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Eravamo increduli nell’arrivare in via Gattamelata al MiCO  di Milano per partecipare al congresso di cucina più importante d’Italia e nel vedere le porte finalmente aperte della XVI edizione di Identità Golose, la grande kermesse in cui tutto si era fermato a causa della pandemia:  e invece no, abbiamo pian piano ripreso tutti a respirare, a vivere un po’ di normalità.  Ed alla fine, lunedì 27 settembre si è conclusa una edizione davvero speciale di IG, perché abbiamo assistito ad una tre giorni piena di laboratori, incontri e confronti su temi di grande attualità, come quelli sulla sostenibilità, sull’innovazione e sul futuro, sintomi della voglia e dell’esigenza, da tutti avvertita, di dare una SVOLTA e di iniziare a recuperare il lavoro, soprattutto per i giovani che in questo frattempo sono andati via.

Si, perché l’argomento di questa edizione è stato proprio “Costruire un nuovo futuro: il lavoro”. Un confronto a più voci, dal momento che quello della ristorazione è stato tra i settori imprenditoriali più colpiti dalla pandemia. E’ risultato innanzitutto interessante l’intervento di Carlo Cracco, che ha chiarito come “Il mondo della ristorazione come lo conoscevamo prima del covid è finito”. Il silenzio è calato in sala dopo questa riflessione fatta a cuore aperto, perché tutti hanno concordato su come il settore durante la pandemia sia stato abbandonato a sé stesso, senza sostegni e senza garanzie di alcun tipo né più regole certe. “Abbiamo bisogno di vedere la luce, di costruire un futuro fatto di nuove regole e condividerle tutti insieme, in cui crescere lasciando qualcosa agli altri e senza sacrificare tutta la vita alla ristorazione “ha proseguito Cracco con parole dure e profonde “ma per farlo abbiamo bisogno delle istituzioni”. Subito dopo questo intervento, c’è stato il momento di un confronto importante attorno ad un tavolo tecnico avente ad oggetto un argomento mai affrontato sin ad ora: “Chi governa la ristorazione?”.

Diversi gli interventi autorevoli, come quelli di Alessandra Todde, vice Ministro dello Sviluppo Economico, di Cristina Bowerman, chef e Presidente Associazione Italiana Ambasciatori del Gusto, di Carlo Cracco, Chef Patron di Cracco in Galleria-Milano e membro Ambasciatori del Gusto e di Enrico Buonocore, CEO Gruppo Langosteria Milano e Parigi. Partendo dall’appello di  Enrico Bartolini, (Chef pluristellato) premiato come chef dell’anno, il quale ha lanciato un appello:

“Qualcuno si responsabilizzi e difenda questo mestiere“, sono emersi i punti dolenti che hanno formato oggetto di una serie di punti forza da portare avanti nell’interesse di tutti , soprattutto in vista dell’appuntamento del 6 ottobre in occasione del tavolo tecnico permanente: riforma dei codici Ateco per correggere tutte le storture emerse, necessità della istituzione di un Albo delle aziende di settore, decontribuzione della formazione, cuneo fiscale per ridurre il costo del lavoro ed allontanare lo spettro di retribuzioni mortificanti o di perdita di personale qualificato, semplificazione burocratica, sostenibilità.

Tanti i nomi dei Big della Ristorazione che hanno partecipato alla discussione, con toni molto diversi da quelli del passato, sicuramente più pacati, maggiormente inclini alla riflessione ed al confronto costruttivo. Un intervento molto profondo, dalle parole commoventi pronunciate mentre descriveva i suoi piatti, è stato quello di Niko Romito, chef tristellato di Castel di Sangro: “«Dobbiamo ragionare bene sul futuro, sia a livello gastronomico (come sarà il cuoco dei prossimi anni? E come sarà l’esperienza al ristorante?) che di formazione del personale» perché “Occorre una vera e propria rivoluzione culturale “poiché“. Ci aspetta un lavoro grande, ci attendono sfide importanti nei prossimi anni, perché è chiaro come le cose non torneranno a essere come prima della pandemia”.  In conclusione ed a questo proposito, Niko ha ribadito un concetto molto importante da comunicare ai giovani: ”Quando un piatto di qualità è pronto, per me può uscire così com’è, nel 2021 i fronzoli non sono più sostenibili”.

Riccardo Camanini di Lido 84 sul palco si è presentato con la consueta grande eleganza e padronanza di linguaggio,  riflettendo sul fatto che le limitazioni durante il covid non dovevano essere un impedimento alla creatività, così che, durante la pandemia, egli  ha rispolverato alcune immagini della sua infanzia, come quella dei rigattieri o dei riparatori di ombrelli, che rappresentavano l’immagine della dignità del lavoro e che hanno rappresentato l’inizio di un “ corto viaggio “ in nove borghi del suo lago, alla riscoperta di tesori e materie prima che aveva sempre avuto sotto i suoi occhi e che pure gli erano sempre sfuggiti. Paradossalmente, è stato proprio grazie alla pandemia ed alla necessità di accorciare i suoi cammini e dilatare con migliore qualità il maggior tempo disponibile, che egli ha potuto riscoprire certi elementi e dare vita a sei nuovi, inimitabili piatti.

Massimo Bottura, chef modenese della Osteria Francesca, ha esordito sul palco con due affermazioni paradigmatiche: che dopo sedici anni di congresso sente ancora ogni volta le farfalle nello stomaco e che per questa edizione, più che per le altre mai, sentiva l’imperativo categorico di ringraziare le ragazze ed i ragazzi che avevano contribuito all’organizzazione di IG   in un momento tanto difficile. Subito dopo ha voluto esternare una riflessione: ”Durante il lockdown io e la mia famiglia abbiamo cucinato cercando di evitare il più possibile gli sprechi, in maniera etica ed abbiamo aperto con i nostri ragazzi altri quattro refettori nel mondo : due in USA, uno in Perù ed uno in Messico”.

Non poteva ovviamente non fare cenno alla chiusura del suo ristorante; durante il lockdown ha pensato bene di rispolverare alcune ricette dei grandi cuochi italiani del passato, ottimizzando il tanto tempo resosi disponibile e le ha messe in carta, perché dichiara: ”Noi siamo gli antichi “. «Siamo il prodotto di un passato enorme alle nostre spalle. E questo ci rende saggi, anche passivamente. L’unico errore che potremmo fare è dimenticarcene. Un passo falso che in Francescana non abbiamo mai commesso. Il passato è un giacimento. È esperienza. È tradizione. È territorio. È il posto in cui le materie prime si contaminano con lo spirito del luogo. L’innovazione poggia su queste basi. Consapevolmente o inconsapevolmente, sono la nostra storia.  Io sono un antico, ho ripercorso il passato”. Conclude con una osservazione sulla situazione italiana: “Essere imprenditori significa investire nel tuo futuro e nei tuoi ragazzi, essere consapevoli della responsabilità di impresa. Non dimentichiamolo!”.

Tanto sarebbe ancora da raccontare sull’alto profilo dei protagonisti di questi incontri, ma il tempo è poco e, per dirla con Gozzano, “l’arte prediletta immensa “, sicché le esigenze di spazio costringono ad essere sintetici.

Tanti laboratori sono stati di estremo interesse, quello della pasticceria, quello del cocktail bar, dell’attenzione sulla sala, ma mi corre innanzitutto l’obbligo ed il piacere di sottolineare la presenza dei cavalli di razza della  mia Puglia,  come quella di Domingo Schingaro, chef de i” due camini “,ristorante di Borgo Egnazia di Savelletri, Isabella Potì, chef de il ristorante  “Brosdi Lecce,  Luca Lacalamita, pastry chef di LuLa -Trani e Pino Ladisa, pastry chef della pasticceria di Pino Ladisa -Bari, che hanno avuto il grande merito di poter salire sul palco più ambito della ristorazione italiana. Complimenti a tutti!

Che dire? Una Edizione tutta speciale, caratterizzata da genuini e sinceri spunti di riflessione quasi esistenziale, da una straordinaria fiducia nel nostro futuro e da una ottimistica voglia di ricostruire: un Umanesimo che segue al buio del Medioevo e preannuncia lo splendore del Rinascimento.

Certo, un’edizione anche un po’ strana, soprattutto per il fatto di non poterci ancora abbracciare tra noi….  Sono abbracci la cui mancanza si fa sentire.

Si temeva un po’ questo, ma i contenuti hanno abbondantemente soverchiato questo timore ed un plauso va certamente ai Capitani coraggiosi di IG, uomini come Paolo Marchi e Claudio Ceroni.

Testo e foto (riproduzione riservata) di Francesca De Leonardis

Redazione

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