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Pierfrancesco Favino (foto di Raffaella Fasano – riproduzione riservata)

Marco Bellocchio è rilassato e felice il giorno dopo aver stravinto ai David di Donatello con il suo Il traditore che ha vinto ben sei statuette (miglior film, regia, attore protagonista, Pierfrancesco Favino, e non protagonista, Luigi Lo Cascio, sceneggiatura originale e montaggio) – e che si lascia andare a mille considerazione: età, pandemia, futuro del cinema e suo personale futuro creativo. In collegamento web dalla sua casa a Barbarano Romano nella Tuscia. Il regista ci tiene subito a dire a chi gli ricorda che a vincere è stato un ottantenne: «In questo senso – spiega divertito – i premi servono. È un modo per dire che sei vivo, continua pure a lavorare, ti diamo fiducia». Comunque nel regista de I pugni in tasca tanta voglia di tornare a lavorare: “La serie tv su Moro in sei puntate , Esterno notte, è una realtà. E come ho già detto più volte ha uno spirito opposto a Buongiorno notte. Lì si raccontava cosa succedeva all’interno della cella, mentre nella serie si racconterà quello che c’era fuori. Si vedrà quelli che cercavano di salvare davvero il prigioniero e quelli anche che volevano solo far credere di volerlo salvare. Pensavamo di entrare subito in lavorazione poi con la pandemia ci siamo dovuti fermare». Ma nel cuore di Bellocchio la quarantena, oltre la lettura straordinaria del Decamerone del Boccaccio e dei Promessi Sposi ha fatto emergere un altro progetto, mai portato a termine, e verso cui sente di avere un dovere morale. Un progetto dedicato al fratello gemello suicida il 26 dicembre 1968: «In questo periodo di quarantena ho molto pensato a L’Urlo (il titolo fa riferimento a quello della madre quando scoprì la tragedia). È una storia familiare che avevo iniziato il 16 dicembre 2016 in cui racconto la morte di mio fratello e inizia dalla nostra nascita. Un film piccolo, ma molto complesso che è già molto avanti e che spero di portare a termine». Per quanto riguarda la cerimonia dei David, dice: «La rappresentazione in tv di ieri spero sia un unicum: un grande presentatore solo in uno studio e, solo alla fine, la presidente Piera Detassis. Una cerimonia virtuale che ha rimandato alla situazione drammatica che viviamo». E ancora sulla realtà della Pandemia vista da un uomo di ottanta anni: «C’è stata la contrapposizione dei giovani contro i vecchi con l’idea che i giovani possono sopravvivere, mentre i vecchi sono fragili e muoiono più facilmente. Poi solo grazie a una ideologia cattolica di salvezza per tutti e soccorso ai deboli, le cose si sono un pò modificate, anche perché si è alleggerita la situazione, si sono liberati i posti in terapia». E il destino delle sale? «Certo le chiese riaprono prima dei cinema, ma si capisce: sono spazi grandi in cui è facile il distanziamento rispetto a un cinema o un teatro. Speriamo allora negli spettacoli all’aperto, nelle arene». Infine, sulla vicenda che vede contrapposti il guardasigilli Bonafede e il procuratore Di Matteo: «La vicenda mi ha colpito molto, ma sembra, almeno leggendo i giornali, che i giudici abbiano solo applicato la legge. Quanto alla polemica con il procuratore Di Matteo, sono cose misteriose. Difficile capire se vi sia una connivenza, una complicità. In italia questa nebbia del non sapere è una costante. Questo vale anche per Moro: saranno usciti migliaia di libri sulla strage, ma se chiedi a uno storico quale è la verità, nessuno sa rispondere».

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.