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«La vita. Mi ha fatto credito per quarantasette anni. Avevo un fido, e da un certo momento in poi mi sono sentito onnipotente e immortale e arrogante quanto basta per non percepire più il limite mortale del corpo. All’inizio ho chiesto, poi ho preteso. E infine non mi sono più reso conto di quanto ogni pretesa la confondessi per atto dovuto. Con le persone, con le donne, con il lavoro, con gli oggetti, con me stesso»: a parlare è Pietro, il protagonista e voce narrante del romanzo “La vana illusione” di Andrea Parafioriti. Pietro Barozzi è un uomo ambizioso e cinico, che vive una vita arida a causa della sua professione: egli lavora per una società privata di recupero crediti, e per ottenere sempre i massimi risultati ha offuscato la sua moralità per essere spietato nel suo rapporto con i debitori. Egli ha creato una sua casistica basata su anni di osservazione: sa quando e come colpire e sa cogliere il momento in cui le difese si abbassano. L’autore ci mostra anche un suo intervento per farci comprendere la ferocia del protagonista e il suo godere nell’azzannare l’indifesa preda – «Non perde mai di vista l’obiettivo! E in questo lavoro non si deve mai perdere di vista l’obiettivo. Perché non si lascia mai fuorviare da sentimentalismi quando è di fronte a un soggetto. E in questo lavoro è fondamentale avere un lungo pelo nero arricciato sullo stomaco. Sin da subito si è dimostrato spietato nell’esigere crediti di maggior o minor entità da qualsiasi debitore, onesto o disonesto, furbo o candido, senza guardare in faccia nessuno». Un giorno, però, durante una visita da un disperato debitore, Pietro conosce la figlia del malcapitato, che cerca di difendere il padre da quell’uomo senza scrupoli: Tiziana lo colpisce nel profondo per la sua onestà, e diventa in qualche modo lo specchio in cui egli si riflette, trovandosi ignobile. È l’inizio di un percorso che porterà il protagonista a voler rimediare ai suoi errori, specialmente dopo una diagnosi medica impietosa, che lo costringe a bruciare le tappe per tentare di riscattarsi. E sebbene quello che si compie nel corso dell’esistenza resti a eterno memento, Pietro cerca di riscrivere la sua storia volgendo finalmente lo sguardo verso l’esterno: tante ferite devono essere curate e molti sensi di colpa devono essere affrontati. Pietro è pronto a pagare il conto, ora che ha compreso il vero valore della vita.

Redazione

Lsd sta per Last smart day, ovvero ultimo giorno intelligente, ultima speranza di una fuga da una cultura ormai completamente omologata, massificata, banalizzata. Il riferimento all'acido lisergico del nostro padre spirituale, Albert Hofmann, non è casuale, anzi tutto parte di lì perché LSDmagazine si propone come cura culturale per menti deviate dalla televisione e dalla pubblicità. Nel concreto il quotidiano diretto da Michele Traversa si offre anzitutto come enorme contenitore dell'espressività di chiunque voglia far sentire la propria opinione o menzionare fatti e notizie al di fuori dei canonici mezzi di comunicazione. Lsd pone la sua attenzione su ciò che solletica l'interesse dei suoi scrittori, indipendente dal fatto che quanto scritto sia popolare o meno, perciò riflette un sentire libero e sincero, assolutamente non vincolato e mosso dalla sola curiosità (o passione) dei suoi collaboratori. In conseguenza di ciò, hanno spazio molteplici interviste condotte a personaggi di sicuro spessore ma che non trovano spazio nei salotti televisivi, recensioni di gruppi musicali, dischi e libri non riconosciuti come best sellers, cronache e resoconti di sport minori, fatti ed iniziative locali che solitamente non hanno il risalto che meritano. Ma Lsd è anche fuga dal quotidiano, i vari resoconti dai luoghi più suggestivi del pianeta rendono il nostro magazine punto di riferimento per odeporici lettori.