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Questo film è un segnale. O meglio, è l’ennesimo segnale. Dopo “Detachment” e “Monsieur Lazhar”, ecco un altro film che ha come protagonista un supplente e come location la scuola.
Prima gli Stati Uniti, poi il Canada (con un po’ di Maghreb) e ora l’ Italia: i registi cominciano a sentire il bisogno di affrontare i problemi dell’educazione e dell’ insegnamento nella società odierna, piena zeppa di cambiamenti, di situazioni disagiate, di avvenimenti sconvolgenti e di bambini che crescono troppo in fretta e quasi sempre con esempi sbagliati davanti agli occhi.
Piccioni ci racconta lo spaccato di un liceo romano, dove la preside (Margherita Buy) è precisa, maniacale e tenta di mantenere sempre un distacco professionale con insegnanti e alunni, così da non farsi mai coinvolgere in prima persona e sentimentalmente; Riccardo Scamarcio è il giovane supplente Giovanni Prezioso, di buon animo e belle intenzioni, colto, rispettoso, ma soprattutto illuso di poter toccare l’indole e la mente dei giovani allievi, provocando in loro una scintilla dal nome “cultura”.
Roberto Herlitzka è il suo opposto: è il professor Fiorito, l’insegnante vecchio e cinico, che non ha più un briciolo di speranza nel futuro dei giovani e che si è stancato del mondo e della propria vita, fatta solo e unicamente di autocompiacimento, isolamento letterario ed intellettuale e asocialità totale.
A tutti e tre succede qualcosa che cambia il loro modo di vivere e lavorare, coinvolgendo sia la scuola sia la vita privata. La preside si ritrova a salvare ed accudire un ragazzino abbandonato dalla famiglia e malato di polmonite, con cui instaura un rapporto materno, assolutamente contro ogni sua previsione e contro ogni sua convinzione. Lei prova ad essere fredda e distaccata, ma l’affetto verso questo ragazzo le smuove (finalmente) il cuore e piano piano si lascia andare, probabilmente per la prima volta, a provare dei sentimenti sinceri per qualcuno.
Il buon insegnante supplente all’ inizio subisce la maleducazione ed il menefreghismo degli alunni, poi riesce a coinvolgerli, a diventare (vista anche la sua giovane età) uno di loro, ad amalgamarsi ed insinuare nella loro testa un barlume di curiosità verso la cultura. Purtroppo gli va davvero male con la sua alunna “preferita”: non perchè sia brava a scuola (tutt’altro), ma perchè è quella più “adulta” e con problematiche personali molto importanti, che la allontanano dalla scuola e dall’ istruzione, perciò lui la prende a cuore più di tutti gli altri.
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E il burbero e vecchio professor Fiorito viene ricontattato dopo anni da una sua ex allieva, che per breve tempo gli farà ritrovare il piacere di vivere e di essere apprezzato per essere un uomo colto in un mondo vuoto e non istruito.
Parallelamente Piccioni ci narra anche la storia di un giovane alunno immigrato dall’ Albania, molto bravo e studioso, con la sua famiglia che compie notevoli sforzi e sacrifici per potergli dare una vita degna in Italia. Ma gli viene affiancata la vicenda autodistruttiva e poco credibile di una bella ragazzina sedicenne che interpreta una specie di Courtney Love adolescente: con il resto del film c’entra davvero poco e rovina la storia molto interessante del ragazzo.
Purtroppo i finali dei rispettivi tre protagonisti sono un po’ troppo “italiani” e melodrammatici, più vicini alla soap opera che al film.
Piccioni scrive questo film traendo spunto liberamente dal romanzo omonimo di Marco Lodoli, conducendoci in questo piccolo viaggio nella realtà odierna della cultura scricchiolante del Bel Paese. Le ragazze preferirebbero andare in tv, i ragazzi si comportano da ignoranti sbruffoni come i loro idoli calcistici, gli insegnanti tentano in tutti i modi di recuperarli e di dar loro degli insegnamenti di vita, ma sembra sempre fatica sprecata. Certo però è bello vedere che ogni tanto l’impegno e lo sforzo possono essere ripagati. Un bel voto in un compito in classe, un coinvolgimento particolare in una materia, un lavoro di squadra per una ricerca…o semplicemente un sorriso sincero. Margherita Buy è, ahimè, un po’ troppo triste: viso corrucciato, occhi sempre lucidi, perenne espressione sofferente. Forse eccessivamente melodrammatica visto il suo ruolo e la vicenda che la coinvolge nel film.
Riccardo Scamarcio invece mi è piaciuto abbastanza. E’ credibile come giovane professore ed è bravo nell’ instaurare il rapporto sia con i ragazzi sia con Angela, l’alunna problematica. Ogni tanto si esibisce in una delle sue “Blue Steel” e sul finale ci regala anche una “Magnum”, però lui ormai è così, questo è il suo modo di recitare.
A Roberto Herlitzka darei il David di Donatello seduta stante. Una delle interpretazioni migliori negli ultimi anni del cinema italiano. Lui è un immenso attore teatrale, ma anche nel cinema può regalare emozioni incredibili. Lo ricordiamo nei panni di Aldo Moro in “Buongiorno, notte” di Bellocchio e, ovviamente, nel favoloso ruolo “quasi comico” di Orlando Serpentieri nella serie tv “Boris”. Ne “Il Rosso e il Blu” dà una prova sublime di comicità e tragicità. Il suo professor Fiorito fa morire dal ridere in siparietti fantasiosi tutti da godere e sa far rattristare in momenti drammatici.
Cito infine una strana comparsata di Gene Gnocchi nel ruolo del convivente della preside e le buone prestazioni attoriali dei giovani Silvia D’Amico e Davide Giordano: bravi ragazzi, continuate così.
Ora aspettiamo che qualche altra nazione affronti la tematica della scuola e dell’educazione dei ragazzi, argomento al giorno d’oggi importantissimo e di cui tenere decisamente conto.
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Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.