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Cefalonia, io e la mia storia è l’intenso racconto di uno scrittore che non ha mai dimenticato le proprie origini, e che non hai mai smesso di ricercare la verità. Vincenzo Di Michele narra dell’eccidio dei soldati italiani a Cefalonia, e delle conseguenze che questo tragico evento ebbe sulla sua famiglia e sulle famiglie di tutti i militari che non tornarono a casa, bloccate in un limbo di attesa da cui non sarebbero mai uscite: “Le famiglie non si arresero e mai persero la speranza perché il loro caro non era morto, ma disperso”. Era il settembre 1943, e sull’isola greca di Cefalonia fu messo in atto un brutale e ingiusto attacco da parte dei tedeschi contro i soldati italiani della divisione Acqui; l’autore racconta della sofferenza della sua famiglia in seguito alla scomparsa a Cefalonia dello zio Clorindo Di Giacomo, e in questo modo rende partecipe il lettore di una parte importante della sua storia personale, legata a filo doppio alla Storia collettiva. Con l’esperienza di uno storico e con la caparbietà di chi ricerca la verità a ogni costo, Di Michele racconta i retroscena dell’eccidio di Cefalonia arricchendoli con la passione e la vicinanza emotiva di chi ancora oggi porta i segni di quella dolorosa vicenda, tramandata di padre in figlio. L’autore presenta lettere e testimonianze dei sopravvissuti e dei cappellani di guerra che furono tra i pochi testimoni oculari della strage, e cerca di rendere giustizia a quei soldati che, né morti e né vivi per i loro famigliari, sono stati inghiottiti dall’oblio che l’insensata guerra ha causato. In un romanzo autobiografico che è anche trattazione storica si parte dal particolare, la drammatica vicenda dello zio dell’autore, per raccontare del generale, l’eterno strazio di tante famiglie condannate in un’attesa senza speranza.
E la vita del soldato Clorindo Di Giacomo diventa specchio delle aspirazioni e dei desideri di tanti ragazzi che avevano portato in guerra l’orgoglio di essere italiani e il coraggio dei loro giovani cuori, come si può leggere nelle lettere che lo zio inviava alla sua famiglia, e che l’autore ha inserito nell’opera per permettere al lettore di immergersi nella storia raccontata. Cefalonia, io e la mia storia rende omaggio a coloro i quali, come Clorindo, furono “dispersi in combattimento”, alle loro famiglie e anche a chi da quella guerra riuscì a tornare a casa, ancora vivo, certo, ma condannato a portare con sé il “fardello di un tormento assoluto”.
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