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Bellissime le parole di Fiorella Mannoia, nella canzone “Quelle che le donne non dicono”?: “Siamo così, dolcemente complicate. Sempre più emozionate, delicate. Ma potrai trovarci ancora qui. Nelle sere tempestose Portaci delle rose Nuove cose E ti diremo ancora un altro sì”. Complicate, ma sempre emozionanti e con pensieri che sanno sempre di delicato e riservato. Sanno far parlare gli occhi e poco la bocca. Sanno esserci quando è utile stare. Si continua a festeggiare la donna, in realtà, poi, non si conclude nulla. Un rito solamente, una festa patronale, una ricorrenza da ricordare altrimenti le donne si arrabbiano. Le donne sono soltanto quote rosa, un vessillo per tenerle silenti, farle sorridere cercando di non alterarle troppo. Nel chiuso di una stanza, di una semplice abitazione, avviene l’impossibile. Donne malmenate, uccise, violentate in tutti i posti possibili di una città, meglio se in un angolo buio di una stazione. Fanno sorridere le fiaccolate al seguito di una morte o di una semplice violenza che servono soltanto per l’acquisto e il consumo di una candela. Da domani si ricomincia. Eppure queste risorse di gran valore andrebbero attenzionate meglio, studiate e probabilmente valorizzate con sincerità. Festa della donna: le origini e i 110 anni di storia dell’8 marzo. La prima volta fu il 23 febbraio 1909 negli States, da lì in poi il Woman’s Day iniziò a esser festeggiato con regolarità in molti paesi, anche se in giorni e mesi diversi, fino a quando l’ONU, con la risoluzione 32/142 del 1977, stabilì che l’8 marzo diventava ufficialmente la “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale”. In tutto questo tempo però le donne si sono difese, ribellate, hanno gridato con forza tanto da guadagnarsi almeno il diritto tenue di dichiararsi persone e non strumento per fare figli e lavare i piatti. Da sole, onestamente, hanno fatto molta strada in solitudine con il semplice stare insieme tra di loro. Hanno cercato di farsi spazio in una società abulica, senza cultura, arrogante e incerta, indolente, inerte, insicura che ha il solo desiderio di farsi pubblicità senza contenuto. Una società violenta, ricca di ipocrisia diventata cieca per guardare ai valori essenziali della vita. Peccato che noi uomini abbiamo una vista poco lucida che non riesce ad andare oltre il nostro naso per poter vedere di come le donne, nel loro insieme, sono dotate di due armi formidabili: il trucco e le lacrime. Sanno conservare l’affetto e la considerazione per l’amore della loro vita. Sanno usare bene gli artigli del coraggio per gestire le difficoltà del momento. Diciamoci la verità sanno piangere in silenzio, nascoste in un angolo qualsiasi, anche quando la tempesta sta per travolgerle. Poi lentamente riescono a rialzare la testa e ricominciare tutto da capo, anche se le risorse non ci sono più. In molti attimi della vita di uomo sanno dare speranza, conforto dimostrando molte volte di essere veri architetti di questa nostra società. Lo stare insieme con loro, in un respiro di un’amicizia, di un matrimonio, di un rapporto parentale non deve portarci a pensare ad un conflitto, ma deve generare spazi ampi di pace, di accordo, armonia, intesa. Ecco perché le leggi non servono a nulla. Possono reprimere nulla di più. È il cuore e la ragione da mettere sul tavolo, modificandone alcune parti avariate di noi tutti. Più che la festa delle donne, l’8 marzo deve essere la festa di una grande riconciliazione tra uomini e donne. Abbiamo bisogno di donne, soprattutto in questo momento di pieno oscurantismo. È tempo per un impegno coraggioso. È tempo di dire: donne di tutto il mondo scusateci, vi vogliamo bene. È tempo di riconoscersi entrambi nei nostri difetti e insieme percorrere la strada di una comune visione per un futuro nobile di pace. Il mio augurio è quello di continuare ad essere soltanto donne, niente di più. Questo mio pensiero al Sud sarà avvertito come una sviolinata, in Lucania ancora peggio. Fate voi, ma il mio animo e il mio cuore è sincero. La colpa è di noi uomini che abbiamo costretto le donne a ribellarsi e non condividere. Ma di tutto questo ne avremo piena contezza quando saranno gli anni a spiegarci bene i continui errori da noi commessi.
Oreste Roberto Lanza