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Una vicenda ancora piena di mistero: ventisei agenti americani condannati, il coinvolgimento dei servizi italiani, la guerra tra governo e magistrati sul segreto di Stato, un uomo rapito e sottoposto a brutali torture “sono stato appeso al soffitto come bestiame …ed esposto a scosse elettriche su tutto il corpo”- dice il protagonista.

Ghost Detainee – Il caso Abu Omar, presentato qualche giorno fa da Anche Cinema a Bari sembrerebbe una trama scritta da uno sceneggiatore hollywoodiano, visti i sorprendenti colpi di scena e le rivelazioni inaspettate che la visione offre.

Il docufilm, scritto e diretto da Flavia Triggiani e Marina Loi, con la collaborazione del giornalista Luca Fazzo porta sul grande schermo la vicenda giudiziaria relativa al rapimento nel 2003 dell’Imam milanese Abu Omar.

Il primo caso al mondo in cui un sequestro di Stato operato dalla CIA finisce al centro di un’indagine della magistratura di un Paese alleato.

Prima della visione Lsd Magazine ha intervistato una delle registe, Flavia Triggiani, originaria di Bari.

Una conversazione cordiale e professionale, in cui la regista, già autrice di molti docufilm e programmi crime presentati con molto successo su reti Rai e Discovery (Lady Gucci: la storia di Patrizia Reggiani, Il caso del serial killer Maurizio Minghella, La vera storia della Uno Bianca, per citarne alcuni), ha svelato dettagli del progetto a partire da come è nata l’idea di portare in scena fatti così scottanti.

-L’ idea è nata-precisa la regista-perché insieme a Marina Loi, coautrice del film, conosceva bene la storia, una avvincente spy story in cui per la prima volta la Cia inciampa in un’indagine senza precedenti e per di più in un paese alleato, l’Italia. Il documentario, infatti, racconta dell’extraordinary rendition di Hassan Mustafa Osama Nasr, 43 anni, egiziano, Imam della moschea milanese di via Quaranta, rapito dalla CIA a Milano nel febbraio del 2003. Caricato su un furgone e poi su un aereo, dopo il transito in alcune basi militari, Abu Omar è successivamente trasferito in Egitto, suo paese di origine, dove viene imprigionato e torturato. Responsabili del sequestro, agenti dei servizi segreti americani.

Il film lascia parlare i protagonisti della storia, come siete arrivati ad Abu Omar?

Abbiamo avuto la possibilità di intervistare l’Imam che, per la prima volta ha raccontato, in esclusiva, direttamente da casa sua, ad Alessandria d’Egitto, le torture subite. Non è stato semplicissimo in quanto è tuttora attenzionato dai servizi segreti egiziani. E’ un uomo molto provato a causa del rapimento e delle torture subite. Lo abbiamo contattato dapprima tramite il suo avvocato e suo figlio, via mail e con video call, infine lo abbiamo raggiunto direttamente ad Alessandria, dove ha un negozio di saponi.

Nel film sono riprodotte scene di tortura impressionanti.

Abbiamo usato delle tecniche di reenactment/suggestioni per ricostruire il rapimento e le torture.

Oltre alle interviste a quali altre fonti avete fatto ricorso?

Abbiamo letto tutti gli atti dei processi. Per la prima volta due magistrati, del tribunale di Milano, decidono di portare a processo e la Cia e, in seguito, i vertici dei servizi segreti italiani. L’indagine si caratterizza per la grande astuzia e l’intenso lavoro dei magistrati che riescono a intercettare le celle telefoniche e a capire chi aveva gravitato in quel momento, in quella zona. E grazie anche agli errori compiuti dagli agenti americani, errori altamente fatali, riusciranno ad incastrarli.

Questa storia ha tanti risvolti, anche risvolti di carattere politico?

Ci sono tante implicazioni tra l’America e l’Italia che non verranno mai svelate e ciò perché sia governi di destra sia di sinistra hanno sempre apposto il vincolo del Segreto di Stato. E in virtù delle grazie concesse dai presidenti della Repubblica nessun agente della Cia ha mai fatto un giorno di carcere in Italia.

Perché aspettare venti anni per raccontare questa storia?

Conoscevamo questa storia da tempo ma abbiamo preferito aspettare perché in questo frangente di tempo abbiamo avuto la possibilità di storicizzare gli avvenimenti e di conferire loro una visione storica, più distaccata e soprattutto perché abbiamo raccontato gli eventi basandoci su fatti e non su tesi.

Il film sarà trasmesso su LA7 ?

E’ un tributo al grande Andrea Purgatori, giornalista e conduttore di Atlantide su LA7, nonché autore del libro “I segreti di Abu Omar”, che avevamo intervistato più volte e con lui avevamo pensato di portare avanti questa storia e di farne un documentario.

E quando il film comincia si avverte tutta la tensione preannunciata dalla regista. L’inquadratura si sofferma su un quartiere del centro di Milano, in particolar modo sulle targhe con i nomi delle vie coinvolte: via Conte Verde, dove si trova l’abitazione dell’Imam e viale Jenner, in cui si trova il centro islamico. Un uomo cammina accanto al marciapiede, ha una folta barba nera, in testa il kufi da preghiera e indossa la tipica tunica dei religiosi islamici. Il suo nome è Hassan Mustafa Osama Nasr , noto come Abu Omar, l’Imam della moschea a Milano. L’uomo viene avvicinato da un agente in borghese che chiede di favorire i documenti di identità. Improvvisamente Abu Omar viene immobilizzato, e sollevato da altri uomini, sopraggiunti nel frattempo, che lo caricano su un furgone. Scene forti in cui si esprime tutta la crudeltà dell’atto, stringhe strettissime che fasciano i polsi sanguinanti, urla di dolore. Il tutto intervallato dalle dichiarazioni di personaggi e autorità a conoscenza dei fatti. Dal magistrato Stefano Dambruoso, che considera l’Imam un estremista a Milano, al Pubblico Ministero del Tribunale di Milano Armando Spataro (pugliese, di origini tarantine) che sceglie di andare a scovare e indaga a fondo.

E ancora nel film portano le loro tesi i giornalisti Mattew Cole della NBC News e Sebastian Rotella del Los Angeles Time, voci autorevoli a livello internazionale. Ma soprattutto espone per la prima volta la propria versione dei fatti Niccolò Pollari, all’epoca dei fatti capo dei servizi segreti italiani, che rivendica la propria totale estraneità agli eventi e si limita rispondere –“non posso andare al di là di quello che ho detto”.

Nel documentario i principali protagonisti terranno le fila del discorso attraverso le loro “verità” e faranno luce sulle tante domande che ancora aleggiano sul caso. Ci sono le testimonianze raccolte negli Usa di chi ha seguito il caso. E protagonista è anche il segreto di Stato che tanti atti e documenti copre di questa vicende

Nessuna ideologia delle autrici però, trapela dal documentario che è fatto da diversi punti di vista proprio perché ognuno si può poi fare un’idea. Lo spettatore per tutta la durata del film rimane attivo, coinvolto.

E la domanda che sorge spontanea alla fine della visione è: ” fin dove può spingersi uno stato democratico? Dove si può arrivare in nome della “ragion di Stato”?

Chiunque ha diritto al rispetto dei diritti umani: Abu Omar viene torturato in Egitto, con scosse elettriche agli organi genitali , alla testa (al punto da fargli perdere l’udito) senza nessun rispetto per la sua dignità umana.

Dopo 13 anni dalla vicenda, la Corte europea sui diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia per aver violato, con il suo segreto di Stato, i fondamentali principi della Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo.
Secondo i giudici di Strasburgo, tenuto conto delle prove si stabilisce che le autorità italiane “
erano a conoscenza che Abu Omar era stato vittima di un’operazione di extraordinary rendition, da parte della Cia, cominciata con il suo rapimento a Milano e continuata con il suo trasferimento all’estero“.
L’Italia avrebbe quindi violato il diritto di Abu Omar a non essere sottoposto a tortura e maltrattamenti oltre che il diritto dell’ex imam e della moglie al rispetto della vita familiare. Secondo la sentenza Il nostro paese avrebbe dovuto pagare 70 mila euro a Abu Omar.

Quanto agli agenti americani che fecero il rapimento, le condanne non sono mai state eseguite, e il processo ai vertici del Sismi non è mai stato fatto.

Nel frattempo Abu Omar è stato condannato per terrorismo internazionale con mandato di cattura pendente e dunque non può più tornare in Italia perché se tornasse verrebbe arrestato immediatamente.

E’ un uomo malato e provato e aspetta solo di morire : “ aspetto la morte in qualsiasi momento.. ma spero di andare direttamente in Paradiso”. Parole dell’ex detenuto fantasma: Ghost Detainee – Il caso Abu Omar.

Distribuito da ILBE, che lo ha anche prodotto in collaborazione con In Bloom, Flair Media Production e La 7, sarà disponibile su LA7 in prima serata prossimamente.

Marcella Squeo

La dottoressa Marcella Stella Squeo è laureata in Giurisprudenza è una giornalista pubblicista e si occupa di cultura, spettacolo, musica e di beneficienza e volontariato facendo parte di diverse associazioni di settore.