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(Adnkronos) – Lo storico della Russia Giovanni Savino all’Adnkronos fa un bilancio delle elezioni (stra)vinte da Putin, tra voto elettronico impossibile da monitorare, accuse di tradimento e una comunità di emigrati, anche in Italia, che ha provato a mandare un messaggio a Mosca. Ma sul futuro della guerra in Ucraina peserà più il voto americano che quello russo.  
"Con un risultato così, come farà Putin a dire che c’è un nemico interno?". Per un commento sulle elezioni l'Adnkronos ha contattato lo storico della Russia Giovanni Savino, docente all’Università Federico II di Napoli, curatore su Telegram (Russia e altre sciocchezze) e Instagram (Russia.onivas) di due profili utilissimi per capire la Russia contemporanea.  Putin ha vinto con le percentuali più alte di sempre (oltre l’87%), in elezioni che il ministro degli Esteri Tajani ha definito “né libere né regolari, con Navalny che ne è stato escluso con un omicidio”. Savino mette in guardia dal considerare questo un punto di forza per il presidente russo, al vertice dal 1999: “Per raggiungere questi risultati di consenso e affluenza il governo russo ha lavorato molto, con un approccio manageriale e zero trasparenza. Basti pensare all’uso massiccio del voto elettronico, impossibile da monitorare”.  “C’è un precedente, quello delle elezioni per la Duma del 2021”, ricorda il docente, “quando a Mosca la maggioranza sembrava aver votato per i candidati non di Russia Unita, e poi alla fine il voto elettronico aveva capovolto il risultato. Già allora ci furono proteste perché era impossibile capire chi e per cosa avesse votato”.  Nel discorso alla chiusura delle urne, Putin ha parlato di una nuova élite che uscirà dalle trincee, e dall’altra parte dei ‘traditori’ che rischiano se non la pena di morte, il trattamento riservato a chi sgarra in tempo di guerra. Savino spiega che un discorso così polarizzante non si era mai visto. “Dopo le elezioni del 2012, precedute dalle ultime grandi manifestazioni di piazza che si siano viste in Russia, Putin che aveva ottenuto il 63% aveva fatto un discorso, diciamo così, di riappacificazione nazionale. Oggi punta tutto sulla contrapposizione. Ma con chi la fai se hai l’87% e gli altri partiti che hanno partecipato al voto fanno tutti parte del sistema di potere putiniano?”  Cosa ne sarà di chi ha protestato durante il voto? “Anche queste sono scene che non si erano mai viste, temo che la risposta agli atti di vandalismo ai seggi sarà durissima”, continua lo storico. “Dimitri Medvedev, sostenuto da Ella Pamfilova, presidente della Commissione elettorale centrale, ha parlato del reato di alto tradimento, con pene dai 12 ai 25 anni. Il che è inquietante: in Russia le urne sono trasparenti e ci sono state persone arrestate per aver scritto ‘Putin assassino’ o frasi contro la guerra su schede magari piegate male e leggibili da fuori dell’urna”.  Sul suo profilo Telegram, Giovanni Savino ha raccolto le testimonianze dai seggi nei consolati e nelle ambasciate di tutto il mondo, e all’Adnkronos traccia un quadro inedito: “Nelle città che sono diventate la base per la nuova emigrazione russa, come Belgrado, Buenos Aires, Erevan, Almaty, c’è stato un risultato davvero notevole: Putin fermo su percentuali molto basse e l’exploit del candidato Vladislav Davankov (ad esempio, ha ottenuto il 76% a Belgrado). Parliamo del vicepresidente della Duma, dunque una figura pienamente integrata nel sistema, ma questi numeri enormi confermano che esiste una comunità di expat che vuole mandare un segnale a Mosca”. E tra i russi in Italia? “Qui esistono due fronti, i russi arrivati negli anni ‘90 e 2000 (in maggioranza donne) che sono orientati a favore di Putin; e la nuova emigrazione fatta di ragazzi usciti dal Paese negli anni ‘10 e in particolare dall’invasione dell’Ucraina, che è sicuramente di parere diverso. Lo abbiamo visto anche con le baruffe ai seggi di Roma e Milano”, spiega Savino.  Infine, chiediamo al docente quale impatto potranno avere queste elezioni sulla guerra in Ucraina. “Temo che le elezioni che più saranno determinanti siano quelle negli Stati Uniti, a novembre. Certo, con il voto che si è concluso ieri Putin ha avuto il suo momento di (auto)legittimazione. Non credo che farà grandi rivoluzioni, pur avendo la possibilità di cambiare primo ministro o il governatore della Banca Centrale, mi sembra che l’atteggiamento sia quello di dire che tutti i vertici hanno agito per il meglio. In Russia i cambi ai vertici non arrivano subito prima o subito dopo le elezioni, perché Putin non può lasciar intendere che siano gli elettori, e non lui, a dettare l’agenda”.  Tornando alle elezioni Usa, l’obiettivo del presidente russo “è quello di tirare avanti lentamente ma inesorabilmente fino a novembre sperando in un riassetto alla Casa Bianca”, precisa il docente della Federico II. “Già la congiuntura della guerra a Gaza si è dimostrata favorevole per Mosca, con l’attenzione di Washington riorientata verso il Medio Oriente. Putin continua ad avere il vantaggio del tempo e del ‘capitale umano’: nella carneficina quotidiana, l’Ucraina può contare su un numero inferiore di persone arruolabili. La controffensiva di Zelensky non è riuscita a riconquistare il territorio sperato. Ma non dobbiamo esagerare nel descrivere questi vantaggi russi come qualcosa di insormontabile. La guerra è fatta da forze vive ed è molto difficile capire quando e come può cambiare la situazione sul terreno”, conclude Savino —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)

Redazione

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