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"uruk"Sarà una riapertura parziale, non molte sale e per un pubblico selezionato, prevalentemente scuole e studiosi. Non ci saranno, ancora per un po’, gli strepitosi ori dei corredi, il mitico vaso di Uruk, alcuni fra i pezzi più belli, tutti ancora al sicuro nei caveau. Ma a Baghdad è festa per la storica riapertura del Museo nazionale, chiuso praticamente da venti anni, saccheggiato, depredato, devastato dalla furia dei vandali nel drammatico aprile del 2003. E poi restaurato grazie al contributo economico – più di un milione di euro – le idee e il lavoro degli esperti italiani.

L’inaugurazione, in una bolgia di telecamere, scorte armate, vip locali, è tutta nel segno dell’orgoglio iracheno. C’è il primo ministro Noori Al Maliki e c’è il ministro del Turismo e delle Antichità Kathan Abbas al Jabami, che sottolineano come per la città, per il Paese, questa sia una giornata storica, un passo verso la cultura della pace. Intervistati, ringraziano gli italiani. «Speriamo che la collaborazione continui», dice il primo ministro. La folla intanto invade le sale del grigio museo costruito alla fine degli anni ’50 dal tedesco Werner March. La delegazione italiana – insieme con l’ambasciatore Maurizio Melani ci sono il capo di gabinetto del Ministero dei Beni Culturali Salvo Nastasi, il direttore generale del Ministero Giuseppe Proietti, il progettista della ristrutturazione italiana del Museo Roberto Parapetti, il consigliere di Bondi per i musei Mario Resca – stupisce.

Si pensava di trovare aperte solo le quattro splendide sale ristrutturate con il progetto italiano, la strepitosa Galleria Assira con i monumentali Lamassu, corpi di toro alato con testa d’uomo che presidiavano la porta dell’antica città di Khorsabad (VIII secolo a.C.) e le sale islamiche. Invece, a sorpresa, ci sono vetrine allestite seppure per lo più con oggetti non sempre di grande valore, anche in diverse altre sale dell’edificio. L’ambiente è spoglio, con gli alti muri di cemento dell’architettura razionalista e i muri tinteggiati di un pallido celeste. Eppure, inaspettata e incredibile, proprio nella prima di queste sale, c’è la testa della donna di Uruk (3.200 a.C.), una delle icone di questo fantastico museo che con i suoi tesori raccontava la prima storia della civiltà occidentale. L’impatto è emozionante, centinaia le foto amatoriali. La monumentale solennità della Galleria Assira, capolavoro dello staff italiano, aggredisce il visitatore quasi alla fine del percorso. Qui ci sono luci studiate, impianti di aerazione, allarmi e finalmente la ricostruzione di quella che era la porta della città di Khorsabad. Ci sono i Lamassu e i pannelli di pietra scolpita, che decoravano i palazzi di Nimrud e Khorsabad. «E’ fondamentale essere qui», commenta entusiasta il direttore generale in pectore dei musei italiani Mario Resca, «finalmente parliamo di pace». «Penso che potremo fare ancora e di più», sottolinea orgoglioso Nastasi. Un evento che ha a monte «un grande lavoro del sistema Italia», fa notare a sua volta l’ambasciatore. Proietti, che a Baghdad tornò a lavorare già dai giorni immediatamente successivi al saccheggio, sorride. Da fare c’è ancora molto, spiega, ma lo sforzo italiano non si ferma. Ci sono voluti cinque anni di lavoro per arrivare a questa giornata. E nel futuro prossimo c’è la riapertura di altre quattro piccole sale da destinare a mostre a rotazione, la Dama di Uruk, vanto e speranza dell’Iraq, ma in fondo anche un po’ italiano, potrebbe trovare qui uno spazio più adeguato.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.