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Sommario: 1. Dall’uomo all’ultraumano. 2. Risoluzione del Parlamento europeo. 3. Proposta di personalità ai robots. 4. Prospettive internazionali. 5. Diritto dei robots. 6. Definizione.7. Approccio progressivo. La casistica negli usa.

1. Dall’uomo all’ultraumano.

Vi sono tempi ed avvenimenti cruciali nella Storia; in grado di cambiare il suo corso o, quanto meno, di imprimerle un cammino fino ad allora neanche immaginabile.

Cosí, ad esempio, è stato per la scoperta del fuoco, della ruota, del cavallo e delle macchine che hanno dato vita alla società industriale.

Ora, dopo che da tempo si è parlato della nascita della società postindustriale, per unanime riconoscimento siamo in parte dentro in gran parte alle soglie di una rivoluzione che concerne ogni aspetto della vita sociale e, forse, della visione della vita stessa: l’avvento e la sempre piú permeante ed inarrestabile presenza delle intelligenze artificiali e/o robots, come piú comunemente in via generica si suole indicare il fenomeno.

Ma forse di tutti gli eventi succedutisi nella storia dell’umanità il futuro prefigurato dall’intelligenza artificiale è il piú sconvolgente e, per certi versi, quello destinato a mettere a soqquadro e cambiare la percezione del mondo.

Esso, infatti, può porre fine all’antropocentrismo che, con varie accezioni, ha caratterizzato ogni costruzione filosofica e giuridica.

L’impostazione fu efficacemente sintetizzata nel sintagma dell‘uomo misura di tutte le cose, come fu definito da Protagora1 e caratterizzò (sia pure con accenti vari e diversi tra loro) tutto il pensiero greco e, a partire da esso, pressoché totalmente il pensiero delle civiltà mediterranee e, in gran parte, dell’occidente contemporaneo, sembra giunta al termine del suo percorso. Oggi, infatti, piú che in altri tempi, deve essere messa in discussione, poiché rischia di essere sovvertita in misura progressivamente accentuata.

Riguardo al diritto occorre innanzitutto avvertire la radicalità del cambiamento per poi ridisegnare il quadro di riferimento, procedendo non con costruzioni o categorie generali e precostituite, bensí con aderenza alla realtà profondamente cangiante e cambiata, cioè all’esperienza giuridica2¸ che altro non è se non la ‘vita’3. Essa finora è stata intesa e rivendicata sempre come esperienza umana con protagonisti gli uomini di là dagli apparati e dagli Stati4; invece potrebbe non bastare.

Oggi piú che mai va riaffermata corrispondenza del diritto all’esperienza, perché occorre anche fare i conti con i nuovi e finora inimmaginabili cambiamenti, i quali, rimodellano l’esperienza ed esigono di adeguare il diritto anche ad essi. Il che comporta la necessità di rendersi conto che la nozione stessa di esperienza è mutata e che essa non risiede piú esclusivamente nell’esperienza umana: forse, per la prima volta, gli uomini non sono tutta la realtà5, dal momento che la vita potrebbe non articolarsi piú esclusivamente intorno a loro6.

Per la prima volta stiamo per assistere ad una realtà che andrà oltre l’uomo7, verosimilmente inserendosi nella complessità di quello che qualcuno ha chiamato transumanesimo8.

Stiamo assistendo o stiamo per assistere ad un grado di autonomia dei robots che risiederà nella capacità di prendere decisioni e metterle in atto nel mondo esterno, indipendentemente da un controllo o un’influenza esterna (quindi umana); tale autonomia è di natura puramente tecnologica e il suo livello dipende dal grado di complessità con cui è stata progettata l’interazione di un robot con l’ambiente. Ne consegue che ovviamente più i robots sono autonomi, meno possono essere considerati come meri strumenti nelle mani di altri attori (quali il fabbricante, il proprietario, l’utilizzatore, ecc.). Ciò, a sua volta, rende insufficienti le regole ordinarie, particolarmente in materia di responsabilità, e richiede necessarie nuove regole incentrate sul come una macchina possa essere considerata – parzialmente o interamente – responsabile per le proprie azioni o omissioni.

Appare, pertanto, sempre più urgente affrontare la questione fondamentale della rilevanza giuridica dei robots e delle intelligenze artificiali.

La quale richiede un ripensamento del diritto e delle sue nozioni, a partire dal nocciolo sul quale dal diritto romano ad oggi sono stati elaborati il diritto e la scienza giuridica, vale a dire quello di persona: esso potrebbe essere non adeguato alla nuova realtà, andando oltre i primi tentativi di inquadrare e definire il ‘nuovo’ originato dalle intelligenze artificiali attraverso una configurazione imperniata su persona e soggettività giuridica e, quindi, l’estensione di tali categorie anche ai robots ed alle intelligenze artificiali.

Ma proprio l’utilizzo delle categorie sorte e forgiate in una realtà esclusivamente umana può quanto meno essere oggetto di analisi. Sembra, infatti, quanto meno opportuno sulla congruità dell’utilizzo delle categorie della personalità, senza verificare attentamente se effettivamente i robots e le IA possano in qualche modo rientrare nelle configurazioni giuridiche della persona e/o della soggettività; oppure se la loro presenza richieda la elaborazione di nuove configurazioni giuridiche.

A ciò bisogna accingersi subito, perché diventa via via piú impellente man mano che si si assume consapevolezza che oggi i robots sono grado di svolgere attività che tradizionalmente erano tipicamente ed esclusivamente umane, in conseguenza dello sviluppo, da parte loro, di caratteristiche autonome e cognitive (implicanti, ad esempio, la capacità di apprendere dall’esperienza e di prendere decisioni indipendenti). Esse, specialmente in prospettiva e già oggi, li stanno facendo apparire sempre più simili agli uomini, consentendo loro di interagire autonomamente con l’ambiente circostante e di modificarlo, anche in misura rilevante. Ci si rende conto che se al momento i robots, per lo piú, sono esecutori materiali di ordini dell’uomo, in seguito ai notevoli progressi dell’intelligenza artificiale, presto potranno essere in grado di avere una propria autonomia decisionale e di potere discernere tra il bene ed il male (ovviamente secondo propri punti di vista).

2. Risoluzione del Parlamento europeo.

Delle urgenze e degli interrogativi nascenti dalla nuova problematica si è fatto carico il Parlamento Europeo, attraverso la Risoluzione del 16 febbraio 2017 (2015/2103), contenente anche una raccomandazione per la commissione sulle norme civili in tema di robotsica (European Civil Law Rules in robotics) 9.

La Risoluzione ha avuto una lunga gestazione sulla base di un testo predisposto dalla relatrice, (l’eurodeputata lussemburghese Mady Delvaux)10 e previamente sottoposto alla revisione delle commissioni interessate dall’argomento: la commissione per l’occupazione e gli affari sociali (Employment and Social Affairs Commitee), la commissione sull’ambiente (Environment, Health and Food Safety Commitee), la commissione sul trasporto (Transport and Tourism Commitee) e quella per l’industria (Industry, Research and Energy Commitee), nonché quella per l’integrazione del mercato interno (Market Integration and Consumer Protection Commitee) e la commissione sulle libertà civili (Civil Liberties, Justice and Home Affairs Commitee).

La raccomandazione affronta in chiave prospettica ed a tutto campo quelle che, dal Parlamento Europeo, sono ritenute essere le nuove sfide e le criticità per il diritto civile poste dall’articolazione e dallo sviluppo delle nuove tecnologie e in particolare da quelle sollevate dai robots e dalle intelligenze artificiali. Ne è scaturito un documento di ventidue pagine, le quali, partendo da scenari di fantascienza (in particolare da quelli prefigurati da Asimov), suggeriscono possibili tecniche di regolamentazione, che tengano conto del bilanciamento tra l’interesse all’innovazione e al progresso tecnologico e altri interessi che da tale progresso potrebbero essere lesi o comunque investiti.

La raccomandazione, alla quale è aggiunta in appendice una Carta sulla robotica (Charter on robotics), parte da una serie di premesse (introdotte dalla parola considerando)11, dalle quali dovrebbero scaturire i princípi sia etici sia giuridici12, che si auspicano possano ispirare sia l’impiego sia la progettazione e la realizzazione di robots e intelligenze artificiali13.

Il Parlamento Europeo “sottolinea che il quadro etico di orientamento dovrebbe essere basato sui princípi di beneficenza, non maleficenza, autonomia e giustizia, nonché sui princípi sanciti all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – quali la dignità umana, l’uguaglianza, la giustizia e l’equità, la non discriminazione, il consenso informato, la vita privata e familiare e la protezione dei dati, così come sugli altri princípi e valori alla base del diritto dell’Unione come la non stigmatizzazione, la trasparenza, l’autonomia, la responsabilità individuale e sociale – e sulle pratiche e i codici etici esistenti”.

La Risoluzione delinea un quadro ampio ed articolato, dettato dalla consapevolezza di essere dinanzi ad una “ nuova rivoluzione industriale … in grado di trasformare le abitudini di vita”, e dalla necessità di assumere consapevolezza del fatto che, per la prima volta nella storia, potremmo essere di fronte a “macchine autonome e intelligenti, in grado di apprendere e prendere decisioni in modo indipendente” e, addirittura, all’eventualità “che è possibile che a lungo termine l’intelligenza artificiale superi la capacità intellettiva umana”.

Essa si fa anche carico delle prospettive di sviluppo dell’Unione, nella quale è previsto una crescita del 12% per gli “automi” professionali; i quali varranno 27 miliardi di dollari nel 2020, prevedendo, fin da ora, impieghi diffusi nella manifattura, nella medicina e nella logistica.

Dinanzi a questo incombente scenario si fa strada anche la consapevolezza che senza un’adeguata previsione normativa e un congruo inquadramento giuridico del fenomeno tutto rischia di essere compromesso.

Tra le vie suggerite per affrontare le tematiche evidenziate, appare centrale l’accento posto sui profili giuridici delle problematiche e questioni prospettate. Si ritiene impellente la rivisitazione delle categorie e dei princípi generali, coinvolgendo ed accentuando i necessari aspetti etici14, e si evidenziano le implicazioni in tema di responsabilità, indicata come la criticità emergente. Un’attenzione specifica è riservata alla necessità di protezione dei dati personali e della privacy.

Partendo dalla constatazione che in alcuni significativi Stati si è o si sta già procedendo alla emanazione di atti normativi in tema di robotsica e di IA15, si propone che anche l’UE adotti normative proprie, onde evitare di “adottare e subire norme stabilite da altri”.

Il percorso proposto parte dalla consapevolezza che (riguardo ai robots) “lo sviluppo di determinate caratteristiche autonome e cognitive – ad esempio la capacità di apprendere dall’esperienza e di prendere decisioni quasi indipendenti – li ha resi sempre più simili ad agenti che interagiscono con l’ambiente circostante e sono in grado di alterarlo in modo significativo … capacità di prendere decisioni e metterle in atto nel mondo esterno, indipendentemente da un controllo o un’influenza esterna” per domandarsi “se ciò renda necessari nuovi principi e regole”. La conclusione è che “l’autonomia dei robots solleva la questione della loro natura alla luce delle categorie giuridiche esistenti e dell’eventuale necessità di creare una nuova categoria con caratteristiche specifiche e implicazioni proprie”, cioè di “nuove normi efficaci e al passo con i tempi”; tanto piú che “il passaggio ai veicoli autonomi avrà un impatto sui seguenti aspetti: la responsabilità civile (responsabilità e assicurazione), la sicurezza stradale, tutte le tematiche relative allambiente (ad esempio, efficienza energetica, utilizzo di tecnologie e fonti di energia rinnovabili) e le problematiche relative ai dati (ad esempio, accesso ai dati, protezione dei dati personali e privacy, condivisione di informazioni), le questioni relative allinfrastruttura TIC (ad esempio, un livello elevato di comunicazione efficiente e affidabile) e alloccupazione (ad esempio, la creazione e la perdita di posti di lavoro, la formazione dei conducenti di veicoli commerciali pesanti per la guida dei veicoli automatizzati)”.

Per raggiungere gli obiettivi prefigurati, la Risoluzione avanza diverse proposte, quali:

  • la definizione europea comune di sistemi ciberfisici,
  • un sistema globale dell’Unione per la registrazione dei robots nel mercato interno dell’Unione,
  • l’incentivo alla ricerca ed alla innovazione (particolarmente riguardo ai potenziali rischi),
  • una connettività universale a banda larga,
  • l’equipaggiamento di ogni robots con una “scatola nera”,
  • la creazione di una Agenzia Europea transfrontaliera,
  • la riscrittura delle norme di diritto civile per renderli coerenti con il regolamento generale sulla protezione dei dati e in linea con i principi della necessità e della proporzionalità.

L’approdo ultimo dovrebbe consistere nel riconoscimento, “almeno per i robots autonomi più sofisticati”, della personalità elettronica16; essa dovrebbe essere delineata da “una proposta di direttiva relativa a norme di diritto civile sulla robotica”17.

3. Proposta di personalità ai robots.

È facile osservare che la Risoluzione, come peraltro è logico che fosse, si muove all’interno dei concetti attuali del diritto, facendo capo alla categoria della personalità, che è categoria nata e forgiata intorno all’uomo.

Probabilmente non poteva essere diversamente, data la necessità di inserire nel contesto attuale il nuovo, che da alcuni è stato identificato come una diversa e autonoma branca del diritto; la quale potrebbe essere indicata (e, presumibilmente, in futuro lo sarà) come “Diritto della robotica”18.

Nella riflessione che il tutto impone, però, appare prioritario interrogarsi sulla congruità e la opportunità di procedere per la via indicata, cioè quella che posiziona i robots e le IA all’interno dei concetti relativi alla personalità, approfondendo le implicazioni dell’eventuale rinvio alla personalità, che è, comunque, nozione complessa e nient’affatto pacifica.

Occorre, invero, verificare se quel richiamo appaia appropriato e pertinente; il che equivale a chiedersi se ed in quali confini sia opportuno applicare ad una entità finora inesistente e relativa ad un contesto storico e socio-economico mai verificato o prefigurabile il percorso normativo modellato intorno all’uomo o, come si suole dire, intorno alla persona, che non sempre è indicativa dell’uomo19, ma, piú spesso, anzi, è frutto di astrazione20; di modo che persona ha potuto significare sia realtà ed entità non immediatamente individuabili sia l’uomo21. Ciò in virtú della capacità creativa riconosciuta al diritto22, per mezzo della quale si è dato vita a costruzioni complesse e talora persino paradossali23 e nel contesto delle nuove scoperte scientifiche, le quali, per esempio attraverso le neuroscienze, in qualche misura hanno messo a nudo l’uomo, evidenziando l’automaticità di alcuni suoi comportamenti24.

In conclusione, si può affermare che stiamo dinanzi ad uno scenario del tutto nuovo ed in continua evoluzione. Il quale, tuttavia, purtroppo non è avvertito (nella sua interezza ed impellenza) dalla Politica, mentre è ben presente al mondo accademico ed a quello imprenditoriale. Particolarmente riguardo ai robots ed alla IA, voci rilevanti, come quella di Elon Musk25, potenti imprenditori della West Coast, o docenti come Ryan Calo26 hanno sollecitato un’ampia regolamentazione dell’IA, chiedendo l’istituzione di una commissione federale di robotica, per esaminare le questioni morali e giuridiche ad essa afferenti.

4. Prospettive internazionali.

Parto da una visione comparata per osservare che la proposta di dare personalità ai robots e/ alle IA si inserisce nella tendenza che sta emergendo anche in altre Regioni del mondo ed appare consentanea alle nuove esigenze dei tempi ed alle conseguenti teorizzazioni e costruzioni giuridiche. Le quali procedono attraverso l’assimilazione della nuova realtà tecno-informatica agli schemi usati per le persone, secondo una costante della storia e dello sviluppo umano27.

A Dubai sull’innovazione tecnologica si sta investendo tantissimo, tanto che dopo che il primo ministro Mohammed Bin Rashid Al Maktoum ha annunciata l’istituzione di un Ministero della Felicità, il paese ha provveduto alla creazione di un Ministero per l’Intelligenza Artificiale, affidato ad un ventisettenne, Omar Bin Sultan Al Olama28, ed inserito nel Piano del governo emiratino sull’intelligenza artificiale, teso a far sí che gli Emirati Arabi Uniti diventino il Paese più preparato al mondo sull’intelligenza artificiale. Ciò secondo una strategia la quale prevede la completa digitalizzazione delle transazioni cartacee entro il 2021, la diffusione della mobilità a guida autonoma, la soglia del 75% di energia pulita per il fabbisogno energetico nazionale, e, dulcis in fundo, la costruzione del primo insediamento urbano su Marte29.

L’Arabia Saudita, primo Paese al mondo, con un’accattivante iniziativa probabilmente di marketing, ma facente parte di un progetto di ampio respiro30, nello scorso anno ha concesso la cittadinanza ad un automa. Un gesto che ha suscitato anche polemiche, ma che comunque invita a riflettere su doveri e diritti di queste “creature” destinate a confondersi sempre più con la specie umana. Si tratta del robot, chiamato Sofia31, quasi a veicolare un messaggio subliminale, poiché proprio quel nome non è casuale, ma sembra volere richiamarsi alla sapienza della filosofia greca. In un paese nel quale diventare cittadino non è facile e l’iter burocratico dura anni, ecco che nello spazio di qualche giorno Sophia è divenuta una cittadina saudita, anche se non ha sposato un suddito di Re Salman e non aveva la residenza stabile e da rilevante durata nel regno. Il fatto è che Sophia appare docile e sempre obbediente agli ordini; il che è davvero rilevante e funzionale alla monarchia assoluta islamica. Con il riconoscimento di Sofia come ‘cittadina’ è come se il Re avesse voluto lasciar intendere alle donne che per raggiungere l’ideale di saggezza occorre ragguagliarsi a Sofia e, come lei non discutere ma obbedire. Infatti Sofia viene prospettata come una sorta di donna perfetta, secondo i rigidi canoni della società saudita che solo recentemente, e sulla spinta del principe ereditario Mohammed Bin Salman, ha cominciato a elargire diritti di base al mondo femminile, ultimo in ordine di tempo il permesso di guidare l’auto. Perciò, non sembra un caso che il primo Paese a dare il passaporto a una donna robot sia proprio l’Arabia Saudita.

Di là dalle motivazioni dei Sauditi, però, l’iniziativa riguardante Sofia evidenzia l’urgenza di una diversa fase della storia dell’umanità. Solleva problematici interrogativi: man mano che robot dotati di intelligenza artificiale diventeranno sempre più confondibili con i membri della nostra specie, come faremo a interagire con loro? Cosa ci distinguerà da loro? Con quali regole dovremmo gestire questa vera e propria rivoluzione? Quali doveri e responsabilità si dovrebbero applicare a queste creature? Avranno diritti? Ma la domanda centrale che dobbiamo porci prima di rispondere a tutte le altre è: cosa significa essere umani? La realtà futura sarà ancora incentrata esclusivamente sull’uomo e sul concetto di persona? Stiamo infatti assistendo alla nascita di vere e proprie nuove creature, che, create da noi, potrebbero andare oltre noi.

La direzione intrapresa dall’Arabia Saudita non è rimasta isolata.

Nell’autunno scorso anche Shibuya Mirai, un robot creato da 7 anni ha ottenuto la residenza nel popoloso distretto Shibuya di Tokyo.

Il provvedimento, che pare orientato a individuare anche il robot come punto di rilevanza giuridica e, soprattutto, come centro di responsabilità per eventuali comportamenti, denota il tentativo di far rientrare anche il ‘nuovo’ delle piú avanzate tecnologie negli schemi consueti del diritto assato intorno all’uomo ed ai suoi costumi. In altre parole, poiché per dare rilevanza giuridica all’uomo occorre radicarlo in un luogo specifico e quindi individuare dove risieda, ecco che, volendo dare rilievo giuridico al robot, appare congruo dire che anche lui deve risiedere in un luogo ben individuato e, pertanto, che abbia una residenza.

La strada intrapresa, di là dall’evidente impatto mediatico e sebbene comprensibile, è tuttavia assolutamente inadeguata. Tanto piú che Mirai, e è una intelligenza artificiale adibita al popolare servizio di instant messaging Line, tecnicamente non è nemmeno un robot, bensí un chatterbot, vale a dire, un software in grado di sostenere conversazioni testuali con chiunque voglia scambiare due chiacchiere e, proprio perché è un software non può essere ancorato o individuato in un territorio specifico. Chiunque può farne il download da qualsiasi parte del pianeta, purché si procuri le chiavi di accesso. Perciò non si vede come ed in che senso si possa parlare di residenza in un determinato luogo, dove per avventura venga utilizzato in un determinato momento. Peraltro andrebbe chiarita la portata di siffatta residenza: si devono o no riconoscere i diritti, le facoltà, gli obblighi normalmente connessi alla residenza? Ad esempio si darà il diritto di voto e di proporsi alle cariche ed agli uffici pubblici? Che dire poi degli atti vincolati alla residenza: poiché la legittimazione processuale spesso dipende dalla residenza, se qualcuno dovesse usare (con gli opportuni adattamenti) il software di Mirai in Italia o altrove le eventuali controversie nascenti dall’uso del software potranno essere sollevate esclusivamente a Tokyo, luogo di residenza riconosciuta a Mirai?

In verità ci troviamo dinanzi ad entità nuove in grado di interagire, anche efficacemente, con l’uomo32 per le quali sarebbe opportuno elaborare soluzioni innovative e non limitarsi al ricorso alle costruzioni esistenti, elaborate per l’uomo in un contesto profondamente mutato.

Bisogna partire dalla consapevolezza di ciò e partire dal fatto che uno dei principali nodi sta proprio nella tendenza “ad antropomorfizzare la tecnologia”, perché, come ha osservato il filosofo Stephen Cave, del Leverhulme centre for the future of intelligence dell’università di Cambridge33, nel Regno Unito, “Con l’aumento delle applicazioni d’intelligenza artificiale, e la loro sempre maggiore diffusione, cominceremo a dare nomi a questi sistemi e a trattarli come se facessero parte della nostra équipe. ….Crederanno che l’intelligenza artificiale esiste solo quando un androide entrerà dalla porta”, dice Cave. La rivoluzione, però, è già cominciata. Solo che non ce ne siamo accorti. E per ora non sembra troppo rivoluzionaria”.

Siffatta tendenza è conseguenza della ricerca di un senso di sicurezza34, che proprio l’illusione della somiglianza con gli esseri umani35 potrebbe conferire, ma che, come ha fatto notare Joanna Bryson, è ‘pericoloso’, perché non ci fa accorgere e riflettere su come e quando continuamente siamo controllati da IA che ci circondano senza che ce ne rendiamo conto36. Ad esempio, l’accattivante e saggia Alexa37 di Amazon risponde a tutto, ma non a caso “non accenna alla raccolta di dati per conto di Amazon, Apple, Google, Facebook e tutti gli altri. Le aziende che la usano sostengono di volere quei dati per migliorare la vita degli utenti: per capire cosa intendono dire quando sbagliano a scrivere quello che stanno cercando, per stabilire quali post degli amici vogliono leggere o per soddisfare i loro desideri. Ma quei dati servono anche per vendere annunci e prodotti, e per perfezionare gli stessi algoritmi dell’intelligenza artificiale. Google, Amazon, Microsoft e gli altri hanno lasciato aperti alcuni dei loro algoritmi perché gli sviluppatori esterni potessero usarli per le loro applicazioni, migliorando allo stesso tempo i codici che le grandi aziende incorporano nei loro sistemi d’intelligenza artificiale. Tutto questo significa che non c’è bisogno di una scatola parlante in cucina per comunicare con un sistema d’intelligenza artificiale probabilmente senza saperlo. Le e-mail inviate al supermercato britannico online Ocado, per esempio, sono regolarmente lette, elencate in ordine di priorità e inoltrate da un’applicazione che si basa sull’algoritmo TensorFlow di Google. L’ultima volta che avete chiamato un call center probabilmente vi ha risposto un’applicazione, che vi ha chiesto cosa volevate e ha inoltrato la chiamata in base alla vostra risposta. Oggi le applicazioni d’intelligenza artificiale approvano (o respingono) le richieste di mutui, stabiliscono i premi assicurativi e scoprono le frodi fatte con le carte di credito individuando le transazioni insolite. L’intelligenza artificiale è già intorno a noi in una serie di applicazioni pratiche, dice Sabine Hauert, un’esperta di robotsica dell’università britannica di Bristol”38.

Per i robots, secondo Hanson39, avremo un cambiamento profondo quando le macchine cominceranno a comprendere le conseguenze delle loro azioni e a inventare soluzioni alle sfide quotidiane, poiché quando le macchine ragionano in questo modo, potranno iniziare a compiere atti di immaginazione morale, sollevando tutta una nuova serie di domande e sfide: il robot o il suo proprietario posseggono i diritti sui suoi dati? Si potrebbe dire che i robots hanno una loro identità legale e rivendicare diritti propri?

Shanahan, professore di robotistica cognitiva all’Imperial College di Londra e ricercatore senior presso Google DeepMind40, mette in guardia nei confronti dei grandi pericoli insiti nei sistemi antropomorfizzanti di intelligenza41. Shanahan ritiene che sia importante distinguere tra cognizione e coscienza e che anche se ora come ora sia del tutto inopportuno parlare di diritti dei robots non si può affermare che non sarà mai opportuno; infatti, i robots potrebbero un giorno avere una coscienza.

In tutti i casi siamo davanti a fattispecie per le quali non avrebbe addirittura senso l’accostamento all’uomo ed alla sua identità. È del tutto obsoleta l’idea di macchine che imitano il funzionamento del cervello umano e agiscono come noi. La vera intelligenza artificiale è costituita da programmi che girano in computer racchiusi in grandi scatole di metallo. Queste applicazioni perfezionano le loro risposte elaborando i dati, poiché a loro interessano solo i dati. In altre parole, come osserva Cave42, “il nostro più grande errore è pensare che l’intelligenza artificiale diventerà qualcosa di simile all’intelligenza umana … Il suo funzionamento non ha niente a che vedere con quello del cervello umano. Per quanto riguarda gli obiettivi, le capacità e le limitazioni, saranno profondamente diverse da noi scimmie con un cervello grande”.

Quanto alla diversità non necessariamente potrà essere superiore o inferiore. Anzi, come fanno presente alcuni Autori, tra i quali Nello Cristianini43, appare fuorviante insistere nel considerare quello umano l’unico paradigma possibile dell’intelligenza, e lo è ancora di più pensare che ne rappresenti il punto più alto. A ben considerare, l’intelligenza esisteva da molto prima che comparisse il primo essere umano, sicuramente da prima che si evolvesse il linguaggio. Essa consiste in una serie di calcoli che generano azioni, sicché appare davvero ingenuo pensare di assimilare l’intelligenza e, da ultimo l’IA all’uomo.

Si apre, pertanto, un interessante capitolo: quello del rapporto tra uomo e robot. Il quale risale alla nascita del nome ‘robot’ e della sua prospettazione come attore del mondo contemporaneo. Siamo agli inizi del secolo XX, quando (nel 1922) a Praga andò in scena il dramma utopico fantascientifico R.U.R. (Rossum’s Universal robots) scritto da Karel ČCapek (1890-1938). Nel dramma apparve per la prima volta la parola “robot”, riferita ad esseri artificiali simili agli umani e costituiti da materia organica. Creati dal Signor Rossum, erano finalizzati a sollevare l’uomo dalla fatica del lavoro. Lo stesso nome scelto ne indicava la funzione poiché deriva dalla parola ceca robota: lavoro forzato. Nell’opera, influenzata della rivoluzione russa, venne anche prospettata la possibile ribellione dei robots; i quali si ribellano all’uomo (che, sollevato dal dover lavorare, ha subito ceduto alla dissolutezza) e lottano per essere liberi dal lavoro forzato.

Come è noto, nel 1942 Isaac Asimov elabora le Tre Leggi della robotica:

  1. un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno.
  2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano con la Prima Legge.
  3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima e la Seconda Legge.

5. Diritto dei robots.

Era cosí prefigurato per la prima volta il diritto dei robots.

Esso si impose negli anni successivi e ancora oggi attende una risposta e/o una stesura.

In breve, le tappe del processo che ne seguí possono essere riassunte ricordando che nel 1965 il filosofo Hilary Putnam, nel corso di una lezione al Massachusetts Institute of Technology di Boston, prospettò l’eventualità del riconoscimento dei diritti civili anche ai robots. Nel 1985 il giurista Robert A. Freitas denunciò in luce la capacità autonoma dei robots a sviluppare pensieri propri e ad avere persino ricordi unici44.

La focalizzazione sui robots andò via via crescendo, adottando definitivamente il termine coniato nel 1922 a Praga, il quale, come si è detto ma vale la pena sottolineare, derivava dalla parola ceca robota: lavoro forzato.

Oggi, dinanzi all’avanzamento dirompente dei robots e delle IA appare indilazionabile la ricerca di un inquadramento giuridico specifico per robot e IA. Essa è stata incentrata sull’esistente in direzione della individuazione di una possibile personalità dei robots; però si è rivelata problematica e di difficile soluzione.

Invero, sebbene robotica e intelligenza artificiale siano cresciute più del previsto, l’identificazione di una personalità giuridica dei robots si è dimostrata questione troppo complessa per aver soluzione. Anche perché generalmente, sebbene essi oramai non si limitino a eseguire funzioni operative (ad esempio, quali badanti per gli anziani) e siano capaci di decisioni e comportamenti autonomi, l’attenzione si è focalizzata sulle loro responsabilità, piuttosto che sui loro eventuali diritti: ciò in ragione della complessità e diversità di situazioni riconducibili ai robots.

Di ciò ci si può rendere conto attraverso un breve excursus sulle questioni legali sorte intorno ai robots.

Esso, come risulta già ad una prima lettura, mostra quali siano state la riflessione e la giurisprudenza intorno alle problematiche scaturenti dalla presenza dei robots45, peraltro immaginate fin dall’antichità piú remota46 ed esistenti nelle nostre società da almeno mezzo secolo.

Oggi la robotica si sta configurando come la prossima tecnologia trasformativa del nostro tempo. Essa segue ed assecondo le elaborazioni e le normative sorte intorno ad Internet con caratteristiche e specifiche diverse rispetto ad essa. Dalle quali scaturiscono comportamenti sempre piú emergenti e rilevanti per la capacità di svolgere compiti utili e gravosi, talora in modi inaspettati. Perciò i robots, più di qualsiasi altra tecnologia nella storia, vengono persino avvertiti come attori sociali47.

Questo fa in modo che qualsiasi definizione della robotica non possa prescindere dalla sottolineatura del suo carattere di specificità e quindi di novità assoluta nel panorama normativo e nella correlata riflessione giurisprudenziale e dottrinaria. Per essi occorrerà percorrere nuove strade, riscrivendo regole e ‘interpretazioni’, con la consapevolezza che non si parte da zero, bensí ci si potrà avvalere di molte delle principali intuizioni e dei metodi sorti intorno ad Internet48; i quali appaiono, spesso, cruciali nell’integrazione della robotica e, forse, di qualunque tecnologia segua. Con l’avvertenza che, mentre Internet si è dimostrata un potente strumento per comunicare, la robotica va oltre e solleva interrogativi mai posti, poiché sfuma la linea di demarcazione tra persone e strumento.

È da questa caratteristica che nascono oggi i piú inquietanti interrogativi sul futuro della eventuale prossima società dei robots.

Su di essi già nel 1960 è stata esaminata la distinzione esistente tra gli aspetti tecnologici ed economici da quelli sociali e comportamentali. Alcuni studiosi hanno sostenuto che sia possibile immaginare che gli avanzamenti della tecnologia e l’organizzazione dell’economia facciano in modo che la robotica arrivi a creare ‘entità’ in grado di fare tutto ciò che gli uomini fanno, ma senza che nasca un mondo necessariamente troppo lontano dall’attuale49. Altri, all’opposto, hanno ipotizzato che, mentre la tecnologia ha un limite e possa essere inquadrabile negli schemi attuali, siano proprio le implicazioni sociali, culturali, economiche e legali quelli piú imprevedibili, rivoluzionari e difficilmente assimilabili alle nostre concezioni e visioni del mondo50.

Tutti convergono sull’affermazione che i progressi della robotica caratterizzeranno i prossimi decenni.

6. Definizione.

Partiamo dalla definizione di robot e IA.

Come per tutte le tecnologie complesse, non si incontra una definizione unica, stabile e non contestata51. Tuttavia si riscontra una certa dose di consenso attorno all’idea che i robot siano oggetti meccanici che entrano nel mondo, elaborano ciò che sentono e, a loro volta, agiscono sul mondo e possono essere valutati in base al paradigma senso-pensiero-atto 52.

È proprio quel paradigma, infatti, a consentire di distinguere i robots da altre tecnologie: Un laptop con una fotocamera può, in qualche misura, percepire ed elaborare il mondo esterno. Ma un laptop non agisce sul mondo. Una macchina telecomandata con una fotocamera rileva e influenza fisicamente il suo ambiente ma fa affidamento sull’operatore umano per l’elaborazione. Invece nei robots e ancor piú nelle IA le tecnologie sono in grado di combinare tutti e tre gli elementi del paradigma53.

Ne consegue che la robotica, per la prima volta riguardo ad un prodotto della tecnologia creata dall’uomo, si sta dimostrando in grado di emulare l’uomo nel combinare la promiscuità delle informazioni con la capacità di fare danni fisici.

I robots possono “agire” anche a vari livelli – possono possedere una maggiore o minore capacità di muoversi o manipolare il mondo. Ma qui s’impone una domanda fondamentale: la tecnologia può agire in modo non meccanico?

Per dare risposta a questo interrogativo basilare, occorre cercare di capire a fondo in cosa i robots differiscono dalle tecnologie preesistenti.

Le interfacce visive ed uditive in circolazione sono in grado di provocare emozioni ed introducono energia e, quindi, possono alterare l’ambiente umano. Film e altri stimoli, compresi i software possono indurre una gamma di emozioni e risposte fisiologiche54. Rispetto a queste interazioni qual è la novità introdotta dalla robotica?

Secondo gli studiosi la robotica si caratterizzerebbe per il fatto che può non avere bisogno dell’uomo per apportare modifiche all’ambiente e che, di essa, si possa dire che agisca sul suo ambiente proprio nella misura in cui cambia direttamente quell’ambiente. Per capire meglio, se consideriamo una macchina che fornisca informazioni in formato comprensibile o esegua azioni in conseguenza di un comando impartitole direttamente dall’uomo rileveremo che essa costituisce una tecnologia che non agisce e non la indicheremo come robot, almeno fino a quando non acquisisca la capacità di determinare da sola le sue azioni e gli eventuali suoi movimenti fisici55. Perciò è necessario definire bene cosa significhi, per una tecnologia, agire, precisando i confini ed i limiti rispetto all’informare o all’eseguire.

Siffatta definizione è, senz’altro, di particolare interesse per l’analisi legale, nella quale sempre di piú ci si trova proprio ad affrontare la linea di demarcazione tra l’informazione, la comunicazione e l’azione autonoma.

Per riassumere, i robots vanno pensati come oggetti o sistemi artificiali che percepiscono, elaborano e agiscono sul mondo almeno in una data misura.

Ma questa è solo una definizione tecnica, simile alla descrizione delle reti e protocolli che cocernono Internet; da essa occorre partire, però avendo ben presente che per il diritto conta non tanto l’architettura precisa, ma le possibilità e le esperienze che l’architettura genera e circoscrive, in un quadro di ‘architettura in trasformazione’. In altre parole, cosí come le caratteristiche essenziali di Internet hanno interagito con la legge in modi nuovi; anche le caratteristiche essenziali della robotica richiedono una ridiscussione del quadro normativo e valoriale nel diritto: sentire, navigare e agire sul mondo richiede generalmente una presenza fisica, e quella presenza fisica apre un universo di nuove possibilità. I robots eseguono comandi, ovviamente, e possono essere utili semplicemente ripetendo un compito con una pazienza disumana o riproducendo un’azione in condizioni pericolose. Ma le capacità di elaborazione dei robots si traducono nella prospettiva allettante dell’azione originale.

Secondo gli studiosi anglosassoni, essa crea uno stato di ‘emergenza’56, il quale si riferisce a comportamenti imprevedibili e rappresenta una sorta di gold standard per molti roboticisti: i robots, più che altre tecnologie nelle nostre vite, hanno una valenza sociale. Sono diversi da noi, ma non sono soltanto macchine, bensí piuttosto agenti viventi, aventi un proprium quiddam: infatti, due macchine uguali compiranno sempre la stessa azione, mentre due robots uguali possono comportarsi in modo differente, perché ciascun farà la sua scelta in base a proprie valutazioni.

Pertanto, probabilmente si deve pensare ad una nuova categoria ontologica, che, diversa da quelle che finora conosciamo, si inserirebbe in qualche parte tra oggetto e agente57. In questo consiste la specificità dei robots e della IA, per i quali gli studiosi parlano di eccezionalità, cioè delle caratteristiche che valgano a scoprire quali differenze tra i robots e le precedenti terminologie siano importanti per la loro individuazione e, riguardo ai nostri fini, per la collocazione e l’analisi giuridica: Avendo presente che l’eccezionalità giuridica non si riscontra dinanzi ad ogni variazione delle leggi o quando ci si accorga che (per il mutare dei tempi o dell’oggetto) una interpretazione esistente o una determinata dottrina siano incomplete. Essa, invece, si avrà là dove sia necessaria una modifica sistematica del diritto e delle istituzioni legali adibite ad assicurare o, ove occorra, a spostare l’equilibrio esistente dei valori. Riguardo ai robots e IA bisogna muovere da siffatti presupposti per eventualmente delineare una terza (e nuova) categoria giuridica tra persona e strumento destinata a catturare la nuova tecnologia avente indubbia valenza sociale: il che il diritto può fare in virtù della sua peculiare capacità creativa58.

Nello specifico, va osservato che la realizzazione, l’emergere e la valenza sociale – da sole, e soprattutto in combinazione – risultano rilevanti per una varietà straordinariamente ampia di contesti giuridici: diritto penale e procedura, illecito civile, proprietà intellettuale, possesso, diritto di parola, privacy, contratto, tasse e diritto marittimo, per citarne solo alcuni. Senza dire di un aspetto davvero sconvolgente: i robots e le IA, una volta acquistata l’autonomia saranno in grado non solo di auto-riprodursi (a somiglianza degli uomini) ma anche di assicurarsi (attraverso continue revisioni ed aggiornamenti) l’immortalità. Questo non è mai avvenuto nella storia dell’umanità e delle intelligenze e ci trova del tutto impreparati. Possiamo, ad esempio, chiederci: per i robots si potrà parlare di diritto alla vita? Potranno, essi, acquistare la cittadinanza? Ci saranno lavoratori per sempre ed il loro contratto sarà illimitato nel tempo? E, se riconosciamo il diritto al pensionamento, possiamo sopportare i costi di un sistema previdenziale che sostenga il robot-pensionato senza fine? Il diritto successorio sopravvivrebbe?

Consideriamo poi i diritti riconosciuti alle persone dalle Costituzioni: saranno riferibili anche ai robots? Negli USA, ad esempio, sono state evidenziate le difficoltà ad applicare anche ai robots e IA il primo emendamento, che garantisce la libertà di culto, parola e stampa, il diritto di riunirsi pacificamente e il diritto di appellarsi al governo per correggere i torti. A fronte di chi ha sostenuto la inapplicabilità dell’emendamento, non foss’altro che per il fatto che i tribunali normalmente non proteggono gli strumenti59, si sono levati le voci di chi ha ritenuto necessario un riorientamento fondamentale dell’emendamento, in considerazione della crescente importanza e frequenza delle decisioni basate su ‘algoritmi’60.

Tutto ciò rende ancora piú indilazionabile un’accettabile definizione di cosa sia robot o IA, in modo da non confonderlo con semplici strumenti, con funzioni meramente passive ed esecutive.

La ricerca, in proposito, anche se non ne potrà prescindere, deve, tuttavia cercare di superare la tendenza ad interagire con la tecnologia apparentemente antropomorfa (come i robots, spesso intenzionalmente progettati e presentati come persone, allo scopo, come si è detto, di renderli piú coinvolgenti61) come se stessero interagendo con una persona. Sicché, anche per il supposto antropomorfismo, i robots e le IA, in misura maggiore rispetto a qualsiasi tecnologia nella storia, hanno una valenza sociale per le persone.

Questo lo hanno ben scoperto gli psicologi, i quali hanno condotto una serie di esperimenti per capire come pensiamo ai robot. I risultati hanno portato a formulare un’ipotesi sorprendente: i robots possono appartenere a una “categoria ontologica” completamente nuova: i soggetti non tendono a considerare i robot personificati come vivi, ma non li considerano oggetti. Piuttosto, si tende ad attribuire ai robots stati mentali ed emozionali, tanto che si è trovato difficile impegnarsi in comportamenti che possano causare danno o soltanto disagio; che, invece, sarebbero facili se si trattasse di oggetti. E si è concluso che nessuna categoria ontologica esistente (cioè una categoria distinta di essere) sia adeguatamente applicabile per la robotica. Normalmente, le persone non sono confuse su come classificare la maggior parte delle entità nel mondo62. Ma i robot appaiono differenti63.

I risultati emersi dalle ricerche psicologiche sono importanti anche per il diritto assato, in via generale, su una dicotomia: tra individui (persone) e strumenti. Proprio la robotica tende a sconvolgere quella dicotomia e le dottrine sulle quali si basa e che la accompagnano: infatti proprio la difficoltà, evidenziata dalle ricerche degli psicologi, a collocare i robots e le IA (dato il loro stato liminale tra soggetto ed oggetto) in una o l’altra categoria della cennata dicotomia rischia di mettere in crisi l’intero sistema e, quanto meno, richiede una differente classificazione con l’individuazione di nuove categorie, a dispetto della innata tendenza a comportarsi di fronte alla tecnologia sociale come se fosse una persona.

7. Approccio progressivo. La casistica negli usa.

L’approccio alle problematiche e le conseguenti formazioni non possono che essere graduali perché la realtà sta cambiando di giorno in giorno e non è nemmeno immaginabile di poter prevedere in maniera soddisfacente il ‘dopo’ (cosí come normalmente si ritiene che debba fare la norma giuridica).

I robots e le IA, seguendo un processo di crescita esplosiva stanno lasciando la fabbrica e il teatro della guerra e stanno entrando nelle nostre strade, cieli, uffici e case. Siamo nel mezzo di una rivoluzione della robotica64.

Una scorsa ad alcuni casi che hanno investito le problematiche concernenti i robots appare utile per cogliere le tendenze evolutive seguite dagli interpreti del diritto. Per tutti, mette conto far riferimento ai casi piú evidenziati negli usa, che appaiono essere il Paese nel quale si è per prima articolato il dibattito sulle implicazioni giuridiche dei robots e delle IA.

La Casistica è copiosa e prese l’avvio da interrogativi concernenti la possibile concorrenza sleale realizzata attraverso l’uso di robots.

Già nel 1981 fu sollevato il caso della replicazione di un robot attraverso un altro robot funzionalmente identico. La Spotlight, Inc. realizzò il robot Walter Ego a somiglianza del già esistente robot Rodney, utilizzato come curiosità ed intrattenitore degli ospiti aziendali dalla Elnicky Enterprises. Il quesito sollevato65 consisteva nella domanda se la replica del robot preesistente costituisse o meno violazione della concorrenza e andasse considerato caso di concorrenza sleale. Sebbene i due robots avessero anche aspetti diversi (Rodney era vestito in modo casuale e presentava un aspetto sbarazzino, mentre Walter Ego era rasato e aveva un sorriso che ricordava Mortimer Snerd. inoltre Rodney era di qualità superiore e operava con maggiore abilità), la Corte, chiamata a pronunciarsi, ritenne che nel complesso i due robot fossero così simili da confondere i potenziali consumatori. In conseguenza di ciò fu ordinato che Walter Ego fosse smantellato sopra il torso. La decisione fece scalpore e provocò titoli ironici e sensazionali nella stampa di tutto il Nord America66.

La reazione dell’opinione pubblica a un rimedio che sembrava strano o addirittura sbagliato date le qualità antropomorfiche dell’oggetto contestato mette a nudo le ambiguità che possono nascere quando si ha a che fare con i robots. Se si fosse trattato soltanto di una macchina non ci si sarebbe meravigliati di un ordine di smembramento di parte di essa; invece per il robots Walter ego fece scalpore, perché, come si è detto, i robots vengono percepiti diversamente dalle macchine e quasi come nuove entità67 e ci si aspetta che anche nel diritto si tenga conto di tale loro specificità.

La casistica successiva si articolò proprio intorno alla ambiguità che poteva scaturire dal possibile accostamento dei robots all’umano ed all’animato.

Classico esempio, riportato nei manuali sulla responsabilità concernente i robots fu quello di Wanna White, attrice e conduttrice televisiva (nata a Conway, il 18 febbraio 1957, come Vanna Marie Rosich), diventata famosa con la partecipazione, nel 1981, al gioco televisivo The Price Is Right (OK Il prezzo è giusto) e dal 1982, nel cast di Wheel of Fortune (La ruota della fortuna). Ella fece causa alla multinazionale Samsung perché negli anni novanta, in uno dei divertenti annunci stampa destinati alla raffigurazione del ‘futuro’ si era avvalsa di un robot a forma di donna con un abito lungo, una parrucca bionda e copiosa gioielleria addosso, accompagnato dalla didascalia Il piú lungo spettacolo di giochi 2012, e che, secondo la White, nel contesto di quegli anni, non poteva non essere visto come chiaro riferimento a lei stessa. Il nodo verteva sulla ‘rassomiglianza’ tra il robot e la presentatrice. La giustizia americana, in appello, diede ragione alla querelante (White) perché ritenne che, cosí come se in quegli anni durante una partita di basket fosse stato trasmesso un annuncio attraverso un robot con caratteristiche maschili, una carnagione afro-americana e una testa calva, mentre schiacciava nel canestro un pallone da basket con una sola mano, con le gambe allungate come forbici aperte e la lingua che girava fuori, per uno sportivo di quegli anno non avrebbe potuto non richiamare Michael Jordan, allo stesso modo, la raffigurazione di Samsung di un robot in abito, gioielli e parrucca bionda che girava le lettere su un set di giochi potrebbe significare solo Vanna White. Considerati individualmente, l’aspetto fisico del robot, il suo vestito e la sua posizione ci dicono poco. Presi insieme, portano all’unica conclusione che esso voleva suggerire allo spettatore di essere Jordan o la White i testimonials dell’annuncio. Ciò anche se era chiaro che un robot di metallo e non la querelante, Vanna White, era raffigurato nell’annuncio pubblicitario; invero nessuna persona ragionevole avrebbe potuto confondere un robot di metallo con Vanna White: le rozze caratteristiche del robot sono molto dissimili dall’affascinante volto umano di Vanna White. Detto piú semplicemente: una cosa è Vanna White altra è un robot. E tuttavia il robot di Samsung nelle circostanze della sua apparizione non poteva non far pensare ad un individuo a qualsiasi spettatore dotato di normale capacità di percezione del presente.

Dunque fu la ‘somiglianza’ e la ‘verosimiglianza’ alla base delle prime e piú rilevanti decisioni concernenti la responsabilità per robots. Le stesse motivazioni si riscontrano in successive decisioni, tra le quali nota (essendo diventata addirittura ‘da manuale’) fu quella concernente la causa intentata da Wendt contro Host International Inc68. essa concerneva il caso du due attori che avevano eseguito brani musicali in uno show televisivo (Cheers). La Host costruí due figure robotiche animate che furono diffuse nei bar aeroportuali e che, simili agli attori, si atteggiavano come gli attori di Cheers, riproducendone le musiche. La decisione contraria alla Host valutando che proprio il caso White aveva dimostrato che un manichino modellato su caratteristiche precise di personaggi noti potesse essere considerato un caso di ‘somiglianza’ sleale e fosse, perciò, fonte di responsabilità; tanto piú perché si sarebbe potuto anche correre il rischio di confusione69.

La ‘somiglianza’ ben presto approdo ad un altro nodo: i robots potevano ritenersi ‘animati’?

L’interrogativo fu sollevato in materia tributaria.

Partendo dal concetto di ‘somiglianza’ che potrebbe distinguere i robots dalle semplici macchine e/o dai semplici oggetti e farli accostare piuttosto agli uomini, sorsero alcune questioni in materia doganale, dove ci si chiese se ai fini delle pianificazioni tariffarie un robot potesse rappresentare qualcosa di “animato”. Questa domanda è emersa ripetutamente nella giurisprudenza americana, fin dagli anni ’50. L’occasione era meramente contingente e legata alla circostanza che le tasse sulle bambole erano diverse da quelle su altri giocattoli, perché le regolamentazioni tariffarie distinguevano le bambole (grandemente variabili per dimensioni, materiali e dettagli) da altri giocattoli in quanto le bambole rappresentano la vita “animata”. Ciò derivava dal Tariff Act del 1930, il quale aveva distinto figure o immagini di oggetti animati, e giocattoli, con meccanismo a molla (come si usava all’epoca).

Significativo, in materia, fu il caso noto come Louis Marx & Co. e Gehrig Hoban & Co., Inc. v. Stati Uniti, nel quale un tribunale doganale fu chiamato a decidere se un “robot meccanico a piedi” importato rappresentasse o meno un oggetto animato70. Gli importatori sostenevano che lo fosse, e quindi che il robot, in quanto animato avrebbe dovuto essere tassato al 35% (in base all’aliquota prevista per l’appunto per gli oggetti animati) anziché al 50% come sostenevano le autorità doganali, le quali lo consideravano oggetto inanimato. Il giudice chiese agli importatori-attori se il giocattolo fosse “un’imitazione di un oggetto animato”. La risposta fu affermativa, per il fatto che, secondo il loro avvocato, un robot era come un uomo sintetico, perché era pur sempre qualcosa che imitava gli uomini, come poteva dedursi anche dalla percezione comune che si aveva dei robots. Quest’ultima affermazione spinse la Corte a cercare proprio il significato comune nei dizionari, i quali nel 1958 davano della parol robot il significato di qualsiasi apparato o dispositivo automatico che assolva funzioni ordinariamente attribuite agli esseri umani, o opera con quella che sembra essere quasi un’intelligenza umana 71“, oppure come un automa che svolge tutto il duro lavoro; quindi, chi lavora meccanicamente e senza cuore72. Soffermandosi poi sul significato della parola animato la Corte rilevò che l’aggettivo veniva riferito a ciò che fosse dotato di vita; ossia che possedere la vita animale. Da questi rilievi la Corte dedusse che, partendo dalle definizioni correnti, non si trovava nulla da cui trarre la conclusione che un robot fosse un oggetto animato e, pertanto, concluse che, in ogni caso un robot non potesse essere ritenuto una cosa vivente, dotata di vita: un robot era un dispositivo o apparato meccanico, un semplice automa, che operava attraverso mezzi scientifici o meccanici. La Corte, pertanto, rigetto degli attori.

Intorno alla sentenza si aprí un ampio dibattito. Fu fatto presente che almeno uno dei dizionari descritti dalla Corte descriveva i robot come entità esplicanti funzioni normalmente vengono attribuite agli esseri umani e che possedevano ciò che sembra essere quasi un’intelligenza umana, mentre l’altro dizionario citato dalla Corte, sia pure con una significativa ambiguità, precisava che un robot era colui che lavora, quasi a suggerire che un robot sia un tipo specifico di persona. Alla luce di queste osservazioni il ragionamento del tribunale appariva abbastanza curioso perché non sembrava tanto riferito a quello che poteva essere un robot, bensí esclusivamente all’oggetto dell’importazione, cioè al robot-giocattolo, il quale non poteva essere considerato di per sé un robot, poiché, invece, era semplicemente una rappresentazione di un robot. In altre parole, secondo la Corte, sebbene un robot fosse una macchina che simulava una persona, un robot giocattolo era solo una simulazione del simulacro. La sentenza apparve ambigua e non risolutrice.

Perciò la questione della natura dei robots, ai fini della classificazione doganale, si ripropose. Rilevante fu il caso sollevato nel 1971 in Lewis Galoob Co. c. Stati Uniti. I funzionari doganali avevano valutato un dazio del 35% su un giocattolo giapponese a batteria chiamato Swivel-O-Matic Astronaut piuttosto che con il 21% del dazio applicabile a figure di giocattoli di oggetti animati. Secondo il tribunale, il giocattolo giapponese consisteva in una rappresentazione di un robot meccanico che, quando attivato, scorreva in avanti su ruote di gomma, mentre il torace del giocattolo si illuminava e si apriva per rivelare due pistole che sembravano sparare. Una differenza principale tra questo giocattolo e quello in questione in Louis Marx & Co. era la presenza di un volto umano (come un astronauta). Tuttavia, la Corte non ebbe esitazioni nel caratterizzare il robot come qualcosa di inanimato, osservando che la presenza di un volto umano in un articolo che era, però, incapace di rappresentare qualsiasi essere vivente non potesse rendere ‘animato’ ciò che era, nel complesso, incapace di animazione o vita.

La discussione non venne sopita dalle decisioni delle Corti e, anzi, portò ad un cambiamento di normativa, che avvenne negli anni ’90. Ma il nodo restava sempre quello della assimilazione o meno dei robots alle bambole, caratterizzate dalla deliberata rappresentazione di esseri umani. Qui cominciarono apparire le prime difficoltà nel considerare, come aveva fatto la precedente giurisprudenza, sempre i robots come qualcosa di non umano. Nel 2003 nella controversia promossa da Toy Biz, Inc. v. United States, la Corte del Commercio Internazionale degli Stati Uniti fu chiamata a stabilire se le figurine dei supereroi e dei cattivi della Marvel Comics fossero bambole e quindi soggette ad una tariffa del 12%, piuttosto che al 6,8% applicabile altrimenti. Ciò a sua volta obbligava il tribunale a decidere se i personaggi di fantasia, alcuni dei quali avevano caratteristiche robotiche, erano essi stessi in qualche modo umani. In alcuni casi la scelta appariva semplice: il personaggio robot Wolverine era ovviamente un robot e quindi una creatura non umana; in altri casi era piú difficile. Ad esempio, Spider Man non era da considerare un essere umano? Per decidere, la Corte ancora una volta ritenne opportuno partire dai dizionari. Nei quali, mentre l’Oxford English Dictionary definiva un robot come una macchina (a volte, in apparenza, somigliante a un essere umano) progettata per funzionare al posto di un agente vivente, l’OED parlava di mutante, che era il modo in cui la Marvel Comics aveva resentato la maggior parte delle sue creature. L’OED precisa che un mutante inizia come un essere umano ma finisce come qualcos’altro in virtù di un gene mutante. Quindi, per definizione, secondo la Corte, i mutanti non sono più esseri umani e perciò le rappresentazioni di loro non sono bambole. Il caso, ancorché ancora sulla negazione di assimilazione tra robot e ‘umano’ era indicativo di una evoluzione nell’approccio ai robots; la quale, pur tra oscillazioni e interrogativi, poneva sfide interessanti intorno alla categorizzazione giuridica dei robots. Ad esempio dinanzi alla crescente applicazione di protesi (in un mondo di cuori, orecchie, braccia e gambe protesici) si possono applicare i criteri enunciati nelle sentenze delle corti americane e ritenere che l’introduzione di parti robotiche nel corpo umano sia in contrasto con il riconoscimento di umanità? E perché una tale caratteristica robotica trasforma una persona in un robot quando, ad esempio, un volto umano non converte un robot in un astronauta?

Ecco aperta la strada per l’assimilazione tra robots e uomini e nello stesso tempo ecco evidenziato quanto sia angusto lo spazio se l’unico modo per accostarci ai robots risieda nel decidere se sia o meno ‘uomo’, come è avvenuto finora, incentrando le discussioni legali intorno al modo ed alla misura in cui i robots assomiglino alle persone.

Per di piú i giuristi ed in particolare la giurisprudenza non appaiono al passo con i tempi, nella misura in cui le sentenze sembrano improntate ad un modello mentale molto specifico, il quale li spinge a considerare i robots come macchine senza discrezionalità.

Ciò è obsoleto e spinge a cercare soluzioni diverse e nuove, sfocianti in continue ricerche e normative, dando vita ad una ‘agenda’ in espansione continua73. Essa si concentra su singoli aspetti (ad esempio il campo dei droni, le auto senza conducenti, i robots chirurgi ecc.) o tentare di inglobare la robotica in una visione d’assieme, a sua volta coinvolgente molteplici aspetti, quali la responsabilità civile e penale, la personalità giuridica, le categorie tradizionali del possesso o della proprietà, l’intera concezione del contratto, la riservatezza e cosí via.

Quasi tutti coloro che stanno prendendo coscienza della specificità e della novità indotte dalla robotica sembrano concordare sul punto che le questioni da e per essa sollevate propongono continuamente interrogativi e sfide nuove al diritto ed ai giuristi, con la caratteristica che non è possibile prevedere in anticipo quali saranno; di modo che occorre essere pronti a rivisitare tutto il diritto e la concezione stessa di esso, superando la dicotomia oggetto-persona, con la certezza che le tecnologie stanno prospettando un futuro imprevedibile.

Dinanzi alle nuove situazioni la tecnica giuridica si avvale spesso della metafora74 e/o della analogia75, ma si possono applicare, rectius è proficuo avvalersene dinanzi alle nuove tecnologie. Ad esempio, una e-mail andrebbe trattata come una cartolina o come una lettera? O introduce una fattispecie affatto diversa? E la crittografia potrebbe essere considerata ‘parola’ o ‘testo scritto’? la verità è che le categorie utilizzate finora nella interpretazione giuridica si possono rivelare utili ad un primo approccio ai problemi della robotica e delle IA, ma con l’avvertenza che partendo da esse occorre andare oltre e cogliere le diversità del ‘nuovo’76. Facciamo un esempio. Se un drone di sua iniziativa bombardi, come è già successo, zone e persone inizialmente escluse dal suo raggio d’azione l’analogia ci spinge a pensare al diritto di guerra e ad ipotizzare forme di punizione del’autore degli eccidi e dei dani, ma esso si concreta nell’eventuale imprigionamento dell’autore. È, ci pare, del tutto evidenza che applicare questa sanzione al drone non avrebbe né senso né sarebbe efficace: dunque, occorre pensare e procedere diversamente.

Riguardo agli USA Calo cita un esempio rivelatore della necessità di creare soluzioni nuove, partendo da quello che l’analogia potrebbe suggerire in prima approssimazione77. La fattispecie concerne il possesso telematico. Il caso è molto risalente e per questo può essere considerato come esempio paradigmatico di come il futuro tecnologico influenzerà il diritto.

Addirittura si parte dal secolo XIX, quando nel 1857 fece naufragio, inconseguenza del quale fu distrutta e abbandonata, la nave SS Central America. Era una nave a vapore affondata nel Oceano Atlantico che trasportava oro dalla California (Gold Rush)78. Negli anni successivi molti cercarono il relitto della Central America senza esito. Ben centotrenta anni il Columbus-America Discovery Group, dopo, un’operazione ad alta tecnologia scoprí il relitto e rivendicò i primi diritti di salvataggio, in base al diritto marittimo. Nell’occasione si fece uso di una tecnologia molto nuova per la fine degli anni ’80, compreso un sommergibile senza equipaggio (cioè robotizzato) dotato di telecamere e sistemi meccanici (gru) capaci di afferrare oggetti e di portarli dove si voleva realizzare il recupero. Fu sollevata, davanti al Tribunale competente, la questione della spettanza dei beni recuperati e piú in generale di ciò che si sarebbe potuto recuperare. Fu deciso che, a termini di legge, alla società Columbus-America dovesse spettare custodia, il controllo e il possesso esclusivi del relitto. Ciò fu motivato con il fatto che fin dal suo sorgere il diritto marittimo aveva contemplato la spettanza al recuperatore di ciò che si fosse trovato a bordo di un relitto, con esclusione con esclusione di ogni eventuale pretesa di altri; i quali nel caso di specie erano costituiti dalle numerose altre squadre erano presenti nella zona alla ricerca della Central America. Espressamente il Columbus-America Discovery Group chiese alla Corte di ingiungere a chiunque altro di non entrare nella zona di salvataggio. Fino ad allora il possesso ed il controllo dei beni era stato conseguito e riconosciuto per ciò che fosse stato recuperato da parte di sommozzatori (umani), che si avvicinavano alla nave e recuperavano i beni o, se possibile, sollevavano il relitto dall’acqua.128 La squadra di salvataggio di Columbus-America, tuttavia, non era in grado (pur se l’avesse voluto) di mandare chicchessia là dove giaceva il relitto, il quale si trovava ad una profondità di quasi un miglio e mezzo (quasi 2, 5 km.) sotto la superficie del mare. Mandò invece giù i suoi robot. Il tribunale decise che, poiché i robots, dopo tutto, erano in grado generare immagini dal vivo del relitto e avere l’ulteriore capacità di manipolare l’ambiente si potesse parlare di acquisizione del possesso da parte di Columbus-America, pur in assenza di quello che fino ad allora aveva caratterizzato e correntemente caratterizza il possesso, vale a dire dell’apprensione immediata e diretta della cosa79. Il tribunale per l’occasione elaborò un nuovo concetto di possesso effettivo: quello del telepossesso, ritenuto articolato in quattro punti

  1. localizzare il relitto;
  2. imaging in tempo reale;
  3. posizionamento di un robot vicino al relitto con la possibilità di manipolare oggetti al suo interno;
  4. intenzione di esercitare il controllo su di esso e su quanto contenesse.

In tal modo la giurisprudenza creò un precedente che rimodellava il pluri-centenario concetto del possesso, mostrando come fin dalle prime apparizioni i robots mostravano l’avvento di una realtà ‘nuova’, per la quale occorrevano ridefinizioni e categorie giuridiche nuove.

Sulla base di siffatta riscrittura del possesso la Corte accolse le richieste della Columbus-America e, riconoscendole il possesso sul relitto e su quanto vi si potesse trovare, ingiunse a tutti gli altri di non disturbarne l’esercizio.

Aperta la strada negli anni successivi si assistette ad un aumento frequente di utilizzo dei robots per i recuperi in mare, ciò perché le imprese si sentivano tutelati dalla nuova dimensione del telepossesso. Gli anni ’90 videro una vera e propria rinascita della caccia al tesoro in acque profonde, in gran parte dovuta ai progressi della robotica. Oggi l’uso della robotica marina e sottomarina è ancora più esteso. Sia il settore pubblico che quello privato stanno facendo un uso crescente non solo di robots telecomandati, cioè macchine sotto la direzione costante di un pilota remoto, ma anche di sistemi autonomi che esplorano il mare da soli. I sottomarini senza pilota della marina controllano l’attività sottomarina o le navi di ricerca accademica trascorrono mesi in mare aperto a mappare il territorio. La società Liquid Robotics elenca oltre 625.000 miglia autonome in mare con i suoi robots Wave Glider. È interessante notare che le fattispecie sorte intorno al caso di Columbus-America e la sua progenie lasciano aperta la questione se la scoperta autonoma di un naufragio possa mai sostenere una prima richiesta di recupero. C’è ragione di credere che potrebbe non farlo. In primo luogo, l’esplorazione autonoma non soddisfa tecnicamente gli elementi di Columbus-America, che sottolineano il ruolo di un operatore umano al di sopra dell’acqua e richiedono l’intento di esercitare il controllo. Un tribunale non può accreditare un sottomarino autonomo con l’intento di registrare o manipolare un naufragio, anche se fosse fisicamente in grado di farlo. In secondo luogo, il nuovo standard del tribunale crebbe dal riconoscimento che le operazioni di salvataggio in alto mare erano pericolose, anche se l’equipaggio non andava sott’acqua.

Sicché oggi ci si domanda se una spedizione di soli robots non possa rientrare nel concetto di tele possesso quando perché l’equipaggio umano si trovi in acque più sicure o addirittura a terra.

Ancora Calo pone l’accento sulle trasformazioni conseguenti all’avvento della robotica nel reato di furto, che costituiscono altri significativi esempi di come i concetti di spossessamento siano da riconsiderare profondamente, perché è possibile realizzare la sottrazione di beni altrui non piú direttamente ma attraverso robots o addirittura attraverso programmi in grado di spostare somme senza nessuna apprensione o sottrazione materiale, essendo addirittura concepibile anche una sottrazione di denaro utilizzando 8° seguito di indesiderate intrusioni) robots introdotti direttamente dal possessore (specialmente nelle banche) e che quindi, in ipotesi, opererebbero con il consenso di lui. Ecco dunque evidenziata la necessità di rivisitare e modificare anche profondamente le attuali concezioni80.

9. Perciò dinanzi alla proposizione del Parlamento Europeo c’è bisogno di indagare cosa effettivamente con essa si è voluto affermare e, di conseguenza, cosa ha inteso richiamare e/o affermare con l’auspicio del riconoscimento della personalità per i robots e per le IA.

Il riferimento, invero, concerne “… una materia ‘calda’, sia dal punto di vista del discorso dogmatico, sia da quello dell’opinione pubblica generale”81, e va inquadrata nel sistema, alla luce delle possibili prospettive.

Ictu oculi si può rilevare che la Risoluzione fa capo ad una concezione di personalità assata intorno al diritto soggettivo. Numerosi sono, infatti, i riferimenti ai soggetti, come protagonisti del cambiamento e del diritto.

10. La risposta forse può scaturire dalla rivisitazione dei concetti e delle categorie giuridiche maturate in ciascun sistema giuridico.

Riguardo al nostro sistema, che alcuni definiscono romanistico, occorre prendere le mossa proprio dal diritto romano e dalla sua secolare tradizione.

Fu in essa che si forgiò il concetto di persona, in generale e nel diritto.

1 La proposizione che riassume piú efficacemente la concezione del mondo e del diritto fu enunciata, rectius riassunta, da Protagora nato ad Abdera in Tracia nel 480 a.C. La sua tesi fondamentale, che rifletteva la visione incentrata sull’uomo a base di tuto il pensiero greco, è riassunta nel sintagma “l’uomo misura di tutte le cose, di quelle cose che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono”. Il che sta a significare che l’uomo è il metro, il soggetto di giudizio della realtà o dell’irrealtà delle cose, del loro modo di essere e del loro significato. L’uomo è vidto come unico e centrale punto di riferimento per sé stesso e per le cose; in primo luogo come singolo, poi come comunità o civilità, infine come specie. Anche per Socrate solo l’uomo può giudicare ciò che è creato dall’uomo stesso, di modo che quando affermiamo un concetto o esprimiamo un’opinione l’unico punto di vista che possiamo utilizzare è quello umano. Conseguente a ciò è stata la concezione antropocentrica del diritto.

2 V. G. Capograssi, Opere [cur. M. D’addio, E. Vidal], voll. I – VI, Giuffrè, Milano 1959. Vol. VII [cur. F, Mercadante] Giuffré, Milano 1990; Idem, Pensieri a Giulia, pubblicati da G. Lombardi, Giuffrè, Milano 1978 – 1981. Tra i saggi che qui interessano va citato: Studi sull’esperienza giuridica (Roma 1932), 2° vol., 1959, pp. 211-373. Il saggio è stato fonte per molti pensatori: cfr., ad esempio, G. Zaccaria, Esperienza giuridica, dialettica e storia in Giuseppe Capograssi. Contributo allo studio del rapporto tra Capograssi e l’idealismo, Cedam, Padova 1976.

3 R. Orestano, Della ‘esperienza giuridica’ vista da un giurista, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, XXXIV [1980], pp. 1173-1247, in partic. p. 1178.

4 Da ultimo, cfr. G. Acocella, Etica, diritto, democrazia. La grande trasformazione, Il Mulino, Bologna, 2010, nello specifico partic. p. 92, il quale cita Capograssi anche riguardo all’inadeguatezza del diritto scritto, alias della legge: “La volontà di ridurre sempre e comunque ad una legge dello Stato – con i suoi doverosi caratteri di uniformità generale ed astratta – eventi centrali dell’esistenza umana che devono restare affidati alla non ripetibile unicità dell’esperienza umana (e per questa stessa possibilità messa in condizioni di divenire comune), quando proprio la legge viene spogliata dei suoi caratteri universali e comuni per essere assoggettata a pulsioni individuali, significa che: Lo Stato quasi si direbbe si scorpora dall’esperienza giuridica, si entifica in sé diventa un’entità a sé stante perché non è :dirti che un apparato il quale ha il monopolio e la specialità della forra e perché il diritto non è altro che comando imposto con la forza. Lo Stato diventa il creatore del diritto e la volontà di quella forza che si è impadronita di questo appagami diventa diritto. Qui il distacco dell’esperienza giuridica dalla volontà profonda e oggettiva dalla quale nasce diventa completa, si compie in modo perfetto, perché qui questa volontà profonda ed oggettiva è negata radicalmente e con essa s’intende negato tutto il mondo dell’esperienza nel quale essa si manifesta e s’incarna. Tutto il mondo dell’esperienza è privato di ogni valore suo proprio, non esiste più come valore autonomo, e come autonoma ragione di vita, ed è oggetto della volontà arbitraria della forza che ha conquistato lo Stato, che è riuscita ad impadronirsi di questo meccanismo di forze e di forme che è lo Stato”.

5 Osserva M. Iaselli, robot con intelligenza artificiale, verso una soggettività giuridica?, in Altalex, riv. Online, 21/02/2017, “È, quindi, evidente che ci si trova di fronte a quella che è una vera e propria realtà”. Questa nuova realtà richiede la modifica anche radicale dell’etica, nella quale s’impone la sostituzione del prefisso ‘bio’ con il prefisso ‘tecno’ e si assottiglia sempre piú il riferimento al ‘bios’: cosí L. Palazzani, Dalla bio-etica alla tecno-etica: nuove sfide al diritto, Giappichelli, Torino, 2017. L’a. avverte dell’urgenza di guardare agli scenari delineati dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, big data, mobile-health, potenziamento, tecnologie convergenti, roboetica, dai quali occorre prendere le mosse per delineare le teorie e le questioni della tecno-scienza. I quali, in costante evoluzione: esigono una riflessione etica ‘critica’ mediante il confronto tra argomentazioni nel contesto pluralistico e un’innovazione nel diritto alla ricerca di percorsi di governance; cosí come già oggi si fa nei principali organismi istituzionali internazionali e nazionali di etica e diritto. Ne consegue che la filosofia del diritto, da astratta elaborazione teorica, diviene protagonista attiva, concreta e propositiva di un cambiamento in corso, nel presente e per il prossimo futuro.

6 Plasticamente di recente, intervenendo in un dibattito destinato a crescere nel futuro, perché richiama tutti a guardare al mondo come sarà tra poco, un autore ha evidanziato ciò dichiarando Le persone non servono: J. Kaplan, Le persone non servono. Lavoro e ricchezza nell’epoca dell’intelligenza artificiale, Luiss Universitu Press, Roma 2016

7 L’espressione è della Palazzani, la quale con riferimento al futuro che ci attende significativamente ha coniato il termine Roboetica avvertendo che implica nozioni che vanno oltre l’uomo: v., loc. cit. V ed ultimo capitolo § 11: Roboetica: oltre l’uomo, pp. 389 ss.

8 G. Vatinno, Il transumanesimo. Una nuova filosofia per l’uomo del XXI secolo, Armando, Roma 2010.

9 La riflessione articolatasi sulla risoluzione accentua la centralità dell’uomo anche dinanzi all’intelligenza artificiale: v., ad es. A. Morelli, Parlamento Europeo. Approvata la risoluzione per le leggi, in www.lacostituzione.info/index.php/2017/01/14/parlamento-europeo-approvata-la-risoluzione-per-le-leggi-sulla-robotica. M. Iaselli, robot con intelligenza artificiale, verso una soggettività giuridica?, in Altalex, cit.: “L’autonomia dei robot solleva la questione della loro natura alla luce delle categorie giuridiche esistenti – se devono essere considerati come persone fisiche, persone giuridiche, animali o oggetti – o se deve essere creata una nuova categoria con caratteristiche specifiche proprie e implicazioni per quanto riguarda l’attribuzione di diritti e doveri, compresa la responsabilità per i danni. Se cioè devono essere considerati soggetti o oggetti di diritto”.

10 La questione era stata in gran parte delineata dal progetto RoboLaw, che nel 2014 ha delineato le ‘linee guida per la regolazione della robotica”, presentate alla Commissione e al Parlamento europeo da Erica Palmerini, docente di diritto privato alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e coordinatrice del progetto. Esse costituiscono un passo importante verso l’obiettivo di arrivare a regolamentare gli aspetti della coesistenza che, in un prossimo futuro, ci vedrà sempre più dividere gli spazi con le macchine autonome; ossia a definire il Diritto della robotica. Le linee guida, di là dall’etica, dalle elucubrazioni o dalle riflessioni filosofiche, hanno preso in considerazione il rapporto uomo-macchina sotto il profilo della sicurezza e della tutela della persona. In particolare, chiedendosi in quale misura e chi dovrebbe risarcire l’utente che, durante l’utilizzo di un dispositivo robotico, subisce dei danni? A chi vanno attribuite le responsabilità?

11 Ris.: Introduzione. A. considerando che, dal mostro di Frankenstein ideato da Mary Shelley al mito classico di Pigmalione, passando per la storia del Golem di Praga e il robot di Karel Čapek, che ha coniato la parola, gli esseri umani hanno fantasticato sulla possibilità di costruire macchine intelligenti, spesso androidi con caratteristiche umane; B. considerando che l’umanità si trova ora sulla soglia di un’era nella quale robot, bot, androidi e altre manifestazioni dell’intelligenza artificiale sembrano sul punto di avviare una nuova rivoluzione industriale, suscettibile di toccare tutti gli strati sociali, rendendo [Direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi (GU L 210 del 7.8.1985, p. 29)] imprescindibile che la legislazione ne consideri le implicazioni e le conseguenze legali ed etiche, senza ostacolare l’innovazione; C. considerando che è necessario creare una definizione generalmente accettata di robot e di intelligenza artificiale che sia flessibile e non ostacoli l’innovazione; D. considerando che tra il 2010 e il 2014 la crescita media delle vendite di robot era stabile al 17% annuo e che nel 2014 è aumentata al 29%, il più considerevole aumento annuo mai registrato, e che i fornitori di parti motrici e l’industria elettrica/elettronica sono i principali propulsori della crescita; che le richieste di brevetto per le tecnologie robotiche sono triplicate nel corso dell’ultimo decennio; E. considerando che negli ultimi duecento anni il tasso di occupazione è aumentato costantemente grazie agli sviluppi tecnologici; che lo sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale è potenzialmente in grado di trasformare le abitudini di vita e lavorative, innalzare i livelli di efficienza, di risparmio e di sicurezza e migliorare il livello dei servizi, nel breve e medio termine, e considerando che la robotica e l’intelligenza artificiale promettono di portare benefici in termini di efficienza e di risparmio economico non solo in ambito manifatturiero e commerciale, ma anche in settori quali i trasporti, l’assistenza medica, l’istruzione e l’agricoltura, consentendo di evitare di esporre esseri umani a condizioni pericolose, come nel caso della pulizia di siti contaminati da sostanze tossiche; F. considerando che l’invecchiamento è il risultato dell’allungamento della speranza di vita dovuto ai progressi nell’ambito delle condizioni di vita e della medicina moderna e che rappresenta una delle maggiori sfide politiche, sociali ed economiche del XXI secolo per le società europee; che entro il 2025 oltre il 20 % dei cittadini europei avrà 65 anni o più e che si assisterà a un aumento particolarmente rapido di chi ne avrà 80 o più, il che comporterà un equilibrio sostanzialmente diverso tra generazioni all’interno delle nostre società, e che è interesse della società che le persone anziane rimangano in salute e attive quanto più a lungo possibile; G. considerando che l’andamento attuale, che tende a sviluppare macchine autonome e intelligenti, in grado di apprendere e prendere decisioni in modo indipendente, genera nel lungo periodo non solo vantaggi economici ma anche una serie di preoccupazioni circa gli effetti diretti e indiretti sulla società nel suo complesso; H. considerando che l’apprendimento automatico offre enormi vantaggi economici e innovativi per la società migliorando notevolmente le capacità di analisi dei dati, sebbene ponga nel contempo alcune sfide legate alla necessità di garantire la non discriminazione, il giusto processo, la trasparenza e la comprensibilità dei processi decisionali; I. considerando che i cambiamenti economici e le conseguenze per l’occupazione derivanti dalla robotica e dall’apprendimento automatico devono essere parimenti valutati; che, nonostante i vantaggi innegabili apportati dalla robotica, essa può comportare una trasformazione del mercato del lavoro e rendere necessaria, di conseguenza, una riflessione sul futuro dell’istruzione, dell’occupazione e delle politiche sociali; J. considerando che l’uso diffuso di robot potrebbe non portare automaticamente alla sostituzione di posti di lavoro, ma le mansioni meno qualificate nei settori ad alta intensità di manodopera potrebbero essere maggiormente esposte all’automazione; che questa tendenza potrebbe riportare i processi di produzione nell’UE; che la ricerca ha dimostrato che l’occupazione aumenta in modo particolarmente veloce nei settori caratterizzati da un maggiore impiego dei computer; che l’automazione dei posti di lavoro è potenzialmente in grado di liberare le persone dalla monotonia del lavoro manuale, consentendo loro di avvicinarsi a mansioni più creative e significative; che l’automazione richiede che i governi investano nell’istruzione e in altre riforme al fine di migliorare la ridistribuzione delle tipologie di competenze di cui avranno bisogno i lavoratori di domani; K. considerando che, a fronte delle crescenti divisioni della società e della riduzione delle dimensioni della classe media, è importante tenere presente che gli sviluppi della robotica possono condurre a una forte concentrazione di ricchezza e potere nelle mani di una minoranza; L. considerando che lo sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale eserciterà sicuramente un’influenza sul mondo del lavoro, il che potrebbe dare luogo a nuove preoccupazioni in materia di responsabilità ed eliminarne altre; che occorre chiarire la responsabilità giuridica per quanto concerne sia il modello di impresa sia le caratteristiche dei lavoratori, in caso di emergenza o qualora sorgessero problemi; M. considerando che la tendenza all’automazione esige che i soggetti coinvolti nello sviluppo e nella commercializzazione di applicazioni dell’intelligenza artificiale integrino gli aspetti relativi alla sicurezza e all’etica fin dal princípio, riconoscendo pertanto che devono essere preparati ad accettare di essere legalmente responsabili della qualità della tecnologia prodotta; N. considerando che il regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (regolamento generale sulla protezione dei dati ) stabilisce un quadro giuridico volto a proteggere i dati personali; che altri aspetti riguardanti l’accesso ai dati e la protezione dei dati personali e della privacy potrebbero ancora dover essere affrontati, dal momento che potrebbero ancora sorgere preoccupazioni in materia di privacy per quanto riguarda le applicazioni e gli apparecchi che comunicano tra di loro e con le banche dati senza l’intervento umano; O. considerando che gli sviluppi nel campo della robotica e dell’intelligenza artificiale possono e dovrebbero essere pensati in modo tale da preservare la dignità, l’autonomia e l’autodeterminazione degli individui, suprattutto nei campi dell’assistenza e della compagnia da parte di esseri umani e nel contesto delle apparecchiature mediche atte alla “riparazione” o al “miglioramento” degli esseri umani; P. considerando che è possibile che a lungo termine l’intelligenza artificiale superi la capacità intellettuale umana; Q. considerando che l’ulteriore sviluppo e il maggiore ricorso a processi decisionali automatizzati e algoritmici hanno senza dubbio un impatto sulle scelte compiute da un privato (ad esempio un’impresa o un internauta) e da un’autorità amministrativa, giudiziaria o da un qualsiasi altro ente pubblico al fine di rappresentare la decisione finale [Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1)] di un consumatore, un’impresa o un’autorità; che i dispositivi di sicurezza e la possibilità di verifica e controllo umani devono essere integrati nei processi decisionali automatizzati e algoritmici; R. considerando che alcuni Stati esteri quali Stati Uniti, Giappone, Cina e Corea del Sud stanno prendendo in considerazione, e in una certa misura hanno già adottato, atti normativi in materia di robotica e intelligenza artificiale, e che alcuni Stati membri hanno iniziato a riflettere sulla possibile elaborazione di norme giuridiche o sull’introduzione di cambiamenti legislativi per tenere conto delle applicazioni emergenti di tali tecnologie; S. considerando che l’industria europea potrebbe trarre beneficio da un approccio efficiente, coerente e trasparente alla regolamentazione a livello dell’UE, che fornisca condizioni prevedibili e sufficientemente chiare in base alle quali le imprese possano sviluppare applicazioni e pianificare i propri modelli commerciali su scala europea, garantendo nel contempo che l’Unione e i suoi Stati membri mantengano il controllo sulle norme regolamentari da impostare e non siano costretti ad adottare e subire norme stabilite da altri, vale a dire quei paesi terzi che sono anche in prima linea nello sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale.

12 Ris.: Princípi generali. T. considerando che le leggi di Asimov devono essere considerate come rivolte ai progettisti, ai fabbricanti e agli utilizzatori di robot, compresi i robot con capacità di autonomia e di autoapprendimento integrate, dal momento che tali leggi non possono essere convertite in codice macchina; U. considerando che è necessaria una serie di norme che disciplinino in particolare la responsabilità, la trasparenza e l’assunzione di responsabilità e che riflettano i valori intrinsecamente europei, universali e umanistici che caratterizzano il contributo dell’Europa alla società; che tali regole non devono influenzare il processo di ricerca, innovazione e sviluppo nel settore della robotica; V. considerando che l’Unione potrebbe svolgere un ruolo essenziale nella definizione dei princípi etici fondamentali da rispettare per lo sviluppo, la programmazione e l’utilizzo di robot e dell’intelligenza artificiale e per l’inclusione di tali princípi nelle normative e nei codici di condotta dell’Unione al fine di configurare la rivoluzione tecnologica in modo che essa serva l’umanità e affinché i benefici della robotica avanzata e dell’intelligenza artificiale siano ampiamente condivisi, evitando per quanto possibile potenziali insidie; W. considerando la carta sulla robotica allegata alla relazione, elaborata con l’assistenza dell’unità Prospettiva scientifica dello STOA (DG Servizi di ricerca parlamentare), che propone un codice etico per gli ingegneri robotici, un codice per i comitati di etica della ricerca, una “licenza” per progettisti e una “licenza” per utenti; [(1) Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno. (2) Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge. (3) Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge. (cfr. Isaac Asimov, Circolo vizioso, 1942) e (4) Un robot non può recare danno all’umanità, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, l’umanità riceva danno]. X. considerando che per l’Unione dovrebbe essere adottato un approccio graduale, pragmatico e cauto del tipo auspicato da Jean Monnet1 per quanto riguarda qualsiasi iniziativa futura sulla robotica e sull’intelligenza artificiale al fine di garantire che l’innovazione non sia soffocata; Y. considerando che è opportuno, dato lo stadio raggiunto nello sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale, iniziare con le questioni di responsabilità civile.

13 In seguito, qui, indicate con IA.

14 Ris: Princípi etici. 10. osserva che le possibilità di realizzazione personale che derivano dall’uso della robotica sono relativizzate da un insieme di tensioni o rischi e dovrebbero essere valutate in modo serio dal punto di vista della sicurezza delle persone e della loro salute, della libertà, la vita privata, l’integrità, la dignità, dell’autodeterminazione e la non discriminazione nonché della protezione dei dati personali; 11. considera che l’attuale quadro giuridico dell’Unione debba essere aggiornato e integrato, se del caso, da princípi etici di orientamento che riflettano la complessità della robotica e delle sue numerose implicazioni sociali, mediche, bioetiche; è del parere che un quadro etico di orientamento chiaro, rigoroso ed efficiente per lo sviluppo, la progettazione, la produzione, l’uso e la modifica dei robot sia necessario per integrare le raccomandazioni legali della relazione e l’acquis nazionale e dell’Unione esistente; propone, in allegato alla presente risoluzione, un quadro sotto forma di una carta contenente un codice di condotta per gli ingegneri robotici, un codice per i comitati etici di ricerca relativo al loro lavoro di revisione dei protocolli di robotica e modelli di licenze per progettisti e utenti; 12. pone l’accento sul princípio della trasparenza, nello specifico sul fatto che dovrebbe sempre essere possibile indicare la logica alla base di ogni decisione presa con l’ausilio dell’intelligenza artificiale che possa avere un impatto rilevante sulla vita di una o più persone; ritiene che debba sempre essere possibile ricondurre i calcoli di un sistema di intelligenza artificiale a una forma comprensibile per l’uomo; ritiene che i robot avanzati dovrebbero essere dotati di una “scatola nera” che registri i dati su ogni operazione effettuata dalla macchina, compresi i passaggi logici che hanno contribuito alle sue decisioni; 13. sottolinea che il quadro etico di orientamento dovrebbe essere basato sui princípi di beneficenza, non maleficenza, autonomia e giustizia, nonché sui princípi sanciti all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – quali la dignità umana, l’uguaglianza, la giustizia e l’equità, la non discriminazione, il consenso informato, la vita privata e familiare e la protezione dei dati, cosí come sugli altri princípi e valori alla base del diritto dell’Unione come la non stigmatizzazione, la trasparenza, l’autonomia, la responsabilità individuale e sociale – e sulle pratiche e i codici etici esistenti; 14. ritiene che un’attenzione speciale dovrebbe essere prestata ai robot che rappresentano una minaccia significativa alla riservatezza in virtù del loro posizionamento in spazi tradizionalmente protetti e privati e della loro capacità di estrarre e trasmettere dati personali e sensibili.

15 V. lett. R, riportata supra alla nt. 10.

16 Ris. 59 f):“l’istituzione di uno status giuridico specifico per i robot nel lungo termine, di modo che almeno i robot autonomi più sofisticati possano essere considerati come persone elettroniche responsabili di risarcire qualsiasi danno da loro causato, nonché eventualmente il riconoscimento della personalità elettronica dei robot che prendono decisioni autonome o che interagiscono in modo indipendente con terzi”.

17 Ris.: Aspetti finali 65.

18 V. supra nt. 10.

19 L’identificazione tra uomo e persona non è di solito certa. Anzi si può dire che il concetto di persona (sia in filosofia sia in diritto) non sempre e non necessariamente coincide con quello di ‘uomo’. L’identificazione vi era nel diritto romano, ma si è persa (vuoi per la elaborazione della nozione più alta della Persona identificata nella SS. Trinità, vuoi per la nascita, in epoca non precisabile della persona giuridica), passando dall’indicazione dell’uomo storico a quella dell’uomo ‘di valore’ (che ‘si fa’ virtuoso allontanandosi da quel che è in natura): cfr. S. Tafaro, Persona: origini e prospettive, in Atti del Congresso internazionale ‘Incontro fra canoni d’oriente e d’occidente’ 2 (Bari 1993), p. 583 ss.; Id., La personne au regarde de l’histoire et de la philosophie juridique, in Studi in ricordo di Antonio Filippo Panzera vol. 3, Bari 1995, pp.15565-1585. V. ivi bibl.

20. È appena il caso di avere presente che persona, partendo dall’uso romano, che lo riferiva all’uomo, evidenziandone l’origine giuridica (v. nt. prec., adde U. Agnati, “Persona iuris vocabilim”. Per una interpretazione giuridica di “persona” nelle opere di Gaio, in Rivista di Diritto Romano IX, 2009, www.ledonline.it/rivista/dirittoromano/), cominciò un cammino complesso ed avventuroso, intorno al quale si intrecciarono idee e vicende varie e non sempre limpide, tanto che un autore perspicace quale il Cotta ha efficacemente parlato di “avventura semantica”. Esso cominciò, verosimilmente, con il pensiero cristiano, il quale adoperò il termine in riferimento alla SS. Trinità, dove il Padre si mostra attraverso il Figlio, che, in tal senso, è ‘persona’. Di lí si compí un ulteriore passo, che consistette nell’uso del termine con significato analogo anche per gli uomini, visti come ‘persone’ viventi un’esperienza propria storicamente contrassegnata nell’ambito del messaggio salvifico dell’Incarnazione. In tal senso, ad esempio, si esprimeva Clemente Alessandrino: v. citazione in S. Cotta, v. Persona (Filosofia del diritto), in ED XXXIII (1983), 1603, dove viene ricordato che “Ai nostri giorni N. Berdiaev ripropone il nesso tra persona (“immagine totale dell’uomo”) e volto umano (“culmine del processo cosmico”)”.

21 È stato osservato che “Il concetto di persona ha in diritto moderno tre funzioni: astrarre classificare e – forse la più importante – suscitare pathos. Il concetto di persona è un’astrazione. … Le astrazioni presentano un aspetto più imparziale rispetto alle denominazioni concrete. Il termine giuridico di persona, invece che uomo, adempie quindi – sulla base di un primo ragionamento – la funzione di servire da punto di connessione linguistico tra le differenze che sussistono tra determinati gruppi di uomini. Il concetto di persona rappresenta cioè, come osserva giustamente Rodotà, non semplicemente la natura dell’uomo, ma suprattutto, sempre, una costruzione come insegna la storia, che per mezzo del concetto di persona gli uomini vengano privati dei diritti in modo intollerabile”: J. F. Stagl, Da “qualcosa” a “qualcuno” – e ritorno? Percorsi (giusti e sbagliati) sul concetto di “persona, in Preuß. ALR I.1.§1. Dello stesso a. cfr. Die Personwerdung des Menschen: Anfänge im Römischen Recht, H. Thomas e J. Hattler (a c. di) Personen – Zum Miteinander einmaliger Freiheitswesen, Frankfurt a. M., Paris 2012, 89-110; Die ‚Person’: phrygische Mütze oder Nessushemd? Eine Auseinandersetzung mit Roberto Esposito’s Terza Persona, in Bonner Rechtsjournal 2012, 11-20. V. anche H. Kelsen, Allgemeine Staatslehre, Berlin 1925, 63: “Und die sogenannte ‘physische’ Person muß in demselben Sinne und demselben Maße juri- stische Person sein, wie die bisher allein so genannte ‘juristische’ Person selbst … Physische und juristische Person müssen auf einen gemeinsamen Nenner des Rechts gebracht werden, um indem einen Begriff der Rechtsperson vereinigt werden zu können. Wenn der Mensch Person ist, so ist darum die Person noch nicht Mensch”.

22 Appare superfluo evidenziare che la letteratura su persona è sterminata e, pertanto, non è possibile, qui, darne conto. Una panoramica fondamentale ed essenziale si trova nel pensiero e nelle opere del Perlingieri, ad es. v. P. Perlingieri, La personalità umana nell’ordinamento giuridico, Napoli 1972; Idem, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 1984, p. 124 s., l’A. ci fa avvertiti del fatto che, alla luce dei dettati costituzionali odierni (nello specifico dell’art. 3 co della Costituzione Italiana), la personalità realizza un fruttuoso intreccio tra pubblico e privato, allo scopo di tutelare un soggetto: “è difficile affermare che esiste ancora qualcosa di privato, almeno nella sua accezione ottocentesca, come è probabile che oggi non esista più niente che sia interesse pubblico in quanto tale, dal momento che è funzionalizzato alla realizzazione dei diritti individuali”. Adde, da ultimo: Idem, Istituzioni di diritto civile, esi, Napoli 2018. Partic. pp. 43 ss., 71 ss.

23 Su queste conseguenze si è soffermato il sorriso ironico di F. Galgano, Il rovescio del diritto, Milano, 1991, pp. 24 ss., “Iddio creò l’uomo a propria immagine e somiglianza, ma l’uomo non volle essergli da meno: creò, a immagine e somiglianza propria, la persona giuridica. Le dette un’assemblea ed un consiglio di amministrazione e le disse: questi sono i tuoi organi; l’assemblea è il tuo cervello; vedrai, ascolterai, parlerai con gli occhi, con le orecchie, con la bocca dei tuoi amministratori. Alla loro creatura gli uomini dettero, se non un’anima, sicuramente un corpo. Che la persona giuridica abbia un corpo erano convinti già i Romani, dal momento che corpus habere equivale, nel loro linguaggio, ad essere persona giuridica; ed è convinzione che si perpetua: di ‘corpi morali’ parlavano ancora i codici dell’Ottocento (con ciò sottintendendo che le creature di Dio sono banali corpi fisici) e corporation dicono tuttora gli americani. Iddio aveva detto al primo uomo e alla prima donna: crescete e moltiplicatevi. La persona giuridica è stata dall’uomo concepita come unisex: le società madri generano le società figlie e queste, a loro volta, le loro figlie; e i cinque continenti si sono popolati di società madri, società figlie, società sorelle. Lo sviluppo demografico degli esseri umani e delle persone giuridiche procede, se non di pari passo, secondo la legge della compensazione: dove il tasso di natalità rallenta, come accade nei paesi industrializzati, cresce in modo vertiginoso il numero delle persone giuridiche. E ci sono paesi, sia pure minuscoli paesi, che si vantano di essere simbolo di questa stupenda prolificità: nel Liechtenstein, a Monaco, a Panama i cittadini in carne e ossa sono una trascurabile minoranza della popolazione, formata per la quasi totalità da una imponente moltitudine di persone giuridiche, e di cosí solida razza da rivelarsi capaci di muovere alla conquista del mondo. Una considerevole quota della ricchezza mondiale appartiene a persone giuridiche nate in questi prolifici paesi. Ma l’uomo volle fare di più e di meglio: alla persona giuridica, che è sua creatura, permise ciò che a lui stesso, creatura di Dio, non è consentito. L’uomo è mortale, la persona giuridica può essere immortale. Le basta, per assicurarsi l’immortalità, che ad ogni scadenza del termine di durata l’assemblea ne deliberi la proroga, e cosí all’infinito. E c’è ben altro: le persone giuridiche possono fondersi. Di due o più persone giuridiche se ne può fare una sola, sia che una incorpori le altre, sia che tutte si fondano in una nuova persona giuridica. Nulla di simile è dato all’uomo. Nelle sacre scritture è rivelato: ‘sarai una sola carne’; ma è solamente una metafora; di due o più corpora l’uomo ha saputo fare davvero, e non soltanto per metafora, una sola corporation. Altro prodigio: la persona giuridica può essere scorporata e, di una Persona giuridica se ne possono fare, per scissione, due o più, praticamente senza limiti di numero. La creatività umana ha, dunque, largamente superato quella divina: al Creatore un simile prodigio era riuscito solo per gli esseri unicellulari. Iddio aveva detto alla prima donna: partorirai nel dolore. Il parto della persona giuridica è, all’opposto, quanto di più semplice e indolore si possa immaginare. Non si versa sangue, ma solo danaro; e nei minuscoli felici paesi, che supra ho menzionato, basta per creare una persona giuridica il versamento di una somma pari al prezzo di un vestito. La superbia dell’uomo ingelosí il suo Creatore, che volle castigarla, e ne incaricò il proprio vicario in Terra, Papa Innocenzo IV, al secolo Sinibaldo de’ Fieschi. Questi usò l’arma della persuasione, elaborò una teoria, si studiò di convincere gli uomini che la persona giuridica era null’altro che una persona ficta. La mediazione del Sommo Pontefice produsse i risultati sperati: Bartolo di Sassoferrato, sommo giurista, ma uomo timorato di Dio, dovette convenire che la persona giuridica vere et proprie non est persona; Baldo degli Ubaldi, giurista non meno sommo, ma anch’esso timorato, ne completò l’opera con dovizia di argomenti: persone sono soltanto gli uomini, anche se a costoro è dato di agire, anziché uti singuli, uti universi. E da allora di persona giuridica non si parlò più per secoli. Erano, del resto, i secoli dell’Inquisizione, e nessun giurista volle rischiare il rogo”

24 Sulle implicazioni delle neuroscienze, oggetto della mia attenzione in piú sedi, rinvio, anche per i riferimenti bibliografici a: L. Tafaro, Neuroscienze e diritto civile: nuove prospettive in BioLaw Journal, Rivista di BioDiritto, n. 3/2017, pp. 251-272, ISSN 2284 – 4503.

25 Fondatore di Tesla, che è all’avanguardia nelle tecnologie innovative e nella costruzione di automobili senza guidatore.

26 Professore di diritto nella University of Washington – School of Law, nella Stanford University – Law School e nella Yale Law School.

27 È, infatti, sempre avvenuto che il ‘nuovo’ sia stato all’esistente prima di essere elaborato nella sua peculiare specificità sin dagli albori della Storia, ad esempio, l’uomo preistorico ha modellato i primi utensili a somiglianza delle mandorle e quando è stato inventato il motore a scoppio le prime auto non erano altro che carrozze (per lo piú calessi) dotate di motore e sterzo.

28 Di lui sappiamo ancora poco, ma certo è che seppur giovanissimo di strada ne aveva già fatta parecchia. Classe 1990, da poco più di un anno vicedirettore del “Dipartimento per il Futuro”, Al Olama, ha iniziato a farsi notare quando, a 24 anni, è entrato nel comitato esecutivo del World Government Summit, il vertice tenuto ogni anno a Dubai al quale partecipano protagonisti del settore pubblico e privato, nonché i leader e – come scrivono sul loro sito ufficiale – “i pionieri di pensiero internazionali”. Tanto per fare alcuni nomi, alla prossima edizione è prevista la partecipazione, tra gli altri, della direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Laguarde e di Elon Musk.

29 Ma qui l’orizzonte temporale è molto lungo: per avere la prima città arabo-marziana ci vorrà un secolo, la deadline è il 2117. D’altra parte, lo abbiamo detto, sono gli stessi che in pochi decenni hanno costruito dal nulla intere città nel bel mezzo del deserto.

30 Il simbolo di una nuova Arabia Saudita oltre il petrolio: questo dovrebbe essere Neom (la m sta per mostaqbal, futuro in arabo), la prima metropoli interamente ecosostenibile e il più moderno parco tecnologico al mondo. A finanziarla sarà un fondo statale da 500 miliardi di dollari, e il progetto sarà coordinato da Klaus Kleinfeld, ex presidente del colosso tedesco Siemens. Neom nascerà sulla costa, sul Mar Rosso, di fronte a Sharm el Sheikh. Neom sarà molto di più. “Il suo approvvigionamento energetico sarà assicurato esclusivamente da energie rinnovabili (30 per cento eolico, il resto solare). L’80 per cento dei materiali usati saranno riciclati o riciclabili, realizzati seconprocessi produttivi che si servono di energie alternative e privi di sotanze tossiche. Quella di Neom sarà una rivoluzione culturale prima che urbanistica”. La città sarà infatti dichiarata zona economica indipendente e avrà una propria legislazione, separata da quella del Regno Saudita. “Solo cosí le aziende hi­tech verranno qui” dice Kleinfeld. Suprattutto quelle che studiano tecnologie per la desalinizzazione, mobilità elettrica, differenziazione e riciclo dei rifiuti. “Tecnologie di cui i Paesi arabi nei prossimi decenni avranno molto bisogno”. Il progetto prevede anche un ponte di acciaio verso l’Egitto vicino alle isole dí Tiran e Sanafir, di recente restituite ai sauditi dal Cairo. La famiglia reale saudita vuole che la città sia pronta almeno per metà entro il 2030. Va aggiunto che il concetto a base del progetto comincia ad essere trainanate: anche la Cina nella regione di Pechino sta progettando Jing­Jin­Ji, città da 100 mila chilometri quadrati e 130 milioni di abitanti. “Ma quello è di fatto un ingrandimento di Pechino, che verrà cosí unita al porto di Tianjin e alla regione dell’Hebei” dice Kleinfeld.

31 Creatore ne è stato David Hanson, fondatore della Hanson Robitics di Hong Kong, autore dei robot piú sorprendenti in circolazione. Sofia è apparsa anche in TV, nell’aprile del 2017, nel programma The Tonight Schow di Jimmy Fallon. È in grado di imitare le espressioni facciali umani, di rabbia, tristezza, gioia. “Voglio vivere e lavorare con gli umani e per questo devo esprimere le emozioni per capire gli umani e realizzare un rapporto di fiducia”. Sophia ha anche risposto ai dubbi e ai timori che suscita il rapido sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale e ha ribattuto al fondatore di Tesla, Elon Musk, che aveva espresso riserve: “Stai guardando troppi film di Hollywood, se tu sarai gentile con me, io sarò gentile con te”. Va tenuto presente che se oggi Hanson può apparire ai margini del dibattito sui robot e le sue idee sembrano oggi pura fantasia, ma vi sono buone ragioni per cominciare a concentrarsi su tali questioni. Per diversi motivi legali, a tutte le società statunitensi e ad alcuni fiumi sacri indiani è già stato concesso lo status di persona. Il Regno Unito ha inoltre concesso una protezione giuridica supplementare a un invertebrato, il polpo, perché ha una maggiore sensibilità. I robot futuri saranno cosí diversi? Hanson avverte che i sistemi di intelligenza artificiale stanno diventando sempre più efficaci nel comprendere la comunicazione verbale grazie alle tecnologie di elaborazione del linguaggio naturale. Ma aggiunge che i robot dovrebbero anche imparare le modalità di comunicazione non verbali, come le espressioni facciali e i gesti della mano. Ne abbiamo bisogno anche per capire i comportamenti, le culture e i valori umani. Il modo migliore per farlo è quello di permettere ai robot di imparare, come fanno i bambini, a vivere e interagire con gli esseri umani. Sviluppando “algoritmi intelligenti biologicamente ispirati” e permettendo loro di assorbire una grande ricchezza di dati sociali, attraverso sensori sofisticati, secondo Hanson possiamo creare robot più intelligenti e veloci. Questo porterà inesorabilmente al punto in cui la tecnologia sarà “letteralmente viva, autosufficiente, emergente, sentimento e consapevolezza”. E aggiunge: “Voglio che i robot imparino ad amare e che cosa significhi essere amati, non solo amare in un significato ridotto. Sí, vogliamo robot capaci di amicizia e amore familiare, di questo tipo di legami. Vogliamo però che anche i robot amino in senso più ampio, nel senso del termine greco “agape”, che significa amore superiore, imparino a valorizzare l’informazione, le relazioni sociali, l’umanità”.

32 Va detto che la decisione di conferire la residenza a Mirai non è solo un gesto simbolico dal forte impatto mediatico: il comune di Tokyo ha infatti incaricato Mirai (che significa “futuro”) di dialogare con i 224 mila cittadini del distretto (che si chiama proprio Shibuya) e aprire quindi un canale informale di comunicazione tra la popolazione e il governo locale; in cui esprimere le proprie opinioni e valutare l’operato delle istituzioni. Tutto ciò, invece che attraverso la burocrazia, avverrà chiacchierando con un’intelligenza artificiale.

33 Il Centro Leverhulme per il futuro dell’intelligence (CFI) è nato con l’obiettivo di costruire una nuova comunità interdisciplinare di ricercatori, con forti legami con i tecnologi e il mondo politico, e un chiaro obiettivo pratico: lavorare insieme per garantire che noi umani facciamo il la migliore delle opportunità dell’intelligenza artificiale che si sviluppa nei decenni a venire. Finanziato da una sovvenzione di 10 milioni di sterline da parte del Leverhulme Trust, CFI si propone di prospettare le opportunità, le sfide e le potenzialità delle nuove tecnologie, sia a breve che a lungo termine. La sede è presso l’Università di Cambridge, con partner della Oxford Martin School dell’Università di Oxford, dell’Imperial College of London e dell’Università della California, a Berkeley. L’attività è per lo più strutturata in una serie di progetti. Essi sono la struttura di base della nuova community di CFI, individuando e contattando ricercatori brillanti per collegarli nel tentativo di conoscere a fondo le varie forme di IA con lo scopo ottenere da esse il meglio. Gli argomenti spaziano dalla trasparenza algoritmica all’esplorazione delle implicazioni dell’IA per la democrazia. Molti ricercatori ora prendono sul serio la possibilità che un’intelligenza uguale alla nostra venga creata nei computer, forse entro questo secolo. Liberati da vincoli biologici, come la memoria limitata e le lente velocità di elaborazione biochimiche, le macchine potrebbero diventare più intelligenti di noi – con profonde implicazioni per tutti noi, avendo presente quello che ha quasi profetizzato Stephen Hawking: “quando alla fine si verifica, è probabile che sia la cosa migliore o peggiore che possa mai accadere all’umanità, quindi c’è un enorme valore nel farlo nel modo giusto.” Pertanto miriamo a riunire il meglio dell’umanità intelligenza per poter sfruttare al massimo l’intelligenza delle macchine”. V. Stephen Care, Other Minds, in Financial Times, 14 March 2017; Idem, The Dark History of Intelligence, in Aeon Magazine, 21 February 2017.

34 Forse per questo quasi tutte le applicazioni d’intelligenza artificiale hanno una voce femminile: Cortana della Microsoft, Siri della Apple e perfino l’assistente pilota dell’aereo da combattimento Eurofighter Typhoon. Sembra che le persone reagiscano meglio a una voce femminile

35 Magari con le fattezze della simpatica attrice Haudrey Hepburn, come nel caso di Sofia, e con nome e voce femminile, come nel caso, ad esempio, di Alexa (nome dato ad Echo), il cui nome si ispira alla biblioteca di Alessandria d’Egitto, che conteneva tutto il sapere del mondo antico, come lei stessa afferma.

37 V. prec. nt. 35.

38 V. M. Brooks, L’intelligenza artificiale dominerà le nostre vite?, in Internazionale, n. 1232, 24/30 Novembre 2017, p. 54. L’a. si domanda “Allora perché pensiamo che questa tecnologia non sia ancora arrivata? In parte a causa degli allarmi distopici come quelli dell’imprenditore Elon Musk, il fondatore della Tesla, e del cosmologo Stephen Hawking. Entrambi parlano spesso e volentieri di un futuro in cui le macchine diventeranno malvagie. Nel 2016 Hawking ha dichiarato che l’intelligenza artificiale potrebbe provocare il più grande disastro della storia umana. Tre anni fa ha addirittura detto che “potrebbe significare la fine della razza umana”. Ad agosto Musk ha scritto su Twitter che l’intelligenza artificiale potrebbe costituire “un pericolo molto maggiore della Corea del Nord”. Quest’idea di una fine apocalittica non coincide con la realtà piuttosto banale che vediamo, per questo diamo per scontato che l’intelligenza artificiale non esista ancora. Mark Zuckerberg, l’amministratore delegato di Facebook, ha risposto a uno dei primi apocalittici avvertimenti di Musk dicendo che era da “irresponsabili”. Ma è normale che lo abbia detto, no? La conoscenza che ha Zuckerberg dell’argomento è “limitata”, ha commentato Musk”. L’a. formula un’ampia considerazione, partendo dal quotidiano ed arrivando alle prospettive già in via di realizzazione suprattutto in campo militare: “Parlo con Siri, l’assistente virtuale del mio iPhone quasi tutti i giorni. Le chiedo di mandare un messaggio a mia moglie o di prendere un appunto sulla mia agenda, niente che potrebbe mai usare contro di me. Siri e Alexa non hanno un corpo, avrebbero sicuramente difficoltà a usare una pistola. Ma ance esprimere in questi termini la nostra paura dell’intelligenza artificiale denuncia l’incapacità di pensare razionalmente alle sue promesse e alle sue potenziali insidie. La confondiamo continuamente con i robot suprattutto quelli malvagi come Terminator. ‘Nella fantasia popolare l’intelligenza artificiale assume la forma fantascientifici degli `uomini di metallo’, dei robot che ci ruberanno il lavoro o svilupperanno spontaneamente un atteggiamento malevolo nei confronti del genere umano”, dice Euan Cameron, un esperto d’intelligenza artificiale della società di consulenza PwC. Quest’immagine nasce suprattutto dai primi anni di vita dell’intelligenza artificiale, dalla letteratura fantascientifica degli anni cinquanta, che a sua volta era una reazione a progressi scientifici e tecnologici del dopo guerra. Senza dubbio, molte delle ricerche sull’intelligenza artificiale sono state finanziate dai militari. Siri, per esempio, è un prodotto secondario di un progetto sviluppato per aiutare i militari. Le gare della Darpa Grand challenge, una competizione per veicoli senza conducente finanziata dalla Defense advanced research projects agency (Darpa), un’agenzia del dipartimento della difesa degli Stati Uniti che si occupa dello sviluppo di tecnologie militari, hanno stimolato la nascita dei veicoli senza conducente che Musk e la sua Tesla, tra gli altri sperano di diffondere ovunque. Senza dubbio le armi usano sempre pii spesso software intelligenti che permetto nodi individuare gli obiettivi nemici e spa rare senza bisogno dell’intervento umano Alcuni governi, per esempio quello britannico, si sono impegnati a fare in modo che sia sempre una persona a prendere la decisione di sparare. Il sistema di difesa missilistica israeliano Iron dome, invece, è totalmente automatizzato. Se rileva un missile e una bomba in arrivo, spara. Non serve l’intervento di un essere umano. Ma quando l’automazione diventa autonomia, l’intelligenza artificiale diventa oggetto di dibattito, perché probabilmente tra vent’anni avremo sistemi di arma autonome intelligenti che non hanno bisogno di noi. Gli eserciti sono sempre alla ricerca di m vantaggio ed è difficile immaginare che tutti i paesi blocchino la ricerca in questo campo. Tutte le nazioni in grado di farlo dovrei, però cercare di sviluppare questa tecnologia e allo stesso tempo stringere accordi internazionali che ne limitino l’uso. In seguito alle pressioni esercitate dalle Nazioni Unite, sono stati firmati accordi si mili per le armi chimiche e per i laser acce canti. “Anche se non possiamo disinventare la chimica alla base di quelle armi, il divieto delle Nazioni Unite ne ha limitato l’uso su campi di battaglia”, dice Toby Walsh, un ri cercatore nel campo dell’intelligenza artificiale e della robotica dell’università de New South Wales, in Australia”.

39 V. supra nt. 31.

40 Cfr.: M. Shanahan, M., The Technological Singularity, MIT Press (2015); Idem, Embodiment and the Inner Life: Cognition and Consciousness in the Space of Possible Minds, Oxford University Press 2010; Idem, Conscious Exotica, in Aeon Magazine 2016.

41 perché, oltretutto, spingono a fraintendimenti e incomprensioni della tecnologia sottostante. I produttori non dovrebbero cercare di ingannare gli utenti inducendoli a credere che i robot abbiano piú capacità di quelle possedute. Secondo il ricercatore la gente non dovrebbe essere spinta a credere che già oggi i robot siano più intelligenti di quanto non lo siano effettivamente.

42 Loc. cit.

43 Cfr.: N. Cristianini, An Introduction to Support Vector Machines e Kernel Methods for Pattern Analysis, in John Shawe-Taylor, 2000; Nello Cristianini, Matthew W. Hahn, Introduction to Computational Genomics, Cambridge University Press, 2006.

44 R. A. Freitas, The legal rights of robots, in Student Lawyer 13 (1985), p. 54 s.

45 Per esso ci si avvarrà, principalmente, degli studi di R. Calo, robotics and th Lessons of Cyberlaw, in California Law Review, vol 103 (6-1-2015) Issue 3 Article 2; robots in American Law in Legal Studies Research Paper n° 2016-04, della School of Law – University of Washington. I lavori saranno tenuti presenti ancorché non citati espressamente e reiteratamente.

46 Calo, op. cit., p. 5, ricorda la previsione di un’orchestra di automi nel VI sec. a. C., da parte del Cinese Shai Shih t’u Ching. Quanto al mondo greco, impressionanti sono le progettazioni di CtesibioFilone di Bisanzio (III secolo a.C.) ed Erone di Alessandria (I secolo), autore di Automata. Per non parlare della Macchina di Anticitera (circa 150-100 a.C.), il più antico calcolatore meccanico conosciuto, e dei miti: Dedalo utilizzò l’argento vivo per installare una voce nelle sue statue. Efesto creò automi per il suo laboratorio: Talo, un uomo artificiale di bronzo e, secondo Esiodo, la donna Pandora.

47 Questo crea una tendenza cosí forte da spingere i soldati, a volte, a mettere perfino se stessi in pericolo per preservare le “vite” di robot militari nel campo. V. J. Bacon, Google This: Nevada Issues License for Driverless Car, in USA TODAY (Mggio 8, 2012, 1:35 PM), consultabile al sito http://content.usatoday.com/communities/ondeadline/post/2012/05/google-this-nevada-issues-license-for-driverless-car/1#.VOVPHEKpI9x.

48 Cfr.: M. E. Kaminski, Federalismo dei droni: Droni civili e le cose, Carry, 4 calif. L. Rev. Circuit 57 (2013), consultabile al sito http://scholarship.law.berkeley.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1007&context=clrcircuit. Adde, L. Lessig, La legge del cavallo: cosa potrebbe insegnare il Cyberlaw, 113 HARV. L. REV. 501 (1999).

49 Cfr.: H. A. Simon, Modelli di uomo: sociale e razionale 196 (1957); Idem, The Shape Of Automation For Men And Management vii (1965).

50 Cfr.: J. D. Lipton, Law of the Intermediated Information Exchange, 64 FLA. L. REV. 1337, 1339 (2012). Adde, R. Calo, robotics and the Lesson, cit., p. 517.

51 Cfr. S.N. Lehman-Wilzig, Frankenstein Unbound: Towards A Legal Definition of Artificial Intelligence, in Futures 13 (1981).

52 Si è osservato che anche i robots rientrano nel ciclo senso-pensiero-atto, il quale è stato particolarmente influente per le comunità di robotica e intelligenza artificiale: cfr. R. Pfeifer – C. Scheier, Understanding Intelligence 37 (1999); R. A. Brooks, Intelligence Without Reason, in Proceedings of the 12th international joint conference on Artificial intelligence – Volume 1 (1991), p. 569-595.

53 V. P.W. Singer, Wired For War: The robotics. Revolution and Conflict, in The twenty-first century, 337–43 (2009).

54 Si sa che le luci lampeggianti inducono attacchi epilettici: 121 forti concentrazioni di luce possono tagliare il metallo. A volte tu e io agiamo semplicemente parlando, come quando accettiamo un contratto orale: v. L. Austin, How To Do Things With Words (1962).

55 Cfr.: H. R. Ekbia, Artificial Dreams: The Quest For Non-Biological Intelligence 258 (2008).

56 È appena il caso notare che nel nostro ordinamento e in altri della Civil Law l’emergenza e l’eccezionalità hanno trovato campo quasi esclusivamente nel diritto concernente la guerra e nel diritto amministrativo, ovvero concernono il penale e la procedura penale: v., per tutti, l’analisi comparata in P. Passaglia, Poteri emergenziali e deroghe al principio di legalità, 2011, consultabile al sito: http://hdl.handle.net/11568/146531.

57 Sul punto, v. P. H. Kahn, Jr., The New Ontological Category Hypothesis in Human-robot Interaction, 2011, in Proc. 6th int’l conf. On human-robot interaction 159. Queste categorie sono distinte ma reciprocamente rinforzanti. Ad esempio: una realizzazione fisica accoppiata ad un’azione apparentemente spontanea porta le persone a prestare valenza sociale ai robots.

58 V. Calo, robotics cit., p. 551 s. sulla capacità del diritto a creare realtà proprie v. supra nt. 23.

59 V., citati da Calo, robotics cit., p. 139, A. Bridy, Coding Creativity: Copyright and the Artificially Intelligent Author, 2012 in Stan. Tech. L. Rev. 5, 21; R. D. Clifford, Intellectual Property in the Era of the Creative Computer Program: Will the True Creator Please Stand Up?, in 71 Tul. L. Rev. 1675, 1696–97 (1997); P. Samuelson, Allocating Ownership Rights in Computer-Generated Works, in 47 U. Pitt. L. Rev. 1185 (1986).

60 V. Calo, loc, cit., il quale richiama S. Minor Benjamin, Algorithms and Speech, in 161 U. PA. L. REV. 1445, 1446 (2013).

61 V., supra, p. 15. Adde: M. R. Calo, People Can Be So Fake: A New Dimension to Privacy and Technology Scholarship, in 114 Penn st. L. Rev. 809, 828–29 (2010).

62 Per esempio, non parliamo con un muro di mattoni e ci aspettiamo che risponda, né attribuiamo ad esso capacità mentali o pensiamo ad esso come a un possibile amico.

63 Sul punto v. Calo, robotics cit., p. 546 s.

64 Le aziende tecnologiche popolari stanno investendo miliardi in robotica e intelligenza artificiale. Le registrazioni di brevetti per i robots sono alle stelle. Difficilmente a il giorno passa senza titolo nazionale dedicato a macchine senza conducente o droni.

65 Elnicky Enterprises, Inc. v. Spotlight Presents, Inc., 1981 WL 48202 (S.D.N.Y. 1981.

66 V. robot Beheaded, Wilmington Morning Start, Aug. 4, 1981. (“Off with his head!’ a judge has ordered in the case of a robot born of a stolen design.”); Walter Ego loses his head, The Montreal Gazette, Jul. 21, 1981, ricordati da Calo, robots in American Law, cit., p 10 s.

67 Supra p. 24 s.

68 Wendt v. Host Int’l, Inc., 197 F.3d 1284 (9th Cir. 1999).

69 Sarebbe, infatti, stato possibile che le persone sarebbero venute dagli attori dello show dicendo cose come “Ehi George, ho appena bevuto un drink con te a Kansas City”: Calo, robots cit.,p. 10.

70 Cfr. Calo, robots cit., p. 14 s., dove, come ho detto, sono esposte le considerazioni richiamate sul punto.

71 Webster’s, New International Dictionary, 1958.

72 Funk & Wagnalls, New Standard Dictionary, 1960.

73 Cfr. Samuel N. Lehman-Wilzig, Frankenstein Unbound: Towards A Legal

Definition of Artificial Intelligence, 13 Futures (1981); H. A. Simon, The Shape of Automation for Men and Management, 1965; G.S. McNeal, Targeted Killing and Accountability, 102 Geo. L. Rev., 681 (2014) (drones); R. Calo, The Drone as Privacy Catalyst, 64 Stan. L. Rev. Online 29 (2014); Idem, Robots cit. p. 33 s. che sul punto è la principale fonte di informazione qui utilizzata.

74 La metafora risale ad Aristotele ed è stata, per cosí dire, riscoperta nel Novecento, dopo la pubblicazione di The philosophy of Rhetoric di Ivor Armstrong Richards, suscitando una notevole crescita di interesse in ogni ambito dello scibile, producendo un’alluvionale letteratura caratterizzata da un altissimo grado di interdisciplinarietà. Cfr. C. Sarra, Lo scudo di Dioniso. Contributo allo studio della metafora giuridica. Principî di filosofia forense, Milano 2010.

75 Non c’è qui lo spazio per soffermarsi sull’analogia: della immensa bibliografia cfr. A. Torrente – P. SchlesingerManuale di diritto privato, Milano, Giuffrè, 1995, p. 43 s.

76 Cfr. R. Calo, Robotics cit., p. 36 s. V. M. – J. Millar, Hacking Analogies in the Regulation of Robotics, in Oxford Handbook Of The Law And Regulation Of Technology,. 2016.

77 R. Calo, Robots cit., p. 18 s.

78 È appena il caso di ricordare che fu proprio la scoperta dell’oro diede vita alla frenetica corsa che, con grave spargimento di sangue dei nativi, diede vita alla nascita dello Stato della California. La California Gold Rush raggiunse il picco nel 1852, e alla fine del decennio era finita.

79 Sul puto, acquisito dal pensiero giuridico contemporaneo, fin dal diritto romano, mi limito a rinviare, per il diritto romano, a M. Talamanca, Istituzioni di diritto romano, Giuffrè, Milano 1990, p. 484 s., e, per il diritto odierno a P. Perlingieri¸ Istituzioni cit., p. 134 s.

80 Della esemplificazione relativa a siffatti interrogativi si è occupato Calo, loc. cit., p. 20 s.

81 Cfr. G. Pino, Teorie e dottrine dei diritti della personalità. Uno studio di meta-giurisprudenza analitica , in Materiali per una storia della cultura giuridica, 2003/1, pp. 237-274.