Tecno-disoccupazione: il presente/futuro del non-lavoro?

Con questo articolo inizia la collaborazione del Prof. Pietro Polieri dell’Università degli Studi di Bari con il nostro magazine. Si aggiunge un nuovo tassello al nostro grande puzzle e alla nostra idea di comunicazione.

La pandemia da Covid-19 ha pienamente mostrato come a livello globale sia possibile, praticabile e, per certi versi, anche paradossalmente accettata/accettabile, l’esperienza dell’implosione della dimensione del lavoro. Una serie di misure eccezionali quali chiusure, lockdown, quarantene e distanziamento sociale hanno ‘giustificato’ provvedimenti di sospensione delle attività lavorative e produttive, pubbliche e specialmente private, al solo prezzo di esigue forme di risarcimento o pseudo-sostegno ai soggetti su cui esse hanno negativamente insistito e inciso, senza che questo, soprattutto nel privato,  comportasse – in modo sostanziale e organizzato, se non in qualche sparuto caso – la reazione di quanti ne fossero stati colpiti. L’economia globale, a preponderante, si direbbe quasi esclusiva, impronta turbo-capitalistica, in pratica ha sperimentato per circa due anni un’intensificazione e un’accelerazione di strutturali processi di progressiva precarizzazione e di incipiente dis-integrazione del lavoro, e di conseguenza ha subìto uno stress pressorio grazie al quale ha potuto verificare il proprio grado di tolleranza delle trasformazioni in senso contrattivo, così da anticipare, per ragioni diverse da quelle di una sua automazione parziale o completa, lo scenario futuro di un mondo con meno lavoro o – come preconizzato da qualche studioso o analista – del tutto senza lavoro.

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