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“Mala tempora currunt sed peiora parantur” (Corrono brutti tempi, ma se ne preparano di peggiori) si dice che la frase sia di Cicerone, ma non è vero. Il tempo si è fatto duro per tutto e come da alcuni anni vado dicendo “fuori fa freddo”. Il freddo ha toccato anche la festa istituzionale del 25 aprile che ricorda la famosa liberazione dal Fascismo. Dopo ottant’anni la si vuole chiudere nel cassetto definitivamente? Si è colta l’occasione della morte di Papa Francesco per oscurarne il profilo e la vista? Molti pensano che i cinque giorni di lutto nazionale offendano perfino un santo di valore come Giovanni Paolo II e che la circostanza sia stata il giusto tentativo, a livello governativo, di abbassare il tenore delle celebrazioni per l’anniversario. In maniera onesta, subito dopo la proclamazione del lutto nazionale pare che sia stato il sindaco del partito democratico di Cesena Enzo Lattuca ad annullare un concerto che avrebbe visto protagonisti i musicisti dell’Istituto musicale “Arcangelo Corelli” del conservatorio Statale Maderna Lettimi”. Le sue parole sono state chiare: “Polemiche sterili, prima di parlare è necessario comprendere le circostanze che hanno portato a maturare questa decisione. Il concerto non faceva parte del tradizionale programma, abbiamo ritenuto opportuno annullarlo per la concomitanza con alcuni eventi, momenti di preghiera, programmati in Cattedrale dopo la morte del Papa”. A seguire Gabriele De Boni, giovane sindaco del Comune di Ponte San Nicolò in provincia di Padova eletto con il centrosinistra, che ha annullato le celebrazioni. Le sue parole: “Le celebrazioni che avevamo preparato non potranno aver luogo così come pensate in quanto è stato istituto il lutto nazionale che impone ‘sobrietà’. Tutto si nasconde nella sobrietà? Atteggiamento che attiene a un comportamento nei limiti della necessità e della sufficienza. Il Ministro della Protezione civile il siciliano Nello Musumeci al Corriere della Sera ha sottolineato: “Il governo non ha mai pensato né di vietare né di ostacolare alcunché, ma al contempo ha fatto un passo ulteriore chiedendo a chi festeggerà la Liberazione il 25 aprile di evitare balli e canti scatenati”. Tutto qui? Quindi si può festeggiare, ma con limitazione. Come avviene nella nostra terra di Lucania: Quando muore il padre o la madre  la televisione non si accende per una settimana. Insomma ci sono paradossi notevoli da ambo le parti nulla di più. Perché al Santo Giovanni Paolo II abbiamo concesso tre giorni di lutto e a Francesco cinque giorni. A questa domanda nessuno vuole rispondere. Vogliamo continuare ad alimentare le malignità? Il motivo c’è, allora rendiamo edotti gli italiani. Dall’altra parte della barricata ricordiamo il 25 aprile che non è una festa ma una celebrazione, un momento importante. Le celebrazioni dovrebbero concedere quella giusta consapevolezza della storia con un’appropriata conoscenza. La Liberazione ha creato democrazia o anarchia? Ha reso l’Italia una nazione o ha unito solo gli italiani sotto la bandiera mazziniana del tricolore? Sappiamo che Mazzini nel costituire la Giovine Italia creò la bandiera tricolore in attesa di arrivare alla nascita di uno Stato che ancora continua ad essere solo nelle idee progettuali. Abbiamo liberato l’Italia dalla dittatura ma poi abbiamo consegnato armi per fare guerre utili a uccidere uomini, donne e bambini. Nell’articolo 11 della Costituzione ci sono quelle parole: “Il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà”. Abbiamo violato la Costituzione e vogliamo festeggiare il 25 aprile? Quanti morti ci vogliono per capire che non abbiamo liberato nessuno Stato da dittature che continuano a esistere sotto mentite spoglie e che appaiono a seconda del momento con abiti diversi. Il popolo continua a non essere veramente libero ma massificato dove all’interno si sono consolidate ed annullate tutte le individualità e identità di ognuno. Un pensiero unico deve essere poi seguito. Insomma il 25 aprile si può festeggiare, ma con sobrietà. Ma sono dell’avviso di restare unito vicino alle spoglie di Francesco in maniera sobria per trovare la via di uscita da questo tempo inutile dove siamo bravi solo a fare competizione e polemiche.

Oreste Roberto Lanza

 

 

 

Oreste Roberto Lanza

Oreste Roberto Lanza è di Francavilla Sul Sinni (Potenza), classe 1964. Giornalista pubblicista è laureato in Giurisprudenza all’Università di Salerno e laureando per la Facoltà di Scienze Politiche in Relazioni Internazionali, attivo nel mondo del giornalismo sin dal 1983 collaborando inizialmente con alcune delle testate del suo territorio per poi allargarsi all'intero territorio italiano. Tanti e diversi gli scritti, in vari settori giornalistici, dalla politica, alla cultura allo spettacolo e al sociale in particolare, con un’attenzione peculiare sulla comunità lucana. Ha viaggiato per tutti i 131 borghi lucani conservando tanti e diversi contatti con varie istituzioni: regionali, provinciali e locali. Ha promozionato i prodotti della gastronomia lucana di cui conosce particolarità e non solo.