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Il tempo del tamburo” è il nuovo romanzo di Sabina Moretti, ambientato alla fine del mesolitico e agli albori del neolitico, che avrebbe portato con sé molte rivoluzioni. L’opera ha la particolarità di essere narrata da diversi punti di vista in prima persona: non abbiamo quindi solo lo sguardo sugli eventi della protagonista Hay ma anche degli altri personaggi che le ruotano intorno, e vi è perfino il ricorso a una prospettiva collettiva in cui un gruppo di donne commenta i fatti, un po’ come accadeva per il coro della tragedia greca. L’autrice presenta un romanzo molto crudo, in cui si racconta senza filtri di un periodo storico di transizione dove la vita era semplice e pericolosa, scandita dal ritmo dei tamburi e delle ritualità. Hay è solo una bambina all’inizio dell’opera; avendo un occhio verde e uno blu, oltre che la pelle chiara e i capelli rossi, non ha un’esistenza tranquilla: la sua tribù, formata da uomini e donne di pelle e capelli scuri, non la tollera ed è convinta che sia di natura maligna – «La bambina ha dentro di sé uno spirito malvagio, che ruba, morde, graffia e urla. La sacrificheremo questa sera per cacciarlo. Mai abbiamo avuto un demone tra noi. Onoriamo il nostro Spirito Guida, che ci ha sempre protetti dai giorni di Gosba il saggio». C’è però uno sciamano di una tribù straniera, Gnu, che ha sognato quella ragazzina dai tratti fisici così particolari; lui sa che è destinata a diventare ella stessa uno sciamano, e per questo motivo la salva e la conduce con sé presso la sua gente, gli Akbi. Sabina Moretti racconta la storia della crescita di Hay in quest’opera a metà strada tra il romanzo preistorico e quello di formazione: la giovane protagonista lotta strenuamente ogni giorno della sua vita, cercando di affermarsi come donna e come sciamana nonostante i pregiudizi e la violenza che accompagnano il suo cammino. Iniziata ai misteri sciamanici da Gnu, che l’accoglie, la protegge e la ama come una figlia, Hay sviluppa un suo pensiero autonomo sulla società primitiva in cui vive, e combatte per mutare ciò che deve essere cambiato. Il neolitico è alle porte ed esige uno stravolgimento dei riti e delle consuetudini; Hay ha lo sguardo rivolto verso il futuro e potrebbe quindi essere la guida giusta per il suo popolo: l’autrice narra del suo straordinario e arduo viaggio, permettendoci di conoscere questa intensa figura di donna resiliente e tenace.

Redazione

Lsd sta per Last smart day, ovvero ultimo giorno intelligente, ultima speranza di una fuga da una cultura ormai completamente omologata, massificata, banalizzata. Il riferimento all'acido lisergico del nostro padre spirituale, Albert Hofmann, non è casuale, anzi tutto parte di lì perché LSDmagazine si propone come cura culturale per menti deviate dalla televisione e dalla pubblicità. Nel concreto il quotidiano diretto da Michele Traversa si offre anzitutto come enorme contenitore dell'espressività di chiunque voglia far sentire la propria opinione o menzionare fatti e notizie al di fuori dei canonici mezzi di comunicazione. Lsd pone la sua attenzione su ciò che solletica l'interesse dei suoi scrittori, indipendente dal fatto che quanto scritto sia popolare o meno, perciò riflette un sentire libero e sincero, assolutamente non vincolato e mosso dalla sola curiosità (o passione) dei suoi collaboratori. In conseguenza di ciò, hanno spazio molteplici interviste condotte a personaggi di sicuro spessore ma che non trovano spazio nei salotti televisivi, recensioni di gruppi musicali, dischi e libri non riconosciuti come best sellers, cronache e resoconti di sport minori, fatti ed iniziative locali che solitamente non hanno il risalto che meritano. Ma Lsd è anche fuga dal quotidiano, i vari resoconti dai luoghi più suggestivi del pianeta rendono il nostro magazine punto di riferimento per odeporici lettori.