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"VillaUn duplice omicidio efferato, una vittima di straordinaria bellezza, un’ambientazione (un ricovero per malati) che stride con la dinamica della violenza e un turbinio di personaggi, tanti, troppi e sfaccettati: è un quadro complesso quello descritto da Roberto Vallerignani nel suo Bentornati a Villa Paradiso, un giallo dalle tinte fosche che in un’atmosfera sospesa e irrisolta sullo sfondo di una città perennemente flagellata dalla pioggia si permea, a tratti, di noir. Non è facile inquadrare la direzione scelta dall’autore nel chiasso provocato dalla pluralità di voci che interagiscono, si contrappongono o che parlano contemporaneamente in un romanzo corale dagli esiti piuttosto confusi. A meno che non sia questa stessa confusione apparente la chiave della vicenda, uno spaccato sulle facce pubblica e privata di una società oppressiva e disorientante. Tutto, nella narrazione, risulta faticoso, difficile. Arduo è inquadrare le identità delle vittime, entrambe con delle “seconde vite”; non meno complicato interpretare la brutalità del delitto, di natura allo stesso tempo chimica e meccanica; ancor più sudata è la ricerca del colpevole da parte di un commissariato svuotato a causa delle vacanze estive, soprattutto in un clima di pressioni che richiede di accordare alla giustizia anche la politica e i mezzi di comunicazione.

L’intero libro, a tratti, pare un calderone, dove brevi sezioni di testo giustapposte si rincorrono senza apparenti legami, seguendo solo il filo dell’omicidio e quello dei pensieri identitari. È forse nel continuo scontro tra la propria dimensione intima e la facciata esterna che, tuttavia, ogni personaggio ritrova il suo (inquieto) posto. Simbolo di questa dualità è l’opposizione tra l’immobilità dei malati e l’assordante silenzio dei loro pensieri, in grado di muoversi in uno spazio che trascende il tempo; ma il contrasto si fa morale tra la giustizia e l’apparenza di una società in cerca di un capro espiatorio, tra la brutalità del delitto e la solidarietà nel confronti degli ultimi, e persino tra un’estate festiva e una pioggia che, incessante, martella le strade di una città senza nome. Nella vicenda, non spiccano eroi o paladini della verità; e lo stesso protagonista, l’ispettore Diego Antonelli, sembra trattenere fino all’ultimo la propria vena deduttiva, offuscato anch’egli, nelle indagini e nel giudizio, da tante, troppe variabili che vorticano come in una nube di fronte agli occhi.

Uno stile diretto e immediato, privo di filtri, è il perfetto vestito per una vicenda che, del giallo classico, ha solo le premesse. Numerosi sono i dialoghi d’ispirazione teatrale, che evocano una scena con degli attori stanchi, che trascinano le loro battute prima di ritirarsi dietro le quinte. Il narratore si fa da parte: parzialmente identificabile nell’ispettore Antonelli, mantiene la capacità di lasciare che ciascun personaggio sviluppi il filo dei propri pensieri in autonomia, conducendo il lettore continuamente in medias res, talvolta alimentandone lo smarrimento. Non è casuale il riferimento al contesto teatrale e cinematografico, quasi a ricordare in ogni momento che reale e apparente sono quanto mai privi di separazioni nette. Così come non è casuale la scelta accurata di chi “far parlare”: alcuni personaggi si palesano solo nella conversazione, privi di un’introspezione; altri, incapaci di articolare parole, esplicitano solo il proprio flusso di coscienza; mentre altri riescono ad accordare le due sfere, pur nella consapevolezza che nulla è mai ciò che appare.È questa l’unica (amara) verità che, come una persistenza d’immagini, rimane dopo l’ultima pagina del libro. Lasci perdere chi si aspetta il flagello di una giustizia trionfante che, in qualità di deus ex machina, riporta le cose al suo posto; così come chi, reduce da Christie e Simenon, inquadri la ricerca di un colpevole all’interno di un intreccio di fatti, indizi e supposizioni. Qui c’è denuncia sociale, c’è un’indagine nell’essenza stessa dell’animo umano, e c’è la rivelazione di una realtà sofferta che anche il protagonista, vinto dalla compassione, decide infine di tenere per sé. 

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Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.