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"Monsieur
Questo è un film umano. Nel senso che si svolge all’ interno dell’ umanità delle persone. E’ stato meritatamente nominato agli Oscar 2012 come migliore film straniero.
In una scuola elementare di Montreal succede un fatto sconvolgente: un’ insegnante si suicida in aula durante la notte e il mattino seguente due alunni, Alice e Simon, vedono la loro maestra preferita impiccata sopra i banchi. Gli altri insegnanti e la preside non sanno come affrontare la situazione. Arriva di sua volontà, dopo aver letto la notizia sul giornale, il signor Bachir Lazhar, algerino trasferitosi in Canada, che si propone come supplente. Un uomo sui 55 anni, molto istruito e appartenente ad una cultura lontana ma dai saldi principi e con un background un po’ classico per i canoni di istruzione moderni, ma efficace.
Piano piano, col passare dei mesi, quest’uomo viene amato sempre di più dai suoi alunni, ma il ricordo della morte della loro precente insegnante continua a scuotere le loro piccole menti e a condizionare i loro comportamenti, soprattutto per quanto riguarda il piccolo Simon, che aveva un rapporto particolare con lei, come fosse una figura materna.
Poi c’è il colpo di scena: Bachir Lazhar, quest’uomo dolce, paziente e colto, ha un recente passato oscuro e nasconde qualcosa di veramente importante, che potrebbe condizionare la sua vita in modo definitivo.
"MonsieurIl regista e sceneggiatore Philippe Falardeau ha molti meriti: il primo è quello di non scadere nella banalità. Normalmente si sarebbe scelta la via del dramma all’ interno del gruppo di bambini, oppure ci si sarebbe concentrati sulle vicende private del signor Lazhar, mettendo in secondo piano il resto e trattando di immigrazione e razzismo. Invece l’incastro delle tematiche è perfetto e ogni cosa ha il suo giusto spazio, in egual misura. Alla fine la storia che più si ha a cuore durante questo film è il rapporto umano tra il protagonista e i suoi alunni. L’altro merito del regista è saper lavorare divinamente con i bambini: lui e Fèlixe Ross, insegnante di recitazione, hanno fatto un lavoro incredibile, facendo risultare dei bambini di dieci anni bravi quanto attori consumati allievi di Lee Strasberg. In particolar modo la piccola Sophie Nélisse nel ruolo di Alice: davvero di una bravura stupefacente. Se continuerà a recitare avrà una grande carriera di fronte a sé.
Ennesimo merito del regista: il dramma c’è, ma c’è anche tanta comicità. In mezzo a vicende tragiche, la figura del signor Lazhar guarisce tutti i mali con il suo umorismo e con tipiche scene comiche basate su misunderstandings interculturali tra lui e i bambini, che fanno molto bene alla trama, alleggerendola, e allo spettatore, divertendolo.
E’ il viso di Fellag, l’attore protagonista, a portarci avanti in questo film, con le sue bellissime espressioni, con la dolcezza di un insegnante che educa i bambini alla vita e affronta con calma e riflessione momenti difficili, senza farsi prendere dagli impulsi. Anzi, spesso, vuoi per la cultura differente, vuoi per il suo istinto, il signor Lazhar si spinge vicino al limite tra ciò che è consentito e ciò che non lo è. C’è sempre la paura che lui superi quel limite e gli capiti qualcosa di spiacevole…ma non accade mai. E’ ponderato sia nel rapporto con alunni e colleghi insegnanti, sia in quello che, purtroppo, deve affrontare nella sua vita privata.
Abbiamo visto poco tempo fa al cinema “Detachment” con Adrien Brody: ci sono molti punti in comune tra i due protagonisti (entrambi supplenti a scuola), ma la cosa che più li differenzia è proprio “il distacco”. Monsieur Lazhar non sa cosa sia. E’ una persona che si fa coinvolgere (anche troppo) dai sentimenti e dai rapporti interpersonali e prende a cuore tutti, anche i bambini che lo mettono in difficoltà o i relativi genitori.
E’ un film su un uomo buono, sull’ immigrazione e sull’ integrazione, sui problemi importanti che coinvolgono i bambini, sul difficile ruolo degli insegnanti nel 21mo secolo, dove sembra che le teoria scritte dai vari esperti di educazione infantile e psicopedagoghi siano da prendere alla lettera senza mai sbagliare. E’ talmente realistico da sembrare un documentario girato all’ interno di una scuola in periodi diversi dell’anno.
Unica nota un po’ stonata: la scuola dove si svolge il film sembra eccessivamente perfetta. Bambini prodigio di dieci anni, coltissimi in ogni materia e poliglotti, che parlano come esperti accademici, insegnanti favolosi, materie modernissime e super stimolanti. Magari la scuola fosse davvero così, avremmo dei figli incredibili e un futuro raggiante per la cultura e per il mondo del lavoro.
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Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.