Tempo di lettura: 2 minuti

"dopolavoro""Dopolavoroferroviario": fin dalla title-track, l’ album della rock-band barese Dopolavoro Ferroviario, in uscita da qualche tempo, è un invito a lasciarsi attraversare dall’energia e mantiene le promesse che stringe subito con l´ascoltatore, riservandogli il pieno di carica, nelle tappe da una traccia all´altra delle undici che compongono il cd.

Le canzoni non sono in realtà propriamente inedite: un precedente demo, più ampio, le aveva già fatte circolare, seppure tra pochi e questa è un po’ un’ccasione persa, perché nel frattempo di inediti il gruppo ne ha accumulati e chi ha avuto il piacere di farsi travolgere dai loro live sa che i Dopolavoro Ferroviario sono andati avanti, a colpi di testi graffianti, nuovi brani altrettanto (e forse ancor più) articolati musicalmente, emozionanti ballate.
Ma che tipo di energia sprigionano queste canzoni, composte testo e musica dal carismatico frontman Mario Savoldelli ed arrangiate dalla band al gran completo, di ottima fattura. "Impiegato dell’arte" offre un saggio di un’energia davvero esplosiva, in un singolo perfetto, un campione di lava che scorre tra bassi, scosse di batteria, riff vorticosi di chitarra, senza scampo. Nel disco trova spazio anche l´energia interiore ed emotiva che dissemina brividi ad esempio tra le note dell’intensa rock-ballad "Ricco e comunista", cullata dagli archi sintetici e sospirosi e da chitarre d´effetto, delicata e irresistibile come una brezza umida che filtri tra porte e finestre socchiuse e faccia arrossare gli occhi, tra dolcezza e malinconia.
Corrosivi sono molti pezzi in cui i Dopolavoro Ferroviario distillano rock allo stato puro, nudo nelle ritmiche in primo piano o nei volumi delle chitarre (senza necessità di ovattare il sound in sperimentazioni che abbiano il sapore della falsificazione), ma anche raffinato nell´elaborazione dei suoni, aggressivi talvolta, ma sempre curati nell´arrangiamento e nell´impatto emozionale.
Sia nei momenti più intimisti, acustici e raccolti (come nelle pause più vaporose dell´ottima e sorprendente "America", camaleontico brano con teatrali archi quasi prog, o ancor di più nella struggente ed impetuosa insieme "Voglio cambiare"), che in quelli più vibranti e violenti, in odore di hard rock (ad es. in "Sono solo un ragazzo"), il referente più opportuno per la band restano i non a caso amati echi anni ‘70, ma in generale il gruppo sembra trovare una sua collocazione personale nell´alveo prestigioso dell´alternative rock italiano rinnovato da Afterhours & co.

I testi mostrano disincanto che si fa ironia sociale, sasso contro la sorte e rabbia contro il disorientamento di un mondo in cui tutto è in vendita e in vetrina, ma diventa anche riflessione intima, irrorata quasi da una fiducia inconfessata che, nonostante la vita sia scuola di cinismo, dietro la "farsa" sia ancora possibile la poesia (in un altro luogo, in un altro tempo).
Il disco si chiude con l´originale "Oggetti perfetti", che parte lieve e classica, per poi lasciare una fiammata rock come firma finale e biglietto da visita della band. O come biglietto di sola andata.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.