scomparso il 22 ottobre scorso, o ancora la sublime “Nature boy”, ormai immancabile cavallo di battaglia del nostro eroe, in un caleidoscopio di emozioni che – lo sappiamo già – sarà difficilmente replicabile.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.