Tempo di lettura: 5 minuti

Sino al 29 giugno il MUDEC – Museo delle Culture di Milano in via Tortona – si trasforma sorprendentemente in una scatola bianca da dipingere, dove i muri si espandono e si colorano grazie all’opera di 10 artisti internazionali coinvolti in occasione della mostra “Dal Muralismo alla Street Art. MUDEC INVASION”. Ebbene sì è una vera e propria invasione del museo civico (il MUDEC), se così si vuol dire: l’arte di strada viene ”sradicata” dal suo habitat d’origine – la strada o i centri sociali – per adattarsi a un nuovo contesto, quello museale, che, a sua volta, sembra diventare camaleontico sulle forme artistiche, acquisendo una sua nuova identità funzionale e artistica. Nel 1957 lo psicologo americano Robert Sommer utilizzava per la prima volta il termine ‘Street Art’ che individuava un gruppo di pratiche artistiche pubbliche che si svolgevano all’aperto, come graffiti, murales, stencil. Oggi al Mudec l’arte di strada diventa protagonista: le opere realizzate sembrano varcare le pareti per trascinare il fruitore che, da spettatore diventa protagonista, quasi un viaggiatore pronto a rimbalzare da un’opera all’altra, da un luogo all’altro, da una dimensione a un’altra, all’interno di infiniti mondi, cosmi mentali costellati di cultura, arte e storia.

Il progetto è curato da Alice Cosmai esperta d’arte urbana e responsabile Ufficio Arte nello Spazio Pubblico del Comune di Milano con il supporto di Silvia Bignami per la parte storica e nasce dalla collaborazione tra Mudec – Ufficio Arte nello spazio pubblico – e 24 ore Cultura. La sfida è quella di portare per la prima volta a Milano il neomuralismo nello spazio museale, su committenza. Protagonisti sono dieci artisti e artiste muralisti internazionali che, nell’arco di 14 giorni si sono misurati sul tema del viaggio, realizzando 10 opere inedite e esclusive, visibili solo per 3 mesi. Il lasso di tempo limitato della fruizione, sottolinea e mantiene il carattere temporale effimero insito nella street art, ma all’interno di un nuovo spazio, più istituzionale, ma anche aperto per l’occasione: la street art all’interno di questa cornice acquisisce il valore di un’opera monumentale pur mantenendo sempre il suo linguaggio. La peculiarità di questa iniziativa è dovuta al fatto che, per la prima volta, da un’idea che vede coinvolti un ente pubblico e una realtà privata, sia stata realizzata un’operazione collettiva site-specific di muralismo contemporaneo su commissione all’interno di un Museo pubblico in Italia. Sarebbe interessante chiedere agli artisti coinvolti se e in che modo, disegnare e creare all’interno degli spazi del museo, abbia influenzato l’atto della creazione, in maniera stomolante o limitante. Fatto sta che il risultato finale è positivo: il museo liberato da qualsiasi elemento accessorio – teche, supporti e cornici – viene letteralmente abitato da queste opere che, a loro volta si lasciano abitare, a favore di uno spazio immaginifico pensato che trova concretezza e tangibilità.

Senza dubbio un’iniziativa che punta alla valorizzazione della Street Art ormai dilagante anche sui social dentro un percorso che, partendo dal tema principale – il viaggio – si dirama lungo tre percorsi: storico, artistico, urbano.

Silvia Bignami parte dall’evoluzione del muralismo nel XX secolo, dal Messico postrivoluzionario dei “tres grandes” (Diego Rivera, David A. Siqueiros e Josè C. Orozco) all’America del New Deal e all’italia del ventennio, fino alle esperienze degli anni ’60 tra Cile e Europa e, alla fine del secolo, con l’avvento dei Graffiti tra stati Uniti e Italia. L’attenzione è posta anche su episodi singoli significativi come il celebre Wall of Respect di Chicago (1967), i murali di Orgosolo e San Sperate in Sardegna (anni ’70) o il noto murales di Keith Haring a Pisa (“Tuttomondo” 1989). Ma il panorama è ampio e necessiterebbe di ulteriore approfondimento in una seconda puntata.

Vale la pena soffermarsi sull’interessante lavoro di documentazione e curatela della mostra fatta da materiali video in cui sono gli artisti stessi a raccontarsi e a raccontare il loro viaggio all’interno della Street Art: lo storytelling diventa fondamentale e arricchisce il momento della fruizione, rendendo ancora più loquaci le opere già di per sè evocatrici e magnetiche. È difficile distorgliere lo sguardo dai dettagli che caratterizzano queste creazioni ed è facile perdersi all’interno di essi per comprenderli o per scrutarli. I video a integrazione delle opere dipinte direttamente sulle pareti del Mudec, racchiudono le esperienze artistiche e culturali degli artisti coinvolti, delle tecniche utilizzate, delle ispirazioni.

Chi sono questi artisti internazionali chiamati a interpretare il tema del viaggio all’interno di un’opera inedita? Sono Luca Barcellona, Zoer, Capo.Bianco, Hitnes, Mazati, Neethi, Cinta Vidal, Agus Rucula, Aya Tarek e Mohammed L’Ghacham. Diverse le provenienze, diverse le tecniche utilizzate e differente il modo di vivere il tema del viaggio attraverso l’arte di strada. Si passa dall’incisione alla grafica, dal tratto calligrafico alla pennellata. Le opere hanno in comune il tema, la potenza comunicativa, la grandiosità e l’esito di un coinvolgimento emotivo e fisico del visitatore.

Si parte con Luca Barcellona, classe 1978, provenienza Italiana, è calligrafo, graphic designer, con l’opera “The Stroke and the city” e “Indelebile”. Le sue opere mettono al centro la complessità degli alfabeti e lo spiraglio di un futuro migliore. L’idea è quella di illustrare nuovi codici tangibili di accesso al linguaggio umano, che stanno via via scomparendo con il digitale e l’intelligenza artificiale. Un invito a non disimparare a scrivere e quindi a creare ancora, a immaginare nuovi modi di comunicazione, dentro un viaggio ideale. Da sempre Barcellona esplora il potere espressivo delle lettere.

Zoer artista e designer francese, classe 1985 realizza “Corrections esthétiques” che esplora il tema del viaggio nel tempo in uno scenario destabilizzante dove, non si capisce se sia stata la natura a prendere il sopravvento su una città ormai allagata, o siano stati i rottami della città a a aver infestato un ambiente naturale.

Capo.Bianco classe 1992 da Roma, affronta il tema del viaggio nello spazio con l’opera “Trip 2075” riflettendo su un eventuale trasferimento dell’uomo su altri pianeti. Cosa cambierebbe nel comportamento dell’uomo? L’uomo porterebbe con sè i difetti che ha sulla terra?

Il tema del viaggio di piacere è invece al centro dell’opera di Cinta Vidal, Spagna, classe 1982. Esperta in tecniche di pittura su larga scala, ha realizzato per l’occasione “Ramble” che tradotto in italiano vuol dire vagare, divagare. Una città è legata all’altra in una folle connessione che gioca sulla gravità e sulla tridimensionalità. Le città sembrano ruotare e confondersi sfondando le pareti. Dice: “moltiplicando la gravità posso esprimere le molte percezioni possibili del nostro ambiente..”, un po’ come avviene – aggiungerei – nei quadri di Escher.

Il viaggio associato al neocapitalismo è peculiare nell’opera “Redbull” di Aya Taker d’Egitto, classe 1989. Il capitalismo viene raffigurato come un enorme toro circondato da piccole figure umane che ne saggiano le carni. In questo caso il capitalismo vuole tradursi nel concetto del viaggio low cost e nel fenomeno dell’overtourism.

Il resto, lo potrete scoprire strada facendo, perdendovi negli spazi del MUDEC.

In chiusura della mostra c’è il percorso urbano, che interessa la città di Milano: viene infatti posta la lente di ingrandimento sulla diffusione di murales e graffiti nella città di Milano a partire dagli anni ’70 e sino a oggi. Vengono segnalate su un tabellone enorme tutte le opere presenti su Milano con le rispettive location. Non solo: c’è anche un invito a tutti a segnalare eventuali opere scovate per caso nella città di Milano.

Il prossimo segnalatore potresti essere proprio tu!

Lavinia Laura Morisco

Lavinia Morisco