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"download"E’ avvolto nell’oscurità, su un palco-nuvola “affetto” da smoke machine in azione perenne,  dentro un soundscape che diventa fusion empatica con l’atmosfera fumogena circostante. E’ l’enfant terrible di Bristol, l’uomo nero che si mimetizza tra le tonalità ombratili dei chiaro-scuri, la voce dark, la sensualità del camaleontismo musicale modellato ad hoc su un artista complesso che ha inventato un genere: Tricky, nome d’arte per Adrian Thaws, metonimia umana per dire trip- hop. Il genere trip-hop nato negli anni 90’ nelle urban streets di Bristol con i Massive Attack, racchiude tutta la sua essenza in quel Trip: un viaggio nella contaminazione, in un mix di stili che assume una forma propria e riconoscibile, boxes di voci calde che rallentano il fraseggio sussurrandolo.

Un’attesa misteriosa e lunga il 6 febbraio 2015 all’Estragon Club di Bologna, per un artista acclamato e per cui ci sarebbe aspettati un sold out. Un pubblico di fan e amanti dell’hip hop elettronico dalle sfumature jazz e blues. Accanto a Tricky sul palco c’era la cantante di provenienza ibrida irlandese e italiana Francesca Belmonte, in arte (in passato) Franky Riley. Dalla voce sinuosa e seducente lavora da anni con l’artista di Bristol e ha una formazione che spazia dal punk al raggae, dalla new wave al trip hop, dal jazz al rock.

Un concerto intriso di passione febbrile, il culto di un beat che scorre nelle vene, che scandisce il ritmo dell’ascolto e lo modella su un mèlange di stili. Enviroments musicali intermittenti percorrono due ore no stop di live. Tricky è doppio: dà le spalle al pubblico sorseggiando del whisky o fumando una sigaretta; è esposizione dell’io nei brani più rock: si scopre spesso la parte addominale, lasciandosi attraversare dalla sua stessa voce e penetrare da un sound viscerale.

I brani in scaletta sono tratti dagli ultimi due album “False Idols” e “Adrian Thaws” e non mancano tracce tratte dal fortunato album d’esordio: “Maxinquaye”.

Tricky fa fatica a familiarizzare subito con il palco e con il pubblico. Nello starting la sua voce è sussurrata, quasi ridotta a sospiri e i suoi lineamenti invisibili e occlusi dalle “tenebre”: Adrian sembra un’ombra che si materializza gradualmente nella voce che assume via via consistenza materica. Si inizia con una carrellata di brani tratti da “False Idols”, come “Parenthesis” e “Nothing’s Changed”. Seguono i migliori brani dell’ultimo album come “Sun Down”, “Nicotine Love” e una “Right Here” quasi interamente cantata da Tricky con un intervento finale della Belmonte. Le tonalità vocal diventano sempre più calde e le basi cupe in “Overcome”, sempre estratto dagli esordi dell’artista. La seduzione timbrica del fraseggio di Tricky è estrema in “By Myself”: il by myself diventa una dichiarazione d’identità, un denudarsi inteso come palesarsi dell’ego di Tricky, che da timido si fa “istrionico”. Un’avvolgente parentesi blues è portata da “I Had A Dream”. Il live si chiude con “My Palestine Girl”, rock elettronico sperimentale accattivante. Attraverso il teletrasporto di masse di energia dal palco al pubblico, l’Estragon Club è diventato un campo magnetico, l’attrazione irresistibile per il mistero che aleggia intorno alla figura di questo artista, la privazione della nitidezza della visione, l’ipnosi dell’apparato uditivo.

Lavinia Morisco

 

Lavinia Morisco