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"IMG_0127"Masterclass al femminile quella di stamane, al Teatro Petruzzelli, per la penultima giornata del Bif&st 2017. Fanny Ardant e Margarethe von Trotta, moderate dal Direttore del Bif&st Felice Laudadio, hanno parlato della loro esperienza da attrici e poi registe. Pur appartenendo a mondi diversi, una francese e l’altra tedesca, sono accomunate da una carriera cinematografica intensa, dal fascino, dal talento, oltre che da un film, “Paura e amore”, proiettato prima dell’incontro.

“Io sono diventata attrice per entrare nel mondo del cinema” ricorda la regista – “ho vissuto come spettatrice gli anni della Nouvelle Vague, vivevo a Parigi dove frequentavo la Cinémathèque Française e altri luoghi frequentati dai cinefili e dai giovani critici. Ma furono i film di Bergman a farmi capire che cos’era il cinema e che avrei voluto fare la regista, anche se all’epoca non era facile, non esistevano registe donne a parte Agnès Varda e poche altre. Così ho preso lezioni di teatro, ho iniziato a fare l’attrice, ho recitato tra gli altri per Fassbinder e per mio marito Volker Schlöndorff, finché nel 1977 sono finalmente riuscita a dirigere il mio primo film.”

Fanny Ardant, invece, ha seguito un altro percorso: “Facendo molto teatro, mi sono trovata spesso ad avere molti pomeriggi liberi e ho iniziato a riempirli scrivendo delle storie. Un giorno un produttore ha creduto in una di quelle storie e mi ha proposto di farne un film, dirigendolo io stessa. Poi ne ho fatto un altro e poi un altro ancora ma non penso di abbandonare il mio lavoro di attrice, lo amo troppo”.

Quando François Truffaut scelse l’Ardant per “La signora della porta accanto” scoppiò la popolarità da attrice, enfatizzata, poi, quando sarebbe tornata a recitare per lui in “Finalmente domenica”, legandosi anche sentimentalmente al regista.
“Truffaut -racconta l’Ardant- è stato il primo regista che mi ha dato veramente fiducia, io venivo dal teatro e allora il mondo dello spettacolo era diviso in compartimenti stagni, c’era chi lavorava esclusivamente per il teatro, chi per la tv, chi per il cinema. Il vero talento di Truffaut era quello di essere veramente appassionato di quello che faceva. E per me, il cinema, è diventata subito una promessa di felicità. Però poi -continua- non ho mai accettato di fare un film per il nome del regista ma per la parte che mi proponevano, se era un ruolo che potevo amare. Anche i film più brutti che ho fatto posso rivendicare di averli fatti perché amavo il personaggio. Fu così naturalmente anche per ‘Paura e amore’, il set era così festoso e tu, Margarethe, eri così appassionata!”

Il ricordo è andato, poi, verso sue grandi figure, importanti anche per il Bif&st, Ettore Scola (che fu Presidente del festival, oggi Presidente Onorario) e Vittorio Gassmann (a cui è dedicata la Retrospettiva di quest’anno).
Ardant: “Con Vittorio ho recitato in diversi film, ma è difficile per me ricordare una persona che ho tanto amato. Era un timido ma lo nascondeva, era un impaziente di natura, un po’ malinconico, amava profondamente il teatro e quindi nel cinema odiava perdere tempo. Diventammo -continua- se recitavo a teatro a Roma veniva a vedermi poi a salutarmi in camerino e poi a cena, dove io speravo che mi dicesse qualcosa sul mio spettacolo, ciò che faceva solo alla fine delle serata, al momento del dolce. Di Ettore posso dire che aveva un’intelligenza incredibile, una grande ironia, e un’umanità smisurata. Quando ho girato con lui ‘La famiglia’, anche nel caos del set (molto diverso da quello francese), lui era in grado di capire cosa volesse e di riuscire a girare con molto eleganza. Io adoravo Ettore, poteva trascinarti a ballare, poi parlarti del cibo, era anticonformista, attento a cambiamenti e a chi aveva davanti. Lo amavo!”.

Von Trotta: “Io conobbi Ettore a Venezia un anno dopo ‘Anni di piombo’, mi disse che avrebbe voluto che scrivessi un film per lui. Io ero sorpresa e lusingata ma poi capii che non era vero, era solo un modo per farmi un complimento. In seguito, è sempre venuto ad assistere alle mie proiezioni e alla fine mi diceva ‘Ma non si ride mai nei tuoi film!’ ma sapevo che mi apprezzava solo per il fatto che fosse lì. Gassman, invece, non l’ho mai conosciuto ma avevo tanta ammirazione per lui, mi sarebbe piaciuto scoprire l’uomo che c’era dietro quei personaggi così brillanti che interpretava”.

La Von Trotta continua, poi, raccontando il suo rapporto con gli attori: “La cosa più importante è amarli, loro hanno paura a stare davanti alla macchina da presa, bisogna avere attenzione per loro e nello stesso tempo lasciarli liberi, correggerli solo quando vanno fuori direzione. Ci sono attori con i quali ci si capisce al volo e altri con i quali bisogna essere un po’ psicologi”.

Fanny Ardant per il suo nuovo film da regista, “Le divan de Staline” , che sarà proiettato questa sera al Teatro Petruzzelli dove sarà anche presente la regista, ha scelto Gérard Depardieu: “Dopo averlo diretto in un piccolo ruolo nel mio film precedente, ‘Cadences obstinées’, ho sentito il desiderio di fare con lui un film intero. Solo lui poteva fare un personaggio come Stalin, che mi interessava in quanto simbolo del potere assoluto, un tema che mi affascinava molto così come mi affascinano da sempre la storia, la letteratura e l’arte russa. È vero che Depardieu non assomiglia per nulla fisicamente a Stalin ma io non volevo fare un documentario ma una parabola sul potere”.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.