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“Volevo essere un duro che non gli importa del futuro”. Cantava Lucio Corsi dal palco di Sanremo 2025. Gli faceva da eco Simone Cristicchi con le parole della sua canzone “Quando sarai piccola ti aiuterò a capire chi sei”. Poi Achille Lauro che gridava forte: “E noi stiamo annegando, naufragando è un romanzo.”. Tutto a un tratto ecco il testo di un certo Bresh (Andrea Brasi) con una faccia tra il malinconico e sconsolato che cantava: “Ti ho vista piangere dietro alle mie parole. Ma non sapevo cos’altro dire di te”, Clara meglio molto meglio: “Ti sei preso una parte di me. Quella ancora più in fondo dell’anima”. M­a ci sono dietro la porta i cuoricini di Coma_Cose che sospirano in musica: “Oggi mi sento una pozzanghera”. Pochi hanno capito bene Elodie che alle sette ci si può dimenticare (Dimenticarsi alle 7) ma cosa? “Quanta gente passa e se ne va”. Questo lo sanno tutti. Allora ha ragione Fedez con il suo testo “Battito”: Ti porterei in terapia solo per farti capire, il male che fai”. Francesca Michielin ci avverte di una cosa importante: “Dopo centomila lacrime le grondaie cadono” Francesco Gabbani finalmente ammette che “Sarà che una bugia dice la verità più della verità”. Irama lentamente sospira: “Non ti ricordi che sei stata tu crudele, crudele, crudele.” Gaia insicura con il titolo alla Renzo Arbore “Chiamo io Chiama tu” confessa “Amo il cibo di strada i capelli del mare”. Pezzi scritti da tante persone musicate e cantante non al meglio di un giudizio positivo. Tra una terapia farmacologica, cognitivo –comportamentale e psicoterapia cognitiva –costruttiva siamo riusciti a tenere seduti su un divano gli italiani portatori di un solo e unico desiderio, quello di ascoltare un po’ di musica alla Diodato: “E fai rumore”. C’è qualche ritmo interessante ma le note usate sono sempre le stesse con un cuore che non batte da tempo per le grandi melodie quelle che si ricordavano tutta una vita oserei dire da intere generazioni. Vero, intere generazioni sono cresciute fischiettandole per strade, in una sera di grande malinconia o quando la pioggia costringeva tutti al ritiro monacale in casa. Ma allora quelle mani alzate al cielo di Domenico Modugno che gridavano all’ottimismo della vita, alla speranza di un giorno migliore dove sono finite? Ma l’ottimismo si trova soltanto da Trony? Su un albero di Noci? Quello di casa di Dario Brunori : “Vorrei cambiare la voce , vorrei cantare senza parole”. La seconda andrebbe bene. Di questi tempi meglio cantare senza parole con il semplice rumore di un’accordata bocca e un fischio dolce e garbato. Tanto anche di questo Sanremo non ricorderemo come al solito nulla perché in fondo sul palcoscenico della citta dei fiori non c’era nessuno e niente. La musica e le parole sono in ferie da tempo. La verità che mancano i cantautori autentici che sanno leggere e scrivere. Allora non ci resta che cantare Volare pensando a quel sogno che possa ritornare al più presto. Sanremo che bella parola, quanto mi manchi.

 

Oreste Roberto Lanza

 

 

Oreste Roberto Lanza

Oreste Roberto Lanza è di Francavilla Sul Sinni (Potenza), classe 1964. Giornalista pubblicista è laureato in Giurisprudenza all’Università di Salerno è attivo nel mondo del giornalismo sin dal 1983 collaborando inizialmente con alcune delle testate del suo territorio per poi allargarsi all'intero territorio italiano. Tanti e diversi gli scritti, in vari settori giornalistici, dalla politica, alla cultura allo spettacolo e al sociale in particolare, con un’attenzione peculiare sulla comunità lucana. Ha viaggiato per tutti i 131 borghi lucani conservando tanti e diversi contatti con varie istituzioni: regionali, provinciali e locali. Ha promozionato i prodotti della gastronomia lucana di cui conosce particolarità e non solo.