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Le donne sono state le prime vittime degli effetti della pandemia per ragioni che risiedono sia nella loro collocazione nel mondo del lavoro, sia perché hanno una maggiore prevalenza di impiego nei settori più colpiti, sia a causa dei compiti sociali che tradizionalmente vengono attribuiti loro

A conferma di ciò, sono tante le donne che durante la pandemia, con i figli in DAD hanno dovuto occuparsi della loro formazione, per evitare che rimanessero indietro nei programmi e per rendere più chiara una didattica a distanza.

A questi problemi, e ad altri, vuole dare una risposta chiara, non più rimandabile, la Coordinatrice Regionale per le Pari Opportunità e la Famiglia di Puglia Favorevole Fulvia De Nicolò.

Nell’ambito delle attività e dell’impegno di Puglia Favorevole sui temi della sostenibilità e della parità di genere, la nostra redazione ha contattato la Coordinatrice Regionale per le Pari Opportunità e la Famiglia del neo movimento civico Fulvia De Nicolò. Il punto di arrivo è la promozione di stimoli e spunti in merito al primo Piano nazionale per la parità di genere e al PNRR sulle tematiche più sentite: formazione, maternità, welfare, sicurezza.
La Coordinatrice pensa che alcune azioni nell’ambito della strategia nazionale per la parità di genere possano risultare di grande ausilio. Prima di tutto lei si concentra banalmente sulla formazione. Per quanto anacronistico possa sembrare, tante sono le giovani donne che ancora non hanno consapevolezza che una mancata formazione oggi rappresenta una possibilità in meno domani.

Promuovere i concetti di autonomia e indipedenza economica, concetti che nei Paesi del Sud e in alcuni strati sociali risultano distanti dalle condizioni familiari vissute.

Scardinare immagini ancestrali della donna dietro i fornelli, che si occupa della pulizia della casa e che per “vocazione” deve occuparsi delle persone non più autosufficienti all’interno della famiglia.

Su questo aspetto la Coordinatrice insiste molto, ribadendo e ricordando che la stessa sanità pubblica risulterebbe senz’altro meno performante se non vi fosse l’ausilio da parte delle donne. Promuovere la nascita di figli in un Paese dove i nuovi nati sono zero (dato peggiorato ulteriormente durante la pandemia).

I numeri dimostrano che solo in città come Bolzano si continua a fare figli, ma poi Bolzano balza agli occhi per essere una delle città dove in Italia si vive meglio.

Perciò numeri di figli, e quindi maternità e paternità vanno di pari passo con il benessere che si vive a livello amministrativo e sociale.

Una città, un Paese civile, dove ci sono servizi a favore della collettività, è un Paese che consente di fare figli. In Italia si continua ancora a credere che i figli siano delle donne che li fanno. I figli sono di donne e uomini che hanno bisogno, entrambi, di politiche a favore della famiglia. E fino a quando non verrà scardinata questa idea retrograda che attribuisce SOLO alla donna questo compito, il nostro Paese, e in particolare il nostro Sud, non vivrà una vera emancipazione. L’emancipazione nasce principalmente da una rivoluzione culturale e poi economica.

I finanziamenti di derivazione europea potranno rendere senz’altro le nostre città belle, collegate e piene di eventi, ma se manca una consapevolezza culturale del ruolo della donna, dell’uomo, e della famiglia non raggiugeremo mai niente. Anche l’uomo nella famiglia non deve essere spettatore passivo, ma attore determinante. Perciò la Coordinatrice intende promuovere un percorso di consapevolezza a partendo senz’altro dalle scuole e sensibilizzando i giovani e gli adolescenti di oggi che saranno le donne e gli uomini di domani. Dunque formazione e consapevolezza, in un percorso continuo ed incessante, in cui anche l’immagine della donna non deve più essere veicolata da immagini fuorvianti ed errate, che trasmettono come unico riferimento di validità, l’aspetto fisico e lo stereotipo volgarmente imposto

La coordinatrice ritiene che prima di tutto deve esserci una rivoluzione culturale che deve riguardare uomini e donne in egual misura e questa formazione deve tendere anche ad una consapevolezza politica. Devono esserci politiche attive di sostegno che riguardino “la persona nata”, che non devono tener conto di un modello ISEE basso.

Le politiche a favore della famiglia devono riguardare tutti, perché un figlio nato con un modello ISEE basso non è meno figlio di una famiglia con modello ISEE alto. Cioè dare valore alla persona nata, nella sua essenza e al di là di tutto. Creare servizi che non siano di ausilio alle donne. Perché alle donne? Devono essere misure di ausilio alla famiglia nella sua complessità, perché solo quando si penserà, finalmente, che uomini e donne, sono persone, al di là della differenza di genere che non annulla la diversità ma la identifica con forza, allora si che questo Paese avrà compiuto la sua vera rivoluzione!

 

 

Emilio Gagliano Candela