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"agi2"Nelle recenti serate ci è capitato più di una volta di sorridere al pensiero di quanti, in questa accaldatissima estate, si allontanano dalle nostre afose terre per affrontare spostamenti di centinaia, se non migliaia, di chilometri alla ricerca delle musiche del mondo, inconsapevoli del fatto che le stesse hanno – tutte – deciso di soggiornare nella nostra Puglia e, nello specifico, nella terra di Mola di Bari, grazie al sempre graditissimo invito delle belle menti che si celano nella locale sezione Giovanni Padovano dell’A.Gi.Mus., prima fra tutte quella del Maestro Pietro Rotolo, direttore artistico e perfetto deus ex machina dell’Associazione, e del loro strabiliante Agimus Festival, che quest’anno celebra la sua XXI stagione, tappa oltremodo importante non solo per festeggiare la longevità della manifestazione ma anche perché segna il suo ingresso nella rete dei festival di musica d’arte Orfeo Antico, progetto di assoluto interesse che non mancherà di attirare l’attenzione di addetti ai lavori e di pubblico e di cui dovremo certamente occuparci.

Ma oggi conviene che si parli dei primi tre eventi, tutti sold out e tutti svoltisi nel suggestivo Chiostro di Santa Chiara splendidamente restaurato, del fantastico cartellone del Festival, che si protrarrà sino a novembre quando chiuderà i battenti con l’imperdibile performance del violoncellista Giovanni Sollima. Le musiche del mondo, "agi1"si è detto, sembrano confluire nel programma approntato; e quale migliore inaugurazione poteva esservi se non con un nuovo (era già stato al Festival in passato) appuntamento con il piano solo dell’immenso Uri Caine, non solo uno tra i migliori pianisti al mondo ma anche una delle menti più intuitive in circolazione, capace di allargare la sua incessante ricerca al di là dei canoni imposti, passando dalla classica al jazz come nulla fosse ed uscendone sempre vincente; il suo concerto di Mola ha proposto la ‘solita’, sublime, furente galoppata tra generi e compositori, senza alcuna soluzione di continuità, come solo il genio di Philadelphia riesce a fare: ecco, le musiche del mondo, in questo caso, sono tutte – ma proprio tutte – nella mente dell’artista e da lì vengono, per chissà quale alchimia, dirottate nelle mani dello stesso e, quindi, nella inanimata tastiera, che, invece, pare acquistare vita propria, vene ricolme di sangue bollente, da cui scaturiscono suoni di impressionante forza, lapilli di lava rovente che inondano la sala e ricoprono l’osannante pubblico.

"agi3"Non vi è dubbio che le musiche del mondo confluiscano nell’eccelsa ugola di Antonella Ruggiero, padrona assoluta della seconda serata del Festival; ascoltarla è stata una indescrivibile emozione, una magia continua tra l’accapponarsi della pelle ed il godimento puro dovuto all’ambrosia versata nelle nostre orecchie dalla ex (la prima e – ma sì diciamolo – l’unica!) cantante dei Matia Bazar. Nella notte di Mola, prendendo le mosse dall’ottimo cd “Stralunato Recital”, la – già di per sé compiuta – orchestra che scaturisce dalla voce della Ruggiero ha avuto come validissimi complici i musicisti del Maurizio Di Fulvio Quartet, con uno strabiliante Renzo Ruggieri alla fisarmonica, così da ulteriormente impreziosire il repertorio affrontato, con molti successi tanto del periodo in gruppo quanto da solista (sublimi “Echi d’infinito” ed “Amore lontanissimo”) e tante, tante perle del passato, tra cui non possiamo non ricordare una appassionata “Guantanamera” ed una devastante (in senso buono) “Ave Maria”, che, anche grazie alla dedica alle vittime dell’esplosione della fabbrica di fuochi d’artificio in quel di Modugno, ci ha mandato in apnea, facendoci toccare il fondo del nostro animo, per poi farci tornare a galla più leggeri, liberi, migliori, una magia che ha meritato la standing ovation, facendoci ancora una volta comprendere che quello che la Ruggiero crea con il suo dono divino ha ben poco a che fare con la musica commercialmente intesa; è più vicino all’idea stessa del trascendente, della spiritualità pura ed incontaminata, della divinità appunto, anche intesa come fine verso cui propendere.

Molto meno eteree sono state le sonorità che hanno conquistato il pubblico nella terza "agi4"serata del Festival, affidata all’Orchestra Tzigana di Budapest diretta dal suo leader storico Antal Szalai, violinista di eccelsi doti solistiche che incarna perfettamente lo spirito gipsy. Eppure chi si aspettava una performance di puro intrattenimento, giocata sull’onda della nota irruenza gitana, ha dovuto ben presto piacevolmente ricredersi: quel che Szalai offre assieme ai suoi straordinari musicisti è un prodotto di altissimo livello, impostato sulle migliori pagine di musica colta, da Brahms a Liszt, da Monti sino a Strauss ed alla sua marcia di Radetzky; anche in questo caso sono le musiche del mondo a farla da padrone, ma sembrano essere confluite nell’universo gitano per poi riaffiorare con una spinta propulsiva che non ricordavamo. Gli artisti – è visibile – si divertono sul palco, ma questo non impedisce loro di rendere omaggio alle sublimi ed immortali melodie in modo più che consono, talvolta finanche molto più pregevole di quanto non realizzino tanti seriosi ed impettiti maestri nelle loro impolverate sale da concerto.

Ed è solo l’inizio dell’Agimus Festival.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.