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"giorgiacoluccia"Con questo articolo Giorgia Coluccia continua la sua rubrica, «Le favole di psiche: una ginnastica per la mente», per il nostro giornale. Psicologa nata a Bari, città dove vive e lavora. Laureata presso l’università degli studi “Gabriele D’Annunzio” di Chieti-Pescara è attualmente specializzanda presso l’Istituto Romano di psicoterapia psicodinamica integrata (IRRPI), DI Roma.

Quest’oggi ho pensato di raccontarvi una storia in cui si parla di un padre di un figlio e di un cammello. I cammelli fanno pensare subito al deserto o se non proprio al Sahara, almeno ad una di quelle regioni più vicine alla costa che da Marrakech si stendono fino al delta del Nilo e se volete anche oltre nelle terre bagnate dal Tigri e dall’Eufrate. Vi esorto, come sempre, a mettere in moto la fantasia e immaginare questo padre premuroso di carnagione scura, dai lineamenti mediorientali, barba riccia e nera che torna in paese dopo una intera giornata di lavoro. Percorre la strada a piedi tenendo per le redini il suo cammello sul quale ha sistemato il figlio di quindici anni. Incrociano un viandante. L’uomo fissa il ragazzo con uno sguardo di condanna poi allarga le braccia e mormora: “Sei diventato grande, dovresti far riposare tuo padre invece di lasciarlo a piedi!” Subito il ragazzo tira sulle redini, ferma il cammello e scende. “Papà, il signore ha ragione è giusto che salga tu qui a riposarti un po’”. Così fanno, il padre sale sul cammello e il figlio prosegue a piedi. Dopo un paio di chilometri però incrociano un secondo viandante il quale guarda la scena e rimprovera il padre. “Ti sembra giusto lasciare un ragazzo a piedi mentre tu te ne stai comodo in groppa al tuo cammello?”. Il padre osserva l’uomo, ne segue il cammino con lo sguardo e quando questi è ormai lontano decide di far salire in groppa anche il figlio.

Ormai è pomeriggio inoltrato, il paese è ancora lontano ma il sole scende sempre più verso le colline ad ovest. L’ombra dell’animale con in groppa i suoi due passeggeri si allunga sulla strada sterrata fin nei campi in mezzo ai cespugli. Incontrano un terzo viandante. “Non avete rispetto degli animali – protesta – in due su quella povera bestia!” Il padre a quel punto scende dal cammello. Il figlio lo segue subito dopo. Raggiungono così il paese, a piedi, tutti e tre, uno di fianco all’altro. Sulla strada però a poche centinaia di metri dalle prime case incontrano l’ultimo viandante che li osserva e scoppia in una fragorosa risata. “Questa poi! Che l’hai comprato a fare il cammello se non lo fai lavorare?”

"giudizio"Qualcuno fra voi ha incontrato viandanti come questi? Credo di si. Le strade del mondo ne sono piene. Penso sia un’esperienza piuttosto diffusa. Tutti lì pronti a giudicarti, ognuno a dire la sua, a qualsiasi costo, il più delle volte conoscendo poco o niente ciò che giudicano. Si parla in base ai propri convincimenti, agli schemi di valori cui si è obbedito per anni. Sarà forse un modo di controllarle ma è più comodo prendere le cose (leggi oggetti relazionali) che incontri nella vita e infilarle dentro grandi scatoloni con sopra scritto “giusto” o “sbagliato” senza darsi pena di cercare la verità, conoscerla e magari impegnarsi a capirla.

Quest’oggi tuttavia, forse sorprendendo qualcuno fra voi, non voglio parlarvi dei viandanti ma del padre. Non del giudizio degli altri cioè ma del nostro modo di porci di fronte al giudizio. Non incuriosisce anche voi sapere che cosa passa nella testa di questo padre al termine del suo viaggio? Lo abbiamo visto assecondare tutti con un atteggiamento mite e accondiscendente. Ma cosa bolle nel suo animo? E voi, come vi sareste comportati al suo posto? Dipende dal carattere certo, anche se possiamo azzardare qualche schema di comportamento.

La maggior parte delle persone reagisce in due modi. O se ne infischia e magari dopo un attimo di sorpresa (più o meno dilatata in base alla propria indole) risponde con un poderoso andate tutti a quel paese con frasi colorite a seconda delle latitudini; oppure si fa condizionare facendo in sostanza ciò che gli altri ritengono giusto soprattutto se questi altri hanno il potere di arrecar loro danno. Peraltro, in un’epoca in cui conta sempre più ciò che appare rispetto a ciò che è, molti (quasi tutti in verità) desiderano piacere. Anche compiacere. Ed è vero che in alcuni casi i più volitivi tirano dritto per la propria strada ignorando le critiche, ma senza reagire e quando sono certi di esser soli tornano a fare ciò che ritengono senza urtare così la suscettibilità dei viandanti. Infondo, pensateci, anche chi li manda a quel paese in malo modo vuol dare comunque un’immagine vincente di sé, di uomo libero. Cioè vuole piacere. Ignorando che anche questa è una reazione e quindi non è mai espressione di vera libertà.

Il padre della nostra storia come si sarebbe comportato, come un debole? Avrebbe solo obbedito per evitare le critiche, magari riproponendosi in futuro un silenzioso e gigantesco: la prossima volta farò a modo mio? Può darsi. A me piace credere però che ci sia un’altra chiave di lettura del suo comportamento. Qualcosa di raro e come tutte le cose rare, preziosa. Pensateci! Io ve la svelerò la prossima volta. A presto amici! Un saluto dalla vostra Giorgia.

Per informazioni e contatti: giorgia.coluccia@libero.it

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.