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"vincent99"
Vi ricordate le divertenti stoviglie animate, le musiche bellissime, le splendide coreografie, le stanze incantate del castello con cui la Disney ha trasformato “La Bella e la Bestia” in una delle fiabe più magiche di tutti i tempi? Be nella pellicola di Christophe Gans non c’è nulla di tutto questo! La sua è una rivisitazione in chiave epica e romantica del racconto originale, pubblicato per la prima volta nel 1740 da Madame Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve. Il regista si allontana marcatamente anche dalla precedente versione cinematografica di Jean Cocteau, non solo per l’uso massiccio di effetti speciali ma perché porta sullo schermo elementi narrativi (la figura del padre mercante, le sorelle perfide, il passato della bestia) che l’apprezzato lavoro del 1946 tralascia.

La trama si snoda su un doppio asse temporale. Alla storia d’amore ambientata intorno al 1800, s’interseca il passato del principe vissuto tre secoli prima, che serve a spiegare la sua trasformazione in bestia. A tutto questo, si aggiunge una cornice abbastanza scontata che trasporta i personaggi in una dimensione ancora più moderna, finendo però per palesare (troppo presto!) agli occhi dello spettatore, ciò che sarebbe dovuto rimanere nascosto. La pellicola, in realtà, lascia molto spazio a Belle, alla sua vita e alla sua famiglia numerosa. Al contrario, la Bestia sembra quasi una figura secondaria e poco approfondita, a tal punto che alcuni passaggi della sua relazione con la fanciulla diventano illogici. Dei modi seducenti che, secondo Gans, avrebbero dovuto compensare il suo aspetto fisico, non si vede nemmeno l’ombra e, a livello emotivo, è anche peggio perché non c’è una vera redenzione né vengono fuori i lati positivi del suo carattere. Quindi l’innamoramento della ragazza, invece di diventare la forza trainante dell’intero racconto, appare come una reazione assolutamente ingiustificata, perché non supportata da un reale cambiamento della creatura che, fino alla scena precedente, è considerata ripugnante.

"labellaelabestia"
Gans cerca di accentuare il lato meno conosciuto della fiaba e, soprattutto, l’atmosfera cupa che trova un punto di forza nel castello gotico. In realtà, questa ambientazione maestosa non è affatto sfruttata al meglio, gli effetti speciali (tanto abbondanti) avrebbero dovuto evidenziare il lato spettacolare della dimora principesca che invece resta ben nascosto. Tutto (tranne gli appariscenti abiti imperiali di Belle) appare coperto da una patina di grigiore che appesantisce il contesto di una pellicola già di per sé noiosa. Oltretutto nel castello si aggirano strane creature animate che lasciano perplessi, perché sembrano personaggi (se così le vogliamo chiamare) messi lì a caso, senza nessuna utilità ai fini della trama né tanto meno ai fini del divertimento. Nemmeno il richiamo agli dei e alla mitologia greca e romana o le interpretazioni di Vincent Cassel e Léa Seydoux aiutano a dare movimento a una storia che rimane lenta fino alla fine e che, soprattutto, non è in grado di coinvolgere lo spettatore. Viene, dunque, da chiedersi: cosa ha spinto Christophe Gans a proporre una simile rivisitazione de “La Bella e la bestia”?

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.