Tempo di lettura: 4 minuti

"Metheny-1"Nei giorni scorsi abbiamo dovuto registrare l’incredula sorpresa di più di un titolato amico davanti alla nostra ferma volontà di tornare tra il pubblico di un concerto – stessi artisti, stesso tour e, con tutta probabilità, stessa scaletta – che avevamo ascoltato poco più di un anno fa; pur premettendo che sia difficile da spiegare l’apparentemente dissennata decisione, a nostra parziale discolpa affermeremo che alcuni eletti artisti non replicano mai per due volte la medesima performance, mutando ogni sera la loro esibizione, e, quindi, meriterebbero l’ascolto di più date anche nel medesimo tour, e, soprattutto, confesseremo il nostro incondizionato amore per l’Arte di taluni musicisti, al punto che siamo irrefrenabilmente spinti dall’andare ad ascoltarli ogniqualvolta ve ne sia la possibilità, anche a distanza temporale ravvicinatissima.

La nostra totale dipendenza dalla musica di Pat Metheny, ad esempio, non ci consente alcuna fredda e distaccata risoluzione: se il chitarrista del Missouri annuncia dei concerti in Italia, non possiamo non farci prendere dall’irrefrenabile voglia di fargli visita per l’ennesima volta; è accaduto così che ci siamo ritrovati in una affollatissima arena dell’Anfiteatro di Ponente di Molfetta – purtroppo assolutamente non consona all’ascolto di musica e, soprattutto, di tale livello – per un nuovo incontro – dopo quello trionfale del maggio 2017 al Teatroteam di Bari – con questo “An evening with Pat Metheny”, inserito nello stesso cartellone estivo di Bass Culture che il giorno precedente aveva ospitato un altro “mostro” della chitarra, ma con sonorità parecchio differenti, come Joe Satriani.

Pat, come è ormai sua consuetudine, sale solo sul palco, armato della sua Pikasso guitar, magico strumento dallo stesso progettato e costruito dalla liutaia Linda Manzer che unisce tre chitarre acustiche ed un’arpa, per regalarci immediatamente uno dei momenti più evocativi della serata, prima che lo raggiungano i fantastici tre musicisti che rispondono al nome di Linda May Han Oh, contrabbassista che ha innate dentro sé le sonorità della world music essendo malese di nascita ma cresciuta in Australia e residente a New York, Gwilym Simcock, pianista e compositore britannico tra i più interessanti degli ultimi decenni, come dimostrano anche i lavori come leader degli Impossible Gentlemen, il cui tocco – e diciamolo una buona volta – pur ricorda un po’ il primo Lyle Mays, e il grandissimo Antonio Sanchez, premio Oscar per la colonna sonora di Birdman, uno dei pochi al mondo che riesca a far parlare e cantare la sua batteria.

Se è vero, come è vero, che nella musica live in generale, e nel jazz in particolare, è fondamentale l’interplay, allora bisogna ammettere che i suoni che questo gruppo riesce a produrre hanno del miracoloso, con Metheny e Sanchez che dimostrano di avere i cuori che battono all’unisono, con gli stessi ritmi e fraseggi, ben supportati dalla presenza del contrabbasso e le raffinate incursioni armoniche del pianoforte; ed anche se i colloqui tra chitarra e batteria restano predominanti, Pat regala le luci della ribalta in duetti di rara bellezza anche agli altri due giganti sul palco, forte di un repertorio che tutto il mondo gli invidia e che, in questo tour, viene saccheggiato grazie all’assenza, spesso ingombrante, di un nuovo prodotto discografico da presentare al pubblico.

Scorrono così due ore e mezza di magnifica ed inimitabile musica, senza una sola flessione, che mandano in evidente visibilio il pubblico che affolla l’Anfiteatro, culminate nelle nuove versioni di brani che hanno fatto la storia del Pat Metheny Group e che hanno fatto sobbalzare il nostro cuore di fan di primo pelo, ovvero in momenti di lirismo puro, come nella riproposizione di “Always and forever”, una delle composizioni da noi preferite – per personalissimi motivi – in assoluto, che nel fantastico album “Secret story” godeva della mitica armonica del mai abbastanza compianto Toots Thielemans, o nel medley in solo alla chitarra acustica proposto nel bis. “Mi piace l’idea di mantenere aperta una composizione e lasciare che assorba tutto ciò che fluisce nel corso di un tour. A questo punto della mia carriera, ho un repertorio vasto, diventato come un’unica grande cosa, che per me non ha ormai confini o distinzioni tra questo o un altro periodo. Con Antonio, Linda e Gwilym penso che potremmo e faremo tante cose, e magari scopriremo ciò che il prossimo periodo ha in serbo per noi”, ha detto Pat e questo ci fa ben sperare, dato che, sin da adesso, non vediamo l’ora di ascoltarlo nuovamente.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.