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Mercoledì 12 marzo, al Multicinema Galleria di Bari, interverranno in sala allo spettacolo delle 20,30 – prima e dopo la proiezione de «Il Nibbio» – l’attore Claudio Santamaria e il regista Alessandro Tonda. Il film, distribuito da Notorious Pictures, racconta i ventotto giorni precedenti i tragici eventi del 4 marzo del 2005, quando Nicola Calipari, alto dirigente del Sismi, ha sacrificato la propria vita per salvare quella della giornalista de «Il manifesto» Giuliana Sgrena, rapita in Iraq da una cellula terroristica. Calipari ha avuto un suo ruolo cruciale nelle operazioni in Iraq nei primi anni Duemila per salvaguardare la vita umana e mantenere la pace. Il suo omicidio è ancora irrisolto. «Questo film – spiega il regista Alessandro Tonda – è una grande ed emozionante sfida. Raccontare la storia di Nicola Calipari e del rapimento in Iraq di Giuliana Sgrena rappresenta una responsabilità non solo artistica e professionale, ma anche culturale e storica, per la rilevanza dei fatti in questione, per la necessità di restituire al Paese in forma cinematografica un pezzo così importante della sua storia recente, per la riconoscenza e il rispetto che dobbiamo a una figura di enorme spessore umano, professionale e culturale come quella di Calipari. Il film rappresenta anche un’importante occasione per esplorare un genere e un filone narrativo, quello della spy story, che in Italia è stato a lungo trascurato e che qui trova invece un’occasione unica di esprimersi. Per questo, la componente di action e di thriller non è minimizzata né messa in secondo piano nell’economia narrativa e produttiva del film, bensì valorizzata in tutta la sua potenza, sia spettacolare che di tensione drammaturgica. Questo, tuttavia, non avviene cercando di emulare l’estetica del cinema americano di puro consumo, ma al contrario con approccio fortemente europeo, attento al realismo della rappresentazione, con uno stile sincero, autentico. Il “look” del film vive di suggestioni che provengono dalla realtà. Le scenografie e i costumi sono realistici, al fine di evitare qualsiasi percezione di artefatto ma rimanendo fedeli alla cronaca. Mi sono affidato ad una fotografia calda e dal sapore retrò, prediligendo la luce naturale sia degli ambienti esterni che di quelli interni e l’utilizzo di lenti anamorfiche mi ha aiutato a restituire una scrittura per immagini dal respiro internazionale, valorizzando al meglio le scenografie i costumi e soprattutto i paesaggi. È stato estremamente affascinante cimentarsi con il profilo internazionale della storia, con la contaminazione di lingue diverse, con la messa in scena delle ampie sequenze ambientate in Medio Oriente e quindi con la ricostruzione, necessariamente meticolosa, di un mondo altro da noi, da un punto di vista visivo ma soprattutto culturale e ideologico».

 

Redazione

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