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L’eccezionale talento della dinastia dei Brueghel sarà in mostra a Roma dal 18 dicembre al 2 giugno negli spazi del Chiostro del Bramante. Esposte cento opere provenienti dalle maggiori raccolte internazionali, pubbliche e private, per una rassegna che, dopo le due edizioni a Tel Aviv e a Como, porta per la prima volta nella capitale i capolavori della famiglia di pittori tra le più celebri del ‘500-‘600 europeo.

‘Brueghel. Meraviglie dell’arte fiamminga è curata da Sergio Gaddi e Doron Lurie, conservatore dei Dipinti Antichi al Tel Aviv Museum of Art, mentre l’organizzazione di questa tappa romana (arricchita da una ventina di importanti dipinti) è di Arthemisia Group e il Dart Chiostro del Bramante (che dal 19 novembre aprono le prenotazioni). Così come è stata concepita, con opere conservate in istituzioni museali affiancate da altre molto rare custodite in collezioni private e mai esposte nella città eterna, la mostra rappresenta una grande opportunità per approfondire la conoscenza sulla pittura fiamminga. Basti pensare a dipinti, mai visti prima in Italia, come ‘Le sette opere di misericordià di Pieter Brueghel il Giovane o ‘Il ciarlatanò della scuola di Hieronymus Bosch (1500).

E proprio dal rapporto che con Bosch ebbe il capostipite dei Brueghel, Pieter il Vecchio (1525/1530-1569), inizia il racconto espositivo della dinastia. Del maestro spirituale, Pieter Brueghel il Vecchio seppe approfondire in chiave terrena le visioni oniriche, passando da uno stile ricercato e concentrato sulla tradizione a uno più incentrato sulla realtà. Prestando grande attenzione al paesaggio e al rapporto uomo-natura, attraverso scene di danze contadine e proverbi figurati, che cambiarono definitivamente la pittura fiamminga aprendola alla modernità.

Questa rivoluzione di temi e poetiche già all’epoca si tradusse in un’incredibile successo presso la committenza internazionale e, dopo la morte di Brueghel, i registri del comico e del grottesco tipici dei suoi lavori, assunsero una valenza educativa subito raccolta dai figli Pieter il Giovane (1564-1638) e Jan il Vecchio (1568-1625). Il primo, rispetto al fratello, ricalcò più da vicino le orme del padre, di cui però seppe rinnovare le tematiche attraverso una personale elaborazione, come testimoniano in mostra opere quali Trappola per uccelli (1605), splendido esempio del Barocco Fiammingo. Mentre Jan il Vecchio, soprannominato ‘dei velluti per la preziosità della sua tecnica, si dimostrò invece più orientato al rinnovamento stilistico, diventando il riferimento per gli artisti successivi.

La genealogia si ramifica poi, dal patriarca alla sua più lontana discendenza, in una complicata rete di relazioni, presentata nell’esposizione romana con precisione e rigore fino agli undici figli di Jan il Giovane, di cui cinque pittori. In pieno ‘600, lo stile Brueghel aveva assunto i tratti di un vero e proprio marchio di qualità. Fino a incarnare, coralmente, lo stile e le tendenze di oltre un secolo di storia dell’arte.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.