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"moretti"
"Cambia el clima con los añoscambia el pastor su rebañoyasí como todo cambiaque yo cambie no es extraño…." Canta così Mercedes Sosa nell’ultimo film di Nanni Moretti ed è questa forse la chiave di lettura dell’intera pellicola. Sentiamo di definirla un capolavoro contro ogni polemica. Anche chi non ama il cinema del girotondista più famoso d’Italia può trovare in questo singolare lavoro molti spunti di riflessione intorno all’uomo contemporaneo e all’essenza. La prospettiva di fede è totale dall’inizio alla fine e pervade ciascun frame del film. La Chiesa è dipinta come madre che accoglie tutti coloro che si rivolgono ad essa o che vi entrano in contatto ed essa si propone come una risolutrice delle difficoltà di tutti coloro che si pongono al suo interno. Essa si mostra comprensiva contro ogni evidenza, umile straordinariamente e meravigliosamente vitale anche nei confronti dello sconvolgimento personale di un Pontifex Romanus che appena eletto non si sente all’altezza del suo ruolo di pastore e fugge via. Non è la storia di papa Celestino V, come lo stesso Moretti fece rilevare nel tentativo di occultare la trama del film, costretto ad abdicare per infinite ragioni alcune delle quali mai del tutto chiarite, ma l’ipotesi contemporanea dello sconvolgimento personale di un uomo scelto per il ruolo più importante della cristianità e che umanamente confessa di non farcela. E’ un film sulla umanità delle gerarchie ecclesiastiche, nel rispetto dei ruoli, psicanalisi e fede si studiano a vicenda si stuzzicano giocano, scambiandosi i ruoli, un po’ sospettose l’una dell’altra, consce fino in fondo dei loro limiti, nella perfetta convinzione di aver fede solo in se stessa, ma non sottraendosi mai al dialogo. Non ci troviamo – come molti vorrebbero farci credere – davanti ad un film blasfemo o anti-cattolico, ma semplicemente in un’operazione che scherza su tutto ciò su cui è lecito scherzare – perché come ribadisce anche la Tosca di Puccini – “scherza coi fanti ma lascia stare i santi!”. I santi chiaramente, in questa prospettiva laica, comunque di rispetto per la Chiesa e per la Fede altrui, non possono essere coloro che fanno i miracoli ma i sant’uomini, i più buoni di tutti, i giusti tra gli uomini. Una prospettiva tipica della cultura cristiana orientale in cui ogni implorazione di bontà veniva riconosciuta degna di onore tanto da Dio quanto dagli uomini e per questo esaudita. Per questo il collegio cardinalizio del film di Moretti è fatto tutto di uomini pii, che agiscono in obbedienza allo Spirito del loro mandato. Eligendo Romano Pontefice, nessuno chiede per sé il Soglio di Pietro, anzi tutti coloro che sono favoriti pregano, come nell’Orto del Getsemani, che da loro venga allontanato il calice del Pontificato, per estrema umiltà.  Qui si conclude la prima parte del film per proseguire nella seconda incentrata soprattutto sull’umanità e sul grido sconvolgente del Papa neo eletto che si rifiuta di affacciarsi al balcone, tra lo sgomento dei cardinali e della folla astante.  Cerimonieri di tutta l’operazione sono il responsabile della sala stampa vaticana (Jerzy Stuhr), il Decano del Collegio Cardinalizio (Renato Scarpa) accanto ai quali spicca la figura di uno sgangherato giornalista del TG2 interpretato dall’ottimo Enrico Ianniello. A partire da questo punto la pellicola assume toni di farsa, imitando e sbeffeggiando in più di un tratto il film di Ron Howard "Angeli e Demoni" incentrato tutto sulla morte di un papa e sull’elezione del suo successore. I toni rocamboleschi della si accendono soprattutto nella riunione della Security Vaticana in cui un bravissimo Tony Laudadio imita alla perfezione, in maniche di camicia, Pierfrancesco Favino, programmando il percorso di uscita in incognito del Papa dal Vaticano. ll gioco delle citazioni che Moretti compie non risparmia nessuno e comprende molti registi italiani e stranieri tra i principali Michael Anderson regista dell’Uomo venuto dal Kremlino in cui il metropolita Kiril Lakota, arcivescovo di Leopoli, viene eletto Papa e sente strette tutte le imposizione che gli giungono dalla curia romana, accanto a questa Moretti cita Ferzan Özpetek in un gioco di reciproci rimandi quando la guardia svizzera messa nelle stanze vaticane a simulare la sagoma del Papa, bivacca con ogni sorta di cibo compresi i pasticcini e tanto cari al regista turco e muove le tende degli appartamenti pontifici guardando dalla finestra che è siaFinestra di fronte che, hitchcockianamente, Finestra sul cortile.Evidentissimi sono, poi, i riferimenti a due capolavori del cinema italiano, presenti nella terza parte diHabemus Papam. ll primo è nei confronti di Teatro di guerra. Nel passaggio in cui quando gli attori provano a teatro, il papa assiste in incognito alle prove e tutta la scena è ripresa dal punto di vista degli attori sul palco in modo molto simile a come fece Mario Martone nel 1998 per giunta Moretti utilizza un attore presente proprio in quella pellicola, il bravissimo Roberto De Francesco. Ultimo riferimento è infine a Senso di Luchino Visconti sempre nel teatro ma questa volta la sera della prima, quando i cardinali cercano con un imponimento di costringere il Papa a rivelare la propria identità. I cardinali irrompono tutti nel teatro ordinatamente e la macchina da presa indaga con movimento circolare la perfetta disposizione dei prelati che sfoggiano le loro sfavillanti mantelle rosse.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.