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L’immagine di Adolf Hitler genuflesso e con le mani giunte non farà da pubblicità alla mostra di Maurizio Cattelan, in programma al Palazzo Reale di Milano dal 24 settembre.

L’alzata di scudi della Comunità ebraica contro l’ipotesi di vedere la città tappezzata di manifesti raffiguranti il Fuhrer ha convinto anche l’assessore alla Cultura di Milano Massimiliano Finazzer Flory a bloccare i poster. Per la verità il carattere provocatorio dell’immagine, che raffigura una scultura di Cattelan non prevista nell’esposizione milanese, aveva già spinto ieri Antonio Acerbo, direttore generale del Comune, a congelare le affissioni.

La presa di posizione della Comunità ebraica ha quindi portato l’assessore Finnazer Flory a confermare una decisione già presa nei fatti. «Ritengo che il manifesto sfrutti la provocazione – ha osservato il presidente degli ebrei milanesi Roberto Jarach – per il lancio promozionale della mostra. Ma in questo caso c’è un elemento che urta la sensibilità nostra e di molti e che prevale sul messaggio sarcastico del pentimento di Hitler: per questo mi sento di rivendicare l’inopportunità di una simile operazione».

Al posto del Fuehrer genuflesso, sui manifesti della mostra ci sarà soltanto il nome a caratteri cubitali di Maurizio Cattelan. «Prendo atto che purtroppo le valutazioni sul manifesto artistico di Cattelan si stanno spostando sul terreno storico e politico – ha riconosciuto Finazzer Flory – come assessore non posso non accogliere la perplessità dei rappresentanti della Comunità ebraica sull’utilizzo del manifesto in uno spazio pubblico».

Per un artista come Cattelan, noto per le sue provocazioni, non poteva esserci lancio migliore di queste polemiche per la sua mostra a Milano, città che seppe turbare già nel 2004 quando impiccò a una quercia alcuni pupazzi dalle sembianze di bambini. Quello dei manifesti con Hitler è infatti solo l’ultimo di una serie di imbarazzi cui l’artista ha costretto la Giunta Moratti.

Già l’estate scorsa il sindaco aveva deciso di stralciare dalle opere in esposizione la scultura di un cavallo morto sormontato dall’acronimo cristiano Inri. Poi è stata la volta dell’enorme dito medio che Cattelan ha imposto di collocare in piazza Affari. E anche in quel caso è stata Letizia Moratti a dover convincere la recalcitrante Borsa Italiana, oltre ad alcuni suoi assessori, della bontà dell’iniziativa.

L’unico a rallegrarsi di questa vicenda, da lontano spettatore, è l’ex assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi, che a Milano si vide censurata la mostra «Vade Retro» sulla omosessualità nell’arte e fu poi licenziato per incompatibilità con il sindaco Moratti. «O un artista è libero di esprimersi – ha osservato Sgarbi, oggi curatore del padiglione Italia alla Biennale – o è un impiegato. Cattelan rinunci alla sua mostra a Milano e venga alla Biennale di Venezia. Lo invito di persona, perché sono consapevole di quello che può fare e non lo temo».

foto di Michele Traversa 

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.