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Il liberalesimo quale si è formato nel XIX secolo e il neo liberalesimo tatcheriano e reaganiano hanno da subito mostrato i propri gravi difetti nel favorire se non determinare progressivi accentramenti di ricchezze e conseguenti poteri politici in poche mani fino a vanificare il ruolo delle istituzioni asservendole fino a favorire guerre sanguinosissime in ogni parte del mondo.
Progressivi accentramenti di potere economico e politico non dovuti a meriti ma al malfunzionamento del sistema. Infatti questo accentramento è stato reso possibile ed è stato oltremodo accentuato dall’avvento massiccio delle tecnologie che a loro volta sono state rese possibili proprio da massicci investimenti. Milioni di menti di primissima qualità e fiumi di miliardi sono stati impegnati in una sorta di crociata planetaria contro il lavoro la cui limitazione e sostituzione con macchine e robot è ormai una specie di mantra anche se è di tutta evidenza che la qualità dei prodotti e dei servizi crolla inevitabilmente; senza voler evocare i danni ambientali irrimediabili che quelle tecnologie portano con se. A temperamento di questo malfunzionamento del sistema liberale si è ricorsi a politiche sociali sia di destra che di sinistra che però -pur migliorando la condizione dei più deboli e degli esclusi- si sono risolte in ulteriore e voluto rafforzamento dei forti a scapito del mondo dei deboli. Questo fallimento ha coinvolto anche la Chiesa che fin dall’inizio ha rilevato e denunciato tale malfunzionamento (anche e fin dalla Rerum Novarum) che però non è mai stata seguita con la necessaria convinzione, né è stata ben compresa. Oggi la concentrazione del potere è pervenuta alla sistematica disinformazione delle masse e delle élites producendo le condizioni ideali per un crollo apocalittico non solo della condizione materiale di tutti -ricchi inclusi- ma anche dell’ideale liberale fin dalle sue più primitive radici e motivazioni. Le istituzioni ne escono polverizzate in ogni loro componente. Quindi il pensiero liberale in pieno XXI secolo non riesce a convincere e coinvolgere come dovrebbe proprio perché non ha cercato e trovato una via liberale ad uno sviluppo meno sbilanciato a favore dei forti. Per molti addirittura si arriva ormai a credere che questa crescente differenza socio economica sia ineluttabile. Che si fa? Il pensiero liberale e le politiche economiche per lo sviluppo sono chiamati a indicare nuove strategie… né possono farlo altri in quanto l’istanza liberale è irrinunciabile essendo elemento costitutivo delle identità e dignità umana come anche il perenne perseguimento di maggior giustizia nei rapporti umani. Certamente non potremo non vivere assestamenti apocalittici sia nel superamento dell’attuale condizione sperequata sia nel caso della sua perpetuazione. La Cina ha promosso il proprio recente sviluppo acquisendo dal diritto romano il concetto di proprietà privata pur adattandolo alla loro realtà e quindi travisandolo. Però non è esente questo loro sviluppo dagli stessi gravi problemi che abbiamo sperimentato in Occidente. È chiaro che i potenti di qua non vedono male questo malfunzionamento e quindi esiste una specie di fronte unitario conservativo dell’attuale “liberalesimo dei grandi” che invece va superato…. Tutto questo è il vero progressismo. Le politiche per lo sviluppo (e quindi non le politiche sociali) hanno il ruolo e il compito di dare le necessarie risposte… in Italia abbiamo il singolare privilegio di anticipare in modo macroscopico i fenomeni politici globali e in questo caso abbiamo il fenomeno della dualità dell’economia italiana con il problema del nostro Mezzogiorno.. È di tutta evidenza che la unitarietà delle regole della pubblica amministrazione è una concausa dell’arricchimento dei pochi e della corrispondentemente desertificazione della stragrande maggioranza del territorio nazionale e segnatamente del Sud. Nello sforzo di riportare il Mezzogiorno alla pari dignità economica con il resto d’Europa la parola “aiuto” o “solidarietà” non hanno diritto di asilo se non per i casi umani – numerosi – di necessario soccorso. Ma non hanno dignità di “politica”. Al contrario i concetti di merito e proprietà privata non certo accentrata ma diffusa in antitesi all’elefantiasi del settore pubblico -privo di merito e pieno di proprietà non utilizzate appieno- sono le componenti che istintivamente vanno posti alle fondamenta del pensiero economico liberale del futuro. Quindi il pensiero liberale in pieno XXI secolo non riesce a convincere e coinvolgere come dovrebbe proprio perché non ha cercato e trovato una via liberale ad uno sviluppo meno sbilanciato a favore dei forti. Lo sforzo necessario comporterà smottamenti socio economici terribili con la scomparsa di grandi conglomerati industriali e finanziari semplicemente perché insostenibili. Inoltre si dovrà ripensare il ruolo del confine territoriale e relativa frontiera che certamente non torna ad essere visto come limite e elemento divisivo (che pure non può non essere) ma come protezione del proprio modello di sviluppo e della propria identità culturale ed umana…e come contenimento della concorrenza diseguale e quindi illegittima che sta uccidendo l’Occidente e la nostra civiltà.

canio trione 

Canio Trione

Direttore editoriale di Bari Sera e delle altre testate della editrice La Città, meridionalista da tempo immemore; scrive da sempre di economia reale, credito, finanza, scienza della moneta; ha pubblicato decine di saggi; grande critico della gestione dell'euro; profondo conoscitore della storia anche remota dell' economia.