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"nm1"Come in ogni film, anche la rubrica cinematografica a cura di Nicola Mascellaro che ci ha accompagnato lungo il corso delle scorse domeniche, si avvicina ai titoli di coda. Oggi il penultimo episodio. A che punto del racconto ci eravamo lasciati la scorsa settimana?

La famiglia Passaguai è un film in cui paradossalmente nessuno recita, sembrano cioè nati per essere i personaggi che interpretano: Aldo Fabrizi è il ragioniere Beppe Valenzi, detto Passaguai, un semplicione un po’ pasticcione com’è quando non recita; assolutamente naturali sono i personaggi-attori che affollano il film: Peppino De Filippo è il collega d’ufficio, sempre curato, ben vestito, in contrasto con il trasandato Fabrizi. Apparentemente efficiente De Filippo si atteggia a uomo di mondo ma è così impacciato e timido che finisce sempre in ‘bianco’; splendida e molto naturale come sempre l’abbondante Ave NinchiTino Scotti, che nella vita non potrebbe essere diverso anche volendo, e la giovanissima Giovanna RalliCarlo della Piane, fantastiche le tre zitelle, mentre Luigi Pavese, l’unico che recita la parte del ‘cavaliere’ vessato dalla moglie gelosa."nm2"

Il film, considerato, manco a dirlo, di una comicità nazional-popolare, è uno spaccato di vita reale e credibile di una famiglia che sta uscendo dalle ristrettezze del dopoguerra con qualche gag in più, e si ride di gusto. Si ride meno, per esempio, in Signori in carrozza un film di Luigi Zampa ancora con Aldo Fabrizi e Peppino De Filippo fedele al suo personaggio di un ozioso maturo, sempre curato e ben vestito. In questo film, dal 16 novembre al cinema Oriente, si vede bene che i due attori sono perfettamente a loro agio. Diretti, con mano sicura da un regista esperto che lavora su una sceneggiatura a più mani – Age e Scarpelli, Ruggero Maccari, Fabrizi e lo stesso Zampa – Signori in carrozza è indubbiamente più corposo de La famiglia Passaguai, e Virgintino conferma il buon impianto dell’opera: "si ride molto grazie all’azzeccato tandem De Filippo-Fabrizi che con geniale e mirabile bravura danno vita a due personaggi umani e spassosissimi" tuttavia manca quella ingenuità e genuinità tipica delle cose fatte di getto.

Prima di chiudere questo lungo anno così ricco di cinema e spettacoli quasi sempre definiti spregiativamente ‘nazional-popolari’, lasciateci fare qualche considerazione sulla definizione demonizzata dalla critica. Sembra che i tanti milioni di spettatori che affollano i cinematografi dell’epoca erano marziani ignoranti e rozzi appena sbarcati sul civilissimo e acculturato suolo italico. Non è così.

"nm4"L’Italia era, nel periodo di riferimento, un Paese nazional-popolare. Il nostro mondo, le basi civili e culturali della popolazione, era il paesello, il villaggio, la campagna. L’economia stessa del Paese, prevalentemente agricola e appesantita da venti anni di fascismo, era politicamente e culturalmente nazional-popolare. Perché dunque tanta acrimonia verso il nazional-popolare?

Potevano gli italiani all’improvviso svegliarsi da un lungo sonno, rinsavire e trovarsi allo stesso livello dei ‘nostri’ acculturati critici? Certo che non potevano. Allora cosa pretendevano dalla gente o da chi faceva spettacolo in quegli anni? Dopotutto il cinema, gli spettacoli nazional-popolari degli anni che stiamo rivisitando non erano volgari, come certa roba che gira nelle sale cinematografiche e in Tv oggi; non erano diseducativi e non facevano del sesso e dell’arrivismo la ragione di vita dell’individuo.

L’ultimo giorno dell’anno il cinema Impero porta sullo schermo Guardie e ladri un film di Mario Monicelli e Stefano Vanzina interpretato da Totò e Aldo Fabrizi per la prima volta insieme e, primo film della neonata casa di produzione cinematografica Ponti-De Laurentis. Il film è considerato un’opera che segna il passaggio fra il neorealismo e il nascente filone della commedia all’italiana e opera un radicale mutamento nel grande attore napoletano che con Guardie e ladri mette a tacere tutti i suoi detrattori, tutti quelli che lo consideravano un clown, un prodigioso pupazzo meccanico, un mimo eccezionale."nm3"

Guidato da Steno e Monicelli, che avevano già diretto il comico napoletano nel film Totò cerca casa, i due registi offrono un saggio delle potenzialità di Totò, in Guardie e ladri Totò si trasforma completamente, diventa un ‘attore’ vero, capace di far ridere e commuovere recitando in modo semplice, senza scatti e mossette, frenando così il ‘capocomico’ del teatro di rivista che invariabilmente emergeva e portava al cinema in assenza di registi che facevano pesare il loro mestiere.

La metamorfosi di Totò sorprende tutti, non Virgintino che in Totò cerca casa sottolineava quanto la regia avesse influito e operato per "mettere in risalto il vero attore, per sfruttare le possibilità di Totò, quella fluida, incessante vena umoristica che rivela la professionalità del principe Antonio De Curtis, ma che meglio ancora si può fare".

E aveva ragione. In Guardie e ladri "la maschera di Totò sbalordisce per sobrietà e sincerità" ma è possibile che abbia influito la presenza di Aldo Fabrizi, misurato e umanissimo, a far scattare quella molla competitiva che ha contribuito a ‘trasformare’ il grande comico napoletano.

La rubrica "Storie di film e dintorni" torna domenica prossima con il "gran finale".

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.