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"Elio
Thom Pain (basato sul niente)”: è il contenuto delle parentesi che guida il personaggio di Will Eno, interpretato ieri da Elio Germano all’auditorium di Showville, un niente che forse è in realtà troppo, un niente che guardando bene, riguarda ciascuno di noi.
La spettacolo ha inizio al buio, il protagonista entra in scena a luci spente e ci accorgiamo della sua presenza solo perché prova ripetutamente ad accendere una sigaretta e, non riuscendoci, si ripete che “deve smettere di fumare”. Poi inveisce, si siede e si rivolge al pubblico: “Buonasera signori!”.
Ed è così, che, alla ricerca di un contatto con gli spettatori, inizia a leggere da un vocabolario il significato della parola “paura” e, non riuscendo a venirne a capo, chiede al pubblico: “Vi siete mai chiesti cosa sia realmente la paura? È un dato di fatto o uno stato mentale? È l’idea che abbiamo di altro fuori dall’“io”, o l’inadeguatezza di essere proprio noi stessi?”.
Thom Pain non dà tregua, non aspetta risposta ed inizia a raccontare storie apparentemente sconnesse tra loro: un bambino vestito da Tex Willer che gioca in una pozzanghera e perde il suo cane a causa di una scossa di corrente elettrica, una storia d’amore perfetta con una donna che ora non lo ama più. Una serie di episodi frammentari e senza legami logici che si alternano a domande, riflessioni, battute ironiche ma amare, considerazioni che si smentiscono dopo poco, piccole invettive che danno vita ad una sorta di stream of consciousness che non lascia prender fiato, tranne alla fine, quando si scopre che il bambino della storia sfortunata è proprio lui, Thom Pain, protagonista, anche, di un infelice amore che non smette di tormentare la sua vita di dubbi e dolore.
Eppure più si racconta, cercando di creare una connessione con chi ha di fronte, tanto più emerge il suo attaccamento ed innamoramento della vita. Esorta il pubblico a sentirsi libero di provare i propri desideri e le proprie paure e quello che era lo sfogo esistenziale di un personaggio diventa, pian piano, il possibile sfogo di ciascuno di noi: Thom Pain non è più attore, ma persona e la sua esperienza diventa universale. Alterna momenti in cui parla, ad altri in cui dichiara di voler andar via e allora scende in platea, fa battute agli spettatori, ne fa anche salire uno sul palco, ma poi lo ignora, va avanti ed indietro, ride e immediatamente dopo grida.
E’ una bella prova per l’attore Germano che ha curato personalmente la regia e ha collaborato all’adattamento italiano del testo del drammaturgo di Brooklyn, Will Eno, rendendo le emozioni di Thom Pain protagoniste assolute di questo testo.
Il protagonista chiude, infatti, il suo monologo con un quesito che però è anche un inno: “Ma non è meraviglioso essere vivi?” e si esce così dall’auditorium tra il perplesso ed il riflessivo, indecisi sul parere circa lo spettacolo, ma sicuramente con dei punti di domanda ai quali, nel nostro intimo, occorre dare risposta, magari con ironia e il sorriso sulle labbra, come Thom Pain.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.