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(Adnkronos) – Lontani dall’emergenza della guerra atomica? Non tutti la pensano così. Infatti, non sono pochi gli italiani che investono nella costruzione di un bunker. Parola di Maurizio Balotta e Stefania Rivoltini, titolari di ‘Il mio bunker’, azienda familiare italiana, le cui origini nell’edilizia risalgono al 1940 e proprio utilizzando il know how acquisito in anni di specializzazione nell’edilizia, sono approdati al nuovo progetto approfondendo lo studio della tecnologia svizzera per i bunker. 

“L’idea – spiegano all’Adnkronos/Labitalia – nasce da un’esigenza sempre più diffusa: sentirsi protetti in un mondo incerto. A differenza del passato, oggi il concetto di sicurezza si è ampliato: non parliamo più solo di difesa militare, ma di protezione personale, familiare, climatica e digitale. ‘Il mio bunker’ nasce proprio per rispondere a questa nuova sensibilità, con un approccio tecnologico, modulare e personalizzabile, pensato per chi vuole una protezione reale e non simbolica”. 

 

“E’ possibile – affermano – personalizzare un bunker. Ogni nostro bunker è progettato su misura, tenendo conto di tre dimensioni: funzionalità (autonomia, ventilazione, sicurezza), comfort (arredi, illuminazione, vivibilità), estetica (invisibilità, integrazione nel contesto ambientale). L’obiettivo non è sopravvivere, ma vivere in sicurezza, anche in condizioni estreme”. 

 

 

“In media – chiariscono – un bunker richiede da 60 a 90 giorni, dalla progettazione alla consegna. Ovviamente dipende da: profondità desiderata, condizioni del terreno, localizzazione geografica, livello di autonomia richiesto. In Italia, la realizzazione richiede un iter tecnico con: permesso di costruire (sì, è una costruzione vera e propria), relazione geologica, autorizzazioni locali (a seconda del Comune). Tutti aspetti ai quali ci dedichiamo con il nostro team di professionisti”. 

 

“Su quanti possiedono un bunker – ammettono Maurizio Balotta e Stefania Rivoltini – non ci sono dati ufficiali, anche per ovvi motivi di privacy e riservatezza. Ma possiamo stimare che in Italia ci siano tra i 400 e i 700 bunker privati attivi, esclusi quelli militari. Negli ultimi 5 anni, abbiamo assistito a una vera e propria ‘cultura del prep’ (preparazione individuale) che prima era vista come paranoia, oggi è considerata previdenza”.  

 

 

“Il Covid – spiegano – è stato il primo spartiacque: ha reso concreta l’idea che il mondo può cambiare in poche settimane. Dalla pandemia in poi, abbiamo avuto un aumento considerevole di richieste. Poi, la guerra in Ucraina, l’instabilità in Medio Oriente, le tensioni in Asia e la crisi climatica hanno generato una seconda ondata di interesse, ancora più matura. Oggi, il presente storico, non lascia dubbi”. 

“I nostri clienti – chiariscono – non sono ‘estremisti’, ma famiglie, professionisti, imprenditori. La domanda continua a crescere e si è anche internazionalizzata, con richieste da Svizzera, Germania e Sud Europa. I costi? Top secret sicuramente meno di un appartamento a Montecarlo”. 

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webinfo@adnkronos.com (Web Info)

Redazione

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