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(Adnkronos) – “Tutte le gite scolastiche ad Auschwitz, cosa sono state? Sono state davvero gite? A che cosa sono servite? Secondo me sono state incoraggiate e valorizzate perché servivano effettivamente all’inverso. Servivano a dirci che l’antisemitismo era qualcosa che riguardava un tempo ormai collocato nella storia, e collocato in una precisa area: il fascismo. Le gite ad Auschwitz secondo me sono state un modo per ribadire che l’antisemitismo era una questione fascista e basta”. Sono le parole della ministra della Famiglia e per le Pari opportunità Eugenia Roccella nel suo intervento all’evento ‘La storia stravolta e il futuro da costruire’, organizzato dall’Ucei e in corso al Cnel di Roma. 

“E quindi – prosegue Roccella – che il problema era essere antifascisti, non essere antisemiti, non controllare fino in fondo quello che è avvenuto nel nostro passato, non fare i conti fino in fondo con quello che è avvenuto. Io penso che il problema oggi è proprio questo: fare i conti con il nostro antisemitismo, fare i conti con il nostro passato senza illuderci che tutto si è affinato in un’epoca storica e in un’area politica, cosa che trovo difficile sostenere”. 

“Fin dall’inizio (dal 7 ottobre) non c’è stato moto unanime di solidarietà che ci saremmo aspettati: non è che ci sia stato un cammino per cui il 7 ottobre è stato dimenticato. Credo sia mancato dall’inizio qualcosa. Credo ci fosse un antisemitismo strisciante con cui Italia non ha mai fatto i conti fino in fondo, e che aveva già cominciato ad agire. L’antisemitismo fa leggere questa storia in questo modo, vedendo l’azione di Israele come sproporzionata”, ha detto ancora Roccella. 

“Siamo di fronte a una nuova pagina della guerra e dell’ennesimo conflitto israelo-palestinese – ha affermato la ministra – Ma di fronte a questa nuova pagina, che comincerà con il tanto atteso ritorno degli ostaggi, se ne deve aprire una di riflessione: a questo dovrebbero essere deputate le aule universitarie e dovrebbero pensare i docenti universitari. Le università sono stati fra i peggiori luoghi di non-riflessione: l’ultimo segnale negativo arriva dall’Università di Bologna, dove il senato accademico ha votato una mozione per non avere più collaborazioni con le università israeliane. Di fronte a tutto questo, serve trovare altri luoghi dove riflettere e pensare, da cui si può arrivare a quei ragazzi che manifestano in maniera inconsapevole, ma non innocente, per una Palestina dal fiume al mare, per la difesa di Hamas, con slogan orribili sul 7 ottobre. Aprire una nuova pagina è compito nostro e vostro”. 

“Il 7 ottobre – ha proseguito – è stata valicata una frontiera dell’umano, una data che si pensava sarebbe rimasta nella nostra coscienza universale. Non solo non è stato così ma non lo è stato neanche all’inizio, si è pensato che questo orrore sia stato sommerso da altri fatti, partigianerie di altro genere. Ma in realtà non ho visto sin dall’inizio una reazione unanime di dolore e partecipazione. Non c’è mai stata una manifestazione di massa, di piena partecipazione, a difesa degli ostaggi, per esempio. O che dicesse ‘Hamas deve rilasciare gli ostaggi senza condizioni’. Davanti a quei ragazzi, in particolare quelli che parteciparono al Nova Festival nel modo in cui tutti i ragazzi occidentali vivono quei momenti di festa, ci doveva essere una immediata identificazione di come quei ragazzi stavano festeggiando e vivendo. Mentre per altri quella è la configurazione del male occidentale. Non ho visto movimenti studenteschi che difendessero quel modo di vivere, che è anche il loro, che difendessero la libertà di quei ragazzi, identificandosi in loro. Non c’è stato”. 

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Redazione

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