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20 marzo del 1994. La giornalista Ilaria Alpi e il cineoperatore Miran Hrovatin furono uccisi con una raffica di kalashnikov poco lontano dall’ambasciata italiana di Mogadiscio, in Somalia. Trent’anni anni fa entrambi erano lì per seguire per conto del TG3 il ritiro delle truppe statunitensi dal paese, dove era in corso da anni una guerra civile. Pare che la giornalista  stesse indagando su un presunto traffico internazionale di armi e di rifiuti tossici che, con la presunta copertura della missione umanitaria, avrebbe coinvolto anche società italiane. Da quel 1994 ad oggi la vicenda è stata colorata da una lunga trafila di atti e documenti e  una  controversa coinvolgendo commissioni parlamentari, presunti tentativi di depistaggio, incarcerazioni, assoluzioni e richieste di archiviazione in attesa ancora di ottenere la verità. Una doppia verità che per molti appare lontana dal venire perché ancora coperta sa circostanze e volontà che vogliono che l’oblio, l’assopimento totale diventi ancor più prevalente. Alla fine, non sapremo cosa realmente la giornalista Ilaria Alpi aveva scoperto e ancora meno chi sono stati i mandanti dell’omicidio? Perché di omicidio si tratta. Al momento sulle pagine di una storia poco idilliaca per il nostro paese c’è la sola condanna inflitta a Omar Hassan Hashi, riconosciuto come autista del commando da un “supertestimone” somalo. Hashi finì in carcere e ci rimase da innocente per 16 anni. Finché il superteste raccontò a “Chi l’ha visto” di essersi inventato tutto. Tornato in Somalia da uomo libero, Hashi fu ucciso nel 2022 con una carica esplosiva piazzata sotto il sedile della sua auto. Poi c’è da registrare la mancata autopsia sul corpo di Miran Hrovatin, su Ilaria Alpi una semplice esame medico esterno. A Roma arrivano solo i due bloc notes ancora intonsi e i bagagli giungono con i sigilli violati. L’ambasciatore sottrae il foglio di protocollo che era contenuto nel taschino della camicia di Ilaria con appuntati dei numeri telefonici. Non si sa se poi furono ritrovati e messi a disposizione dell’autorità giudiziaria. In sintesi,  dal 2019 la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione ma il Gip ha disposto nuove indagini, che risultano tuttora in corso. Quindi formalmente l’inchiesta continua ad essere aperta . Il 16 dicembre 2013 la presidenza della Camera avvia la procedura di desecretazione degli atti acquisiti dalle Commissioni parlamentari d’inchiesta sui rifiuti e sul caso Alpi-Hrovatin che potrebbero portare a svelare intrighi internazionali. Questi i fatti, al momento. Resta il dato statistico tutto italiano che  mette in rilievo come sui grandi temi, sulle grandi ormai divenuti misteri la verità fa fatica a fare il proprio lavoro. Si dice sempre che siamo una grande nazione ma proprio il caposaldo, quale la verità, non riesce mai a trovare residenza. Perché non vogliamo far sapere ai cittadini la verità su Ilaria Alpi? Perché? Continuammo a farci del male e soprattutto attendiamo di spegnere nel 2025 la trentunesima candelina.

 Oreste Roberto Lanza

 

 

 

 

 

Oreste Roberto Lanza

Oreste Roberto Lanza è di Francavilla Sul Sinni (Potenza), classe 1964. Giornalista pubblicista è laureato in Giurisprudenza all’Università di Salerno è attivo nel mondo del giornalismo sin dal 1983 collaborando inizialmente con alcune delle testate del suo territorio per poi allargarsi all'intero territorio italiano. Tanti e diversi gli scritti, in vari settori giornalistici, dalla politica, alla cultura allo spettacolo e al sociale in particolare, con un’attenzione peculiare sulla comunità lucana. Ha viaggiato per tutti i 131 borghi lucani conservando tanti e diversi contatti con varie istituzioni: regionali, provinciali e locali. Ha promozionato i prodotti della gastronomia lucana di cui conosce particolarità e non solo.